Confindustria Monza e Brianza, la fusione con Milano finisce in Tribunale

Il ‘fronte del no’ all’unione ha presentato un ricorso per ottenere l’annullamento della delibera. La spaccatura è netta ed ufficiale.
Era nell’aria da settimane e alla fine il ricorso contro la fusione fra Confindustria Brianza e Assolombarda Milano è stato formalizzato. Gli autori sono le aziende del territorio che costituiscono il fronte del no.
Chiedono l’annullamento della delibera con cui è stato dato via libera all’operazione, convinti che contenga diversi elementi di illegittimità. L’atto è stato notificato lunedì’ mattina, poche prima che iniziasse l’assemblea generale di Confindustria Brianza, durante la quale il presidente Andrea Dell’Orto ha dato il benvenuto al governatore della Lombardia, Roberto Maroni, e al presidente di Confindustria nazionale, Giorgio Squinzi, oltre al sindaco, Roberto Scanagatti, e al presidente della Provincia, Gigi Ponti.
‘Il fronte del no? raggruppa la quasi totalità del Comitato piccola industria, rappresentativo di circa 800 aziende, più un nutrito gruppo di industriali brianzoli di rilievo (fra i firmatari del primo comunicato di dissenso compaiono Parà Tende, Colmar e Officine Locati). “Riteniamo che la procedura adottata contenga elementi di illegittimità – spiegano gli industriali “dissidenti” -. Visto che gli organi interni non hanno avuto tempo per valutare la situazione, abbiamo deciso di rivolgerci alla magistratura”. Al ricorso, nelle prossime ore, dovrebbero aggiungersi anche le dimissioni di quattro vice presidenti di Confindustria Brianza. La fusione fra Monza e Milano è stata avanzata dal presidente Dell’Orto lo scorso inverno in ossequio alla riforma Pesenti (prevede di ridurre le sedi territoriali da 100 a 30 entro il 2017).
Monza avrebbe i numeri per restare sola, ma secondo Dell’Orto e i vertici di via Petrarca la fusione con Milano porterebbe alla creazione dell’associazione più grande d’Italia con una nutrita serie di vantaggi: più potere nella giunta nazionale, più servizi alle imprese e più opportunità sui mercati. Il fronte del no non è contrario tout court. Piuttosto, non condivide la soluzione della dirigenza poiché, a loro dire, cancellerebbe qualsiasi traccia dell’identità imprenditoriale brianzola. In altre parole, a un matrimonio, preferirebbero una convivenza. “Si tratta dell’unione di due grandi tessuti industriali – commenta Dell’Orto – Il Modello Brianza guarda a una nuova e più grande dimensione di area economica integrata. In un mondo globalizzato, in cui la dimensione è la chiave di volta competitiva, io vedo opportunità enormi”.
Durante l’assemblea, è stato presentato uno studio commissionato a The European House – Ambrosetti che ha messo in evidenza l’unicità del “Modello Brianza” e la sua capacità di resistere alla crisi meglio di qualsiasi altro comparto nazionale. Negli ultimi 7 anni di crisi, infatti, è stato evidenziato come il 20,3% delle imprese manifatturiere di Monza e Brianza rientrano nella categoria delle “imprese resilienti alla crisi”, cioè di imprese che oggi presentano valori di fatturato e marginalità superiore ai valori pre-crisi.