
Breve storia di un'esperienza di centro sociale a Monza nata in un box, proseguita al Boccaccio, che ha scatenato tante polemiche politiche. Le conseguenze? Recupero di un'area e allontanamento degli spacciatori
Breve storia di un'esperienza di centro sociale a Monza nata in un box, proseguita al Boccaccio, che ha scatenato tante polemiche politiche. Le conseguenze? Recupero di un'area e allontanamento degli spacciatori
La storia del Boccaccio, il primo centro sociale monzese, parte nel 2002 quando un gruppo di amici inizia a sentire l'esigenza di uno spazio da autogestire, per organizzare concerti ed eventi vari. Nasce così il Collettivo monzese, che oggi conta una trentina di giovani dai 20 ai 35 anni. I primi incontri avvengono nel box di uno di loro, ma in breve diventa troppo piccolo anche solo per contenere il gruppo. "Non si parlava ancora di centro sociale e nessuno pensava di occupare un'area. Volevamo uno spazio e così abbiamo iniziato a farci conosce con volantinaggi e banchetti" dicono dal Collettivo.
La prima iniziativa concreta è datata 12 luglio 2002: una serata presso la palestra dell'Aso di San Rocco con cena e musica reggae. L'evento riscuote un buon successo ed è anche utile per iniziare a raccogliere i fondi necessari a sostenere l'idea. Nel settembre dello steso anno i ragazzi del Collettivo organizzano il primo evento nell'area dell'ex-macello: una due giorni di musica a cui partecipano centinaia di giovani. "Nonostante abbiamo ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie, l'evento ha suscitato un vespaio di polemiche da parte della destra monzese".
Oltre ad organizzare concerti, però, questi ragazzi iniziano anche a bussare alle porte dell'Amministrazione comunale, appena conquistata da una coalizione di centrosinistra per la prima volta nella storia del capoluogo brianzolo. Le risposte, quando arrivano, sono molto vaghe, nonostante il Collettivo si sia costituito in un'associazione legalmente riconosciuta ed abbia elaborato un progetto organico per realizzare le proprie idee. Qualche sopralluogo per visionare le aree papabili, ma nulla più.
"Inizialmente ci hanno detto che non c'erano spazi liberi, ma noi abbiamo fatto una breve ricerca dalla quale è emerso che Monza è una delle città che dispone di più aree pubbliche dimesse della Lombardia. Abbiamo insistito e sono iniziate ad arrivare delle risposte alquanto singolari. L'assessore Rossi ci ha detto che servivano almeno 10 anni per assegnare uno spazio del genere, mentre il suo collega Marrazzo ci ha accennato la possibilità di una tensostruttura a San Fruttuoso. Manco fossimo un circo!".
Così, tra una manifestazione e l'altra, i ragazzi del Boccaccio decidono di compiere un'iniziativa simbolica, ma anche abbastanza concreta. Il 12 luglio 2003 decidono di occupare alcuni spazi dell'area dell'ex-macello. "Siamo entrati alle sei di mattina e non abbiamo nemmeno fatto in tempo a srotolare tutti i nostri striscioni che, in un'ora, la giunta Faglia al gran completo è arrivata sul posto. Dopo un tira e molla durato sette ore, ce ne siamo andati perché non volevamo realmente occupare quella struttura, ma semplicemente lanciare un messaggio chiaro che potesse accelerare la realizzazione delle nostre richieste".
La fine del 2003 è il periodo più intenso per i ragazzi del Collettivo. A settembre, sempre all'ex-macello, organizzano per la seconda edizione dell'evento musicale di due giorni, sempre per sensibilizzare la città sulla richiesta di uno spazio in cui poter realizzare iniziative autogestite. A novembre, poi, avviene un evento molto importante: la prima occupazione dell'area di via Boccaccio, sede abbandonata della Mykitex, un'azienda tessile fallita di proprietà dell'imprenditore campano De Simone.
