Verso il Costa Rica: la sfida mondiale di due Brianzoli nell’Adventure Race 2013

E’ tutto pronto. Al via domenica 1 dicembre la gara finale del campionato mondiale Adventure Race 2013 in Costa Rica, paese dalla natura indomabile.
Ètutto pronto. Al via domenica 1 dicembre la gara finale del campionato mondiale Adventure Race 2013 in Costa Rica, paese dalla natura indomabile. Ma non per i brianzoli Andrea Villa e Giuseppe Scotti, impegnati assieme ai compagni Mario Ruggiero e Laura Scaravonati in una competizione che durerà più giorni e coinvolgerà più discipline.
Andrea, 24 anni, lavora come preparatore atletico e si sta specializzando nella laurea magistrale di “tecnica e didattica dello sport”. Giuseppe, 50 anni, è un manager del settore della ristorazione, ha un passato da paracadutista e ha praticato rugby per 20 anni.
In che cosa consiste esattamente l’Adventure Race? «Deriva prevalentemente dal Triathlon, – risponde Andrea – ma è un misto di varie discipline come orienteering, bici, corsa, nuoto, rafting, kayak e altre. L’obiettivo consiste nel concludere un percorso: tutti i team partono dallo stesso punto e, tramite una mappa, devono raggiungere il traguardo. Il percorso più veloce stimato è di 850 km, ma nella cartina non sono segnati gli ostacoli che si possono presentare, allungando il tragitto. Per esempio l’anno scorso, sempre in Costa Rica, abbiamo dovuto fare canoa su un lago popolato da coccodrilli e abbiamo attraversato di corsa una foresta piena di serpenti». «La cosa più difficile è l’imponderabile, – spiega Giuseppe – ovvero tutto ciò che è imprevedibile e può far perdere tempo alla squadra. La gara può durare massimo 9 giorni, dobbiamo dormire dove capita, solo il necessario; mediamente in una gara che dura 5 giorni le ore di sonno sono 7 o 8».
Come vi regolate con i vostri fabbisogni? «Ci portiamo da casa uno zaino con dentro tutto, – afferma Andrea – per lo più cibo liofilizzato e barrette energetiche. L’80% dei posti che attraverseremo saranno desolati, ma può capitare di imbattersi in una cittadina e rifornirsi nel negozio di alimentari. Durante la gara è essenziale seguire regole di nutrizione, per non rischiare la disidratazione o l’affaticamento».
Possono capitare dei crolli psichici da parte dei concorrenti? «Naturalmente, – dice Giuseppe – oltre alla fatica fisica c’è quella psicologica. Lo scorso anno più di un terzo delle squadre si è ritirato prima dell’arrivo. Il sentimento che prevale durante la gara è lo spirito di sopravvivenza, che spinge sempre ad andare avanti. Se capita che qualche atleta abbia bisogno urgente di cure, ciascun team può chiamare i soccorsi con un dispositivo GPS».
Come ci si prepara a una competizione del genere? «Ognuno di noi – spiega Giuseppe – si allena ogni giorno più volte al giorno. Durante la settimana le ore di allenamento ammontano a 15 o 18, praticando corsa a piedi, bici, kayak sul lago e rafting (in palestra). In più nei weekend la nostra squadra si incontra per allenarsi assieme e condividere assieme esperienze quotidiane, come dormire e mangiare. Inoltre durante l’anno ci esercitiamo sostenendo in Italia gare simili, ma che durano solo un giorno». «Per quanto riguarda l’aspetto psicologico – aggiunge Andrea – non esiste un allenamento vero e proprio. L’importante è presentarsi pronti e positivi, perché in fondo ci si diverte, per noi questo sport è una passione. Inoltre il legame solido che c’è tra di noi aiuta molto».
Come è nata la passione per questo sport? «Nel 2010 ero presente alla Marathon des Sables in Marocco – afferma Giuseppe – e casualmente un videoreporter del posto mi ha accennato qualcosa riguardo l’ Adventure Racing. Allora ho deciso di informarmi, ho coinvolto più amici e conoscenti possibili, finchè ho ottenuto una risposta affermativa da Andrea Villa, che si allenava sulla stessa pista di atletica che frequentavo anche io. Da lì abbiamo costituito l’associazione Free Mind Team, associandoci alla Federazione Italiana Triathlon e alla Federazione Italiana Ciclismo. Il nostro obiettivo è diffondere ancora di più la voce e far crescere questo sport sempre più a livello nazionale».
Che cosa si impara da un’esperienza del genere? «Il fatto di dover sopravvivere, oltre che gareggiare, – racconta Andrea – insegna ad apprezzare i nostri istinti primordiali, come riuscire a mangiare e a dormire. Si arriva ad apprezzare le piccole cose, come l’alba o la vista di un paesaggio magnifico: queste sono le piccole gioie che nei giorni di gara ci aiutano ad andare avanti».
Non resta che augurare buona fortuna ai nostri campioni!
By D.M.
In foto: Giuseppe Scotti, Andrea Villa e Marta Poretti e Marco Ponteri che hanno corso l’ARWC l’anno scorso.