Hockey, impresa storica: Colamaria, l’allenatore del Monza è campione d’Europa under 17

Il villasantese Tommaso Colamaria, già allenatore del Monza, ha riportato in Italia dopo 22 anni il titolo europeo Under 17 di hockey su pista in qualità di commissario tecnico della Nazionale.
Il villasantese Tommaso Colamaria, già allenatore del Monza, ha riportato in Italia dopo 22 anni il titolo europeo Under 17 di hockey su pista in qualità di commissario tecnico della Nazionale.
È il suo primo trofeo da c.t. azzurro, ma il 52enne ex difensore nativo di Giovinazzo, in Puglia, ha già vinto di tutto e di più sia come giocatore che come allenatore: in pista 5 scudetti, 4 coppe Italia, 2 Coppe delle coppe e 1 Coppa Cers; in Nazionale A era il capitano della squadra campione del mondo 1986, quella che ha riportato il titolo intercontinentale in Italia dopo 33 anni (di quel gruppo uno dei pilastri era Franco Girardelli, veneto di Breganze, anche lui trapiantato a Villasanta, attualmente vicepresidente dell’Hockey Roller Club Monza, ndr), e si è messo al collo, tra le varie medaglie, anche quella di bronzo alle Olimpiadi 1992; in panchina ha aggiunto 1 scudetto al suo palmarès.
Si aspettava di tornare da trionfatore da Gujan Mestras, in Francia? “In certe competizioni l’Italia non può partecipare senza pensare di poter vincere. A livello di Under 17, però, è difficile fare una previsione perché si tratta sempre di un gruppo appena formato (l’Under 15 prende parte a stage ma non disputa partite, ndr) e non si conoscono gli avversari. Io avevo a disposizione una squadra composta da elementi dalle diverse caratteristiche, il che mi ha permesso una varietà di soluzioni di gioco. Quando abbiamo vinto si è trattata di un’emozione indescrivibile, che ancora adesso mi sto godendo. Ma devo mettere da parte quello che è stato e pensare alla Nazionale Under 20, che da ieri ha iniziato il ritiro per preparare gli Europei, in programma a Valongo, in Portogallo, dal 6 all’11 ottobre. Questo gruppo subirà una pressione particolare avendo quest’anno vinto gli Europei la Nazionale Under 17 e prima ancora la Nazionale A dopo 24 anni (ad Alcobendas, in Spagna, ndr). La tensione potrà comunque tramutarsi in un vantaggio se si riuscirà a indirizzarla nel modo giusto. Tra l’altro si giocherà in condizioni ambientali estremamente difficili, ma al tempo stesso motivanti. L’Under 20 non ha mai vinto un titolo e non si partirà da favoriti: noi e la Germania siamo sulla carta leggermente inferiori al Portogallo, alla Spagna e alla Francia”.
Quello conquistato a Gujan Mestras è solo l’ultimo di tanti successi ottenuti in carriera… “Indossai i pattini per la prima volta che avevo 9 o 10 anni, quindi tardi rispetto agli altri bambini di Giovinazzo, una cittadina dove l’hockey è più importante del calcio. A 15 o 16 anni ero già in prima squadra e a 18 contribuii alla conquista dell’unico scudetto e dell’unica Coppa delle coppe (la prima coppa europea vinta da una squadra italiana, ndr) dell’AFP Giovinazzo. Poi proseguii il mio percorso ai vertici della disciplina indossando le maglie dell’Amatori Lodi, del Novara, dell’Amatori Vercelli, del Seregno e del Roller Monza. A Seregno si perse una finale di Coppa dei campioni che ormai stavamo dominando: qualcuno credette di aver vinto prima del tempo… Coi biancazzurri vissi gli ultimi due anni di vita della società, prima da giocatore e poi da allenatore (il Roller fallì subito dopo aver vinto nel 1996 il quarto scudetto con in panchina “Tommy”, ndr). La stagione 1995/96 fu incredibile: la morte improvvisa del presidente Pierangelo Ferlinghetti, la società che praticamente non c’era più, i compensi non pagati… Eppure anche i ragazzi giovani capirono la situazione e fecero di tutto per mantenere il primato in classifica e vincere i play-off. Ferlinghetti era un uomo che faceva tutto con passione e questo faceva sì che anche i giocatori in pista dessero tutto per lui”.
Anche in Nazionale si è tolto parecchie soddisfazioni… “Ho indossato la maglia azzurra per una quindicina d’anni, senza contare il periodo con le selezioni giovanili. Nel 1986 ero il capitano di quella squadra campione del mondo che era un vero concentrato di capacità tecnica, applicazione tattica e spirito di gruppo: tutti lavoravano per tutti. Ancora oggi, a dimostrazione dello spessore delle relazioni di quel fantastico team, molti di noi sono amici per la pelle: basta una telefonata e si attraversa l’Italia per l’altro”.