"Abbiamo scelto questo edificio non certo per l'ambientazione bucolica. C'erano due ragioni di natura legale. Innanzitutto l'area era sotto la tutela del Tribunale fallimentare di Salerno e non di un privato, che avrebbe richiesto immediatamente lo sgombero. Poi era cambiata la destinazione d'uso di questo terreno, dopo l'esondazione del Lambro del 2002, e non era più edificabile per il rischio alluvione. Quindi, entrando in una proprietà di così scarso interesse economico, ci sembrava il modo più sicuro per essere lasciati tranquilli".
I calcoli, però, sono sbagliati. Proprio perché sotto la tutela del Tribunale fallimentare, lo sgombero dell'area parte d'ufficio. Così passano appena trenta giorni e il 13 dicembre il Collettivo è costretto a levare le tende. Una mazzata che non fiacca gli intenti del gruppo.
Dopo qualche mese, l'area di via Boccaccio viene comprata all'asta da un'immobiliare, la San Gerardo Srl, per 1 milione e 600 mila euro. Tolto di mezzo il Tribunale fallimentare, il Collettivo non si lascia perdere l'occasione propizia per provare nuovamente ad occupare l'area. Così il 25 aprile 2004, un giorno scelto non certo a caso, il Collettivo monzese si insedia in quegli edifici: nasce il Foa (fabbrica occupata autogestita) Boccaccio 003.
"All'inizio non è stato per niente facile. Per prima cosa l'area era occupata da eroinomani che non avevano nessuna intenzione di abbandonare il loro rifugio e noi siamo riusciti ad imporci con molte difficoltà. Poi, a livello cittadino, ci sono state delle reazioni politiche incredibili. Allevi di An disse che se non ci avesse sgomberato la Polizia avrebbe mandato i suoi ragazzi. Il leghista Romeo, dopo aver coniato il simpatico slogan «centri sociali, quattro maiali», affermò che dovevano cacciarci con i dobermann. Losa, il direttore de «Il Cittadino», scrisse che con i muli era necessario usare il bastone, non la carota".
Dopo i problemi iniziali, le cose sono andate via via tranquillizzandosi e il Collettivo monzese è riuscito anche ad incontrare l'immobiliare padrona dell'area. "L'accordo con la proprietà è di non creare problemi di ordine pubblico e pagare le bollette. Inoltre abbiamo ripulito tutti gli spazi, visto che, dopo l'alluvione del 2002, gli stabili erano ridotti in uno stato pietoso. C'erano almeno 30 centimetri di melma su tutti i pavimenti e detriti ovunque".
Senza l'ansia dello sgombero e con un po' di rodaggio nell'organizzazione, oggi il Boccaccio ha una vita molto attiva e può disporre di numerose aree "a tema". Uno spazio espositivo tra i più grandi di Monza, il cine-teatro, due capannoni per concerti, un bar, un laboratorio artistico e creativo, una libreria, uno spazio per mostre fotografiche, un'officina per riparare biciclette e motorini, e perfino un forno per fare le pizze. Il tutto realizzato riboccandosi le maniche, utilizzando materiali recuperati qua e là. "Abbiamo perfino fatto manutenzione al giardino noleggiando l'attrezzatura necessaria, ma poi, ironia della sorte, ci è cascato un albero dal Parco che ha distrutto il tetto di un nostro edificio".
Se non si teme il freddo umido del Parco (solo il cine-teatro, infatti, è riscaldato…), il Boccaccio offre un menù di iniziative molto variegato. I piatti forti sono concerti, cineforum, spettacoli teatrali e mostre. Lo sport, poi, non è certo trascurato e il Collettivo monzese può vantare due squadre di calcio: una maschile, il "Boccaccio", ed una femminile, "Le Scalciate". Oltre a queste manifestazioni "ricreative", c'è anche spazio alla solidarietà con un guardaroba popolare e un servizio per scambiare i libri di testo delle scuole superiori, entrambi organizzati dal ReCoS, la rete dei collettivi studenteschi brianzoli.
"Proponiamo tantissime iniziative in campi molto diversi. Poco tempo fa abbiamo organizzato la «Notte della taranta» che è stato un successo incredibile: quasi mille persone, molti dei quali over 40, sono venute al Boccaccio nelle due serate della manifestazione. Un altro evento recente è stato il «Museo del post-umano»: cinque giorni in cui artisti di tutta Europa hanno portato qui le opere d'arte più varie ispirate ad un futuro abitato da post-umani. Ultimamente, poi, abbiamo proposto una serata di improvvisazione teatrale, chiamandola «Detriti» in onore alla pulizia che abbiamo fatto qui dentro".
