Concessione Autodromo, quando il ricorso al Tar si trasforma in un boomerang

21 luglio 2014 | 16:30
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Concessione Autodromo, quando il ricorso al Tar si trasforma in un boomerang

I giudici di Milano hanno respinto il ricorso presentato a Comitato per il Parco, Legambiente, Wwf e Italia Nostra condannando i ricorrenti a pagare anche due mila euro di spese processuali

Più che una sentenza, è stato un colpo da ko quello del Tar di Milano. I giudici amministrativi hanno respinto il ricorso presentato dagli ambientalisti monzesi e brianzoli contro la concessione stipulata fra i Comuni di Monza e Milano e Sias per la gestione dell’Autodromo. Il Tar ha detto no “sostenendo la non legittimazione delle associazioni ambientaliste a intervenire su materie quali la gara d’appalto” e condannando i ricorrenti anche la pagamento delle spese processuali: 2 mila euro che per associazioni come il Comitato per il Parco, Legambiente o il Wwf, rappresentano un colpo molto duro.

La reazione degli ambientalisti, sintetizzata in un comunicato stampa, dice che “al di là ogni opinabile considerazione giuridica, la conseguenza dei criteri adottati dalla sentenza è che ai cittadini è impedita la possibilità di chiedere a un organismo giurisdizionale il controllo di legalità e di vigilanza sulle attività della pubblica amministrazione”. I punti cardine del ricorso erano sostanzialmente quattro: gestione affidata senza gara internazionale, canone troppo basso (140 ettari di parco dati in cambio di 800 mila euro l’anno fanno 57 centesimo al mq), la non conformità alla legge quadro 447/95 sull’inquinamento acustico, il mantenimento con restauro delle fatiscenti sopraelevate malgrado ne fosse previsto l’abbattimento.

Tuttavia, il Tar ha respinto il ricorso lanciando, secondo gli abientalisti, anche un segnale chiaro in vista della sentenza attesa per il prossimo autunno sul bando di gara per la gestione della Villa Reale. “Il messaggio è chiaro – hanno aggiunto gli esponenti del mondo ambientalista locale -: non rompete le scatole, non disturbate il manovratore e la condanna a pagare le spese processuali, che in genere vengono compensate, è la dimostrazione lampante”. A questo punto, hanno concluso i ricorrenti, “attendiamo che il Comune faccia valere da subiuto i diritti derivanti dalle clausole contrattuali, specie in ordine alle penali ivi previste, nonché un’attività seria di controllo e verifica delle opere lle quali, nonostante tutto, intendiamo dire la nostra”.