Che sensazioni si provano quando si diventa campione del mondo? “Ognuno di noi ebbe una reazione spontanea perché, anche se eravamo forti, nessuno era preparato a un evento del genere. Ci fu chi pianse, chi rise, chi urlò la sua gioia. Io le sensazioni più forti le provai al rientro in Italia, forse perché il successo arrivò in Brasile (a Sertaozinho, ndr), dove a vederci c’erano pochi connazionali”.
Dopo un periodo intermedio da allenatore-giocatore nel Seregno, nel Biasca (in Svizzera) e nella Rotellistica Novara, Colamaria ha guidato dalla panchina il Novara, il Monza Brianza e la squadra nata sulle ceneri di quest’ultima, l’Hockey Roller Club Monza. Alla fine è tornato vicino a casa… “Il rapporto con Monza è diverso da quando i dirigenti sono miei cari amici. E con la nuova società si è intrapresa una sfida avvincente. La prima stagione, in Serie B, è stata impeccabile fino alla prima partita di final eight, quella persa col Pordenone, che ha compromesso la possibilità di promozione. Un mese fa ci è stato proposto il ripescaggio in Serie A2 (in seguito alla sparizione del Valdagno Pordenone, neopromosso in Serie A1, ndr) e la società non ha esitato ad accettare perché c’erano le basi dal punto di vista economico, ma soprattutto tecnico e motivazionale da parte dei giocatori. Quasi tutti i protagonisti della promozione sfiorata avevano dato la loro disponibilità a rimanere al Monza anche in caso di mancato ripescaggio. A questi sono stati aggiunti nei giorni scorsi cinque rinforzi che ci permettono di affermare che disputeremo un campionato di vertice”.
I cinque colpi di mercato rispondono ai nomi di Juan Edoardo Oviedo (portiere argentino pluritolato, campione del mondo con l’“albiceleste” nel 1999, proveniente dal Breganze di Serie A1), Davide Zucchiatti (attaccante, Stecca d’oro come miglior cannoniere dell’ultimo campionato di Serie A2 con la maglia dell’Amatori Vercelli), Andrea Appiani (attaccante, “gioiello” del CSA Agrate di Serie B), Michele Panizza (difensore plurititolato, capitano del primo Bassano campione d’Italia nel 2004, proveniente dal Valdagno Pordenone) e Alberto Peripolli (centro plurititolato, ex Nazionale, proveniente dal Valdagno Pordenone). L’esordio in campionato contro il Castiglione è stato spostato da sabato 25 alle ore 20.45 a domenica 26 ottobre alle 18 a causa dell’indisponibilità del PalaRovagnati di Biassono.
Tornando al mitico Colamaria, “eroe” di un hockey che riempiva i palazzetti oltre il limite della capienza, sono ormai 23 anni che vive in Brianza. Come mai “Tommy” da Giovinazzo ha messo radici qui? “A Novara iniziai a lavorare in ambito assicurativo e così decisi di agganciare l’hockey alla professione, cercando di trasferirmi in base alle esigenze professionali. A Seregno andai ad abitare nel 1991 e, col passaggio al Roller nel 1994, traslocai a Villasanta. Con Ferlinghetti si era pianificato un progetto tecnico di lunga durata e io con mia moglie e mia figlia, che allora aveva 5 anni, decidemmo di fermarci qui. Ho scoperto in questi anni che ciò che si dice della Brianza è tutto vero: è operativissima, concentrata sul fare, sul lavoro, sul produrre e accumulare ricchezza. Si entra in un vortice impressionante: i tempi di vita e le abitudini quotidiane corrono. Fortunatamente ho mantenuto i legami con Giovinazzo, andandoci da vacanziere ogni estate: oltre a ritrovare gli amici d’un tempo, lì ritrovo anche i ritmi di vita blandi d’un tempo, che servono a rigenerarmi, a ricaricarmi per riaffrontare i ritmi della mia nuova terra. In Brianza tutti si lamentano, ma nessuno vuole scendere dalla ‘giostra’ del successo. È un posto che ti fa capire che per ottenere le cose bisogna lottare”.
E lo sport in Brianza di cosa ha bisogno? “Mi piacerebbe che tanta dirigenza sportiva appassionata che tiene in piedi le discipline minori e l’attività giovanile fosse riconosciuta da quella dirigenza che ha i soldi. Qualche brianzolo potrebbe investire di più per lo sport di quanto faccia. Con le risorse economiche che ci sono in questo territorio ci potrebbero essere squadre così competitive da diventare loro il traino del tessuto produttivo della Brianza”.