In politica, i ragazzi del Collettivo hanno le idee molto chiare anche se rifiutano un impegno attivo nelle istituzioni, dichiarandosi apartitici. "Ci battiamo molto su temi a noi cari. Il precariato nel lavoro, per esempio. Oppure la questione della Palestina, dove siamo andati ad aprile a vedere la situazione: abbiamo anche giocato a calcio con i ragazzi dei campi profughi. Infine ci impegniamo in favore dell'autoproduzione delle forme espressive giovanili come cd, video e progetti editoriali".
Nonostante tutto questo, i contatti tra il Boccaccio e l'Amministrazione comunale rimangono freddi, dopo i molti incontri che avevano preceduto l'occupazione. "Nell'ultimo annetto, però, iniziano ad informarsi sulle nostre iniziative e guardano con interesse a tutto quello che siamo riusciti a creare qui dentro. In concreto, però, non ci hanno mai aiutato ne supportato pubblicamente".
Anche con la città di Monza, i ragazzi del Collettivo hanno un rapporto molto controverso. "Da una parte cerchiamo attirare tra le nostre mura la cittadinanza attraverso le nostre iniziative. Dall'altra vogliamo anche uscire dal Boccaccio per farci conoscere, come facevamo all'inizio, quando giravamo per il quartiere, casa per casa, per presentarci. Una grossa conquista che siamo riusciti ad ottenere, però, è l'indifferenza di tutti quelli che prima ci sparavano addosso alla minima iniziativa che organizzavamo".
Il garante – Marco Fraceti di Rifondazione Comunista
Marco Fraceti è il segretario monzese di Rifondazione Comunista. In prima persona si è speso per il centro sociale di via Boccaccio: si è prestato come garante davanti alla proprietà e ha tenuto i rapporti tra il Collettivo e l'Amministrazione comunale.
Cos'è il Boccaccio?
"Una realtà positiva, che ormai da tre anni offre uno spazio d'aggregazione e propone iniziative culturali molto interessanti"
Perché Rifondazione comunista ha appoggiato questo progetto?
"ll mio partito ha una sensibilità particolare sulle politiche giovanili. È importante avere dei luoghi d'aggregazione per non lasciare i ragazzi per strada o in un bar. Il Boccaccio è un modo per rispondere a questa esigenza. Penso che i ragazzi devono poter essere liberi di andare all'oratorio così come al centro sociale, al cinema o in discoteca. È compito dell'amministrazione, però, fornire ai giovani le opportunità d'aggregazione"
Come giudica le politiche giovanili dell'attuale Amministrazione?
"Questa giunta ha elaborato tante belle idee, ma in concreto è stato fatto poco. Sul centro sociale, però, non ci sono state preclusioni di principio: Faglia, anche per questa vicenda, è stato insultato in Consiglio comunale, ma si è difeso bene".
Ci sono state delle trattative tra la giunta Faglia e la proprietà dell'area?
"Personalmente ho esercitato pressioni affinché si potesse trovare un accordo. La proprietà ha presentato un Piano integrato d'intervento in Comune. In questo modo l'Amministrazione acquisisce l'area in cambio di licenze su altri terreni. Così, nello spazio del Boccaccio, il Comune potrebbe costruire un polo per i giovani in cui anche il Collettivo troverebbe una legittimazione. Questo progetto, però, dovrà essere definito in base al Pgt".
Ha qualcosa da rimproverare a questi ragazzi?
"Sicuramente non possono continuare a starsene lì dentro a farsi gli affari propri, perché rischiano di essere fagocitati dalla città. Devono esporsi, devono guadagnarsi quello spazio. Questi ragazzi hanno un'idea strana della politica: pensano di poter fare le loro cose standone fuori. Invece la stessa esistenza del centro di via Boccaccio è frutto di una serie di scelte anche politiche: altrimenti finivano sgomberati in un paio d'ore come al Macello".
Quale futuro per il Boccaccio?
