
"Orari impossibili e turni a sorpresa", intervista con Mario Mangili, segretario generale Flcams Brianza
"Orari impossibili e turni a sorpresa", intervista con Mario Mangili, segretario generale Flcams Brianza
Mario Mangili, segretario generale Filcams Brianza (la Federazione Italiana Commercio, Alberghi, Mense e Servizi aderente alla Cgil) non usa mezzi termini per descrivere la situazione di molti lavoratori del settore del commercio.
Segretario, quanti addetti ci sono nel commercio e in quali condizioni lavorano?
"Siamo intorno ai 35/40mila addetti, il 50% dei quali con contratti a termine, part-time, co.co.pro ecc. Siamo nel momento del rinnovo del contratto nazionale: abbiamo chiesto 78 euro lordi oltre ad alcune tutele sul TFR (Trattamento di fine rapporto). La legge 30, la cosiddetta legge Biagi, ha portato la liberalizzazione nel mondo del lavoro e ha creato disastri dappertutto".
Perché?
"Ha introdotto forme di precariato ovunque".
Questa flessibilità del lavoro non porta con sé anche delle occasioni in più?
"La gente in realtà non vuole mobilità e flessibilità: vuole un posto di lavoro sicuro. Liberalizzare significa schiavizzare molto di più la gente, perché una persona con un contratto a tempo determinato è sempre ricattabile. Se flessibilità significa spostare le persone da una parte all'altra liberamente, chi ne fa le spese non è l'azienda, è sempre il dipendente".
Quando dice "ricattabile" si riferisce anche agli orari di lavoro?
"Sicuramente. Gli orari di lavoro nei centri commerciali sono diventati un disastro, con forme di parcellizzazione assurde, in quasi tutti i centri commerciali".
Cosa vuol dire?
"Vuol dire che il lavoratore inizia alle 8 del mattino, poi magari gli fanno fare tre ore, poi fa cinque ore di stacco, poi tre o quattro ore al pomeriggio oppure altre ore alla chiusura, cioè le parcellizzano. Tanti anni fa uno faceva le sue otto ore, anzi 6 ore e 66", perché si lavorava su sei giorni, il turno del mattino o quello centrale o la sera, a scorrimento una settimana dopo l'altra. Adesso non è più così. E non è tutto: prima nella grande distribuzione gli orari venivano fissati annualmente: si dava un calendario di orari al lavoratore a gennaio. Ora invece glieli danno settimanalmente, quando va bene".
Quindi il lavoratore non sa quale sarà il suo orario due settimane dopo?
"No, quindi è molto più ricattabile e se reclama lo mandano in pescheria o a caricare i camion… forme di penalizzazione pesanti. Il Bennet da questo punto di vista è la peggiore catena che abbiamo per quanto riguarda i rapporti sindacali. E poi c'è il Gigante, in cui noi abbiamo i delegati e contrattiamo, c'è un'apertura. Le situazioni sono differenziate. I problemi magari si assomigliano, però per lo meno il Gigante riconosce il ruolo dei delegati. Anche lì si avvalgono delle leggi che sono state fatte, però c'è maggiore attenzione al mondo del lavoro. Anche con l'Iper discutiamo normalmente".
I dipendenti sono per la maggior parte italiani o stranieri? Età?
"Sono quasi tutti italiani e giovani, dai 18 fino ai 30 anni. A 35 sono già considerati vecchi".
Con quale tipo di contratto?
"Li prendono in apprendistato, che è previsto di durata fino a quattro anni. Si fa prima a prendere una laurea!"
Quattro anni di apprendistato per imparare a fare cosa?
"A mettere le scatolette sui bancali… Noi adesso nel rinnovo del contratto nazionale pensiamo di rimuovere un po' di ostacoli previsti nella legge Biagi".
Cosa pensa degli orari di apertura allungati?
"Credo che porteranno alla chiusura un numero ancora maggiore di negozi, specialmente con il decreto della Regione Lombardia che vuole un'estensione delle aperture da un minimo di 30 a un massimo di 52 domeniche all'anno ed è rivolto innanzitutto alla grande distribuzione. Vale anche per i negozi, certo, ma il problema è che questi di solito non hanno un'organizzazione adeguata, il personale non è sufficiente, a differenza del centro commerciale in cui lavorano centinaia di persone. Questo risulterà un elemento di ulteriore concorrenza spietata".