"Auspico un salto di qualità del centro sociale nella direzione di un impegno politico maggiore. Si potrebbe aprire un tavolo di confronto con altre realtà giovanili per trovare soluzioni al problema degli spazi per i ragazzi. In ogni caso sarà determinate l'approvazione del Pgt e le politiche giovanili promosse della prossima Amministrazione comunale".
L'amministrazione comunale – L'assessore Gabriella Rossi
Gabriella Rossi è l'Assessore alla Persona del Comune di Monza. A lei è affidata anche la delega ai Giovani e per questo è stata uno dei referenti principali dei ragazzi del Boccaccio, prima che dessero vita al centro sociale.
Quali erano le richieste del Collettivo?
"Loro non volevano sostegno ma solo spazi. Ai tempi non c'era la possibilità di accontentarli ed anche oggi, in effetti, c'è una difficoltà oggettiva a reperire aree idonee. Ci sono dei vincoli di sicurezza che non possono essere ignorati: non possiamo concedere aree dismesse pericolanti. Inoltre non sono gli unici a chiedere spazi".
Cosa ne pensa del centro sociale Boccaccio?
"I ragazzi del Boccaccio promuovono iniziative molto valide: eventi positivi e contenuti seri che rifuggono dalla superficialità imperante oggi".
C'è collaborazione tra l'Amministrazione ed il Collettivo?
"Non molta. Infatti, mi piacerebbe che si aprissero al confronto e partecipassero alle attività che proponiamo. Nell'ultima edizione di Overground, però, erano presenti anche i ragazzi del Boccaccio con il progetto della squadra di calcio femminile, le Scalciate, che è andata in Palestina ed ha fatto un video molto bello".
Qual è il suo approccio nell'affrontare il tema dei giovani?
"Devo ammettere che quando ho iniziato ad occuparmi della questione sono rimasta molto sorpresa. Provengo da una generazione che aveva un altro rapporto con le istituzioni: ai miei tempi c'erano gruppi giovanili molto solidi e propositivi che si costruivano gli spazi da sé. Ora invece i giovani cercano un appoggio".
Quali sono le politiche giovanili promosse del suo Assessorato?
"È un problema complesso che riguarda anche altri Assessorati come Cultura, Sport e Istruzione. Cinque anni fa, i nostri primi sforzi erano diretti a consolidare i servizi già offerti: molti centri di aggregazione giovanile non erano nemmeno a norma. L'obiettivo primario del mio assessorato, infatti, è la gestione dell'emergenza e la prevenzione del disagio. Da qualche tempo, poi, abbiamo promosso un «Tavolo giovani» che funziona da osservatorio. La nostra idea è di passare dalla promozione d'iniziative per i giovani ad supportare eventi organizzati dai giovani".
Quali sono le iniziative concrete fatte finora?
"«Overground», lo spazio estivo dedicato alla creatività giovanile. «Solstizio d'inverno», l'iniziativa nata l'anno scorso che quest'anno inizierà il 6 dicembre. Le sale prova per consentire ai ragazzi di suonare a prezzi politici. Poi c'è l'Urban center, uno spazio molto bello e disponibile ad ospitare iniziative dei ragazzi. Ed anche nell'ultimo Bilancio partecipato c'era un capitolo dedicato ai giovani".
Spesso, però, queste iniziative non vengono recepite.
"Forse c'è un problema di comunicazione. Un'altra questione è la vicinanza con Milano che calamita tutti gli interessi dei giovani. Per questo il nostro target principale sono i ragazzi fino ai 18 anni. Solo ora Monza si sta rivalutando e i ragazzi riscoprono pian piano la città, passando qui le loro serate".
In questo contesto quale ruolo può svolgere il Boccaccio?
"Anche i ragazzi del Collettivo hanno snobbato molte altre iniziative che abbiamo proposto. Invito i ragazzi del Boccaccio a partecipare al tavolo sulle politiche giovanili, perché non mancano certo le proposte da parte dell'Amministrazione che ha molto a cuore l'argomento. Mi rendo conto che c'è una sofferenza nel reperire spazi ma, ora, all'interno del progetto di riqualificazione dell'ex-macello, ci sarà la possibilità di soddisfare anche questa esigenza: sarà il luogo di aggregazione di tutti i gruppi e le associazioni giovanili".
La proprietà – L'avvocato Bruno Santamaria
L'area del centro sociale Boccaccio è di proprietà dell'immobiliare San Gerardo Srl. L'amministratore è il geometra Emilio Boleso, mentre l'avvocato Bruno Santamaria è il legale rappresentante. I due professionisti hanno l'ufficio nello stesso palazzo, in via Moncenisio 4. La sede dell'immobiliare, invece, risulta in vi aItalia 50, proprio dove, fino allo scorso aprile, c'era il vecchio studio di Santamaria.
Avvocato, cosa pensa del gruppo giovanile che ha occupato "casa sua"?
"Bisogna riconoscere che hanno fatto un'opera di riqualificazione dell'area e, da quando ci sono loro, sono spariti gli spacciatori e i delinquenti che prima avevano invaso quella zona. Purtroppo tendono ad ostentare posizioni "contro" e fanno le cose come se l'area fosse loro, senza rispettare gli altri. C'era pure un accordo scritto che gli permetteva di organizzare attività culturali, ma poi hanno iniziato a fare quello che gli pareva con un atteggiamento arrogante, come se fossero i padroni".
Com'era questo accordo?
"Abbiamo sottoscritto un impegno che consentiva ai ragazzi un utilizzo saltuario dell'area per attività ricreative. Loro dovevano solo comunicarci cosa intendevano fare e chiedere alle Autorità le autorizzazioni necessarie. In cambio si chiedeva di non compiere atti contro la legge, di non svolgere attività politica e di utilizzare l'area in maniera democratica, senza discriminazione alcuna. L'accordo era stato firmato da due ragazzi del Collettivo, Luca Cadioli e Andrea Nasti, e si era offerto come garante il signor Marco Fraceti, che ho chiamato in causa ogni volta che ci sono stati problemi".
Che problemi ci sono stati?
"I ragazzi ci hanno interpellato solo un paio di volte, poi hanno iniziato a fare quello che volevano, trasferendosi nell'area in pianta stabile. Sono arrivate parecchie multe ed anche i vicini si sono lamentati. Una volta è caduto un albero su un edificio, noi abbiamo mandato i muratori per sigillare le entrate, visto che era pericolante, ma i ragazzi hanno ripreso subito possesso dello stabile. Noi abbiamo segnalato tutti i problemi al signor Fraceti, ma situazione non è cambiata. Così la proprietà ha dovuto cambiare atteggiamento nei confronti dei ragazzi".
Quali sono i progetti della San Gerardo Srl su quell'area?
"La destinazione d'uso dell'area è a zona verde, ma stiamo parlando di circa 15mila metri cubi di fabbricati che potrebbero essere utilizzati in molti modi. Abbiamo depositato in Comune un Piano integrato d'intervento, con il quale l'area del Boccaccio potrebbe essere ceduta all'amministrazione attraverso uno scambio di volumetrie su un'altra area. Ci sono stati alcuni incontri, ma poi non se n'è fatto più nulla. Altrimenti la nsotra intenzione è di ristrutturare gli edifici esistentei, attraverso un risanamento conservativo. Finché non sarà approvato il Pgt penso non ci saranno novità. Ma poi, quando la proprietà potrà realizzare i propri progetti, l'area dovrà essere liberata".
Quindi i ragazzi possono stare tranquilli fino all'approvazione del Pgt?
"Il Collettivo può rimanere lì finché non si prenderà una decisione definitiva sull'area. Questi ragazzi vogliono solo spazi per socializzare: una cosa vitale per la loro età. Tanto di cappello ai privati che hanno dato al Collettivo questa chance. Mai nessuna Amministrazione, a Monza, ha fatto qualcosa per i giovani. Non solo della Giunta Faglia perché, anche quando era sindaco Roberto Colombo, personalmente ho presentato un progetto di questo tipo, ma non sono stato ascoltato. Penso che a questi ragazzi sia stato promesso qualcosa da parte del Comune: spero solo che non riguardi il progetto all'ex macello. Non vorrei che diventasse solo un centro sociale".