
Rot Weiss Kabarett , il cinismo e la farsa per parlare del disastro ecologico e umano di Seveso, dopo trent’anni. Al Binario 7 per Lampi.
Rot Weiss Kabarett , il cinismo e la farsa per parlare del disastro ecologico e umano di Seveso, dopo trent’anni. Al Binario 7 per Lampi.
Ci sono molte vie per arrivare a narrare una storia. A teatro, da un po’ di anni, è (tornato) di moda farlo attraverso il racconto di vicende drammatiche che hanno segnato la società italiana, le sue mutazioni e quelle delle coscienze. Anche nei teatri monzesi, nelle recenti stagioni, si è avuto modo di saggiare la resa di quello che tutti chiamano Teatro Civile (e tutto l’altro cos’è, coatto?). C’è stato Mario Perrotta, con le sue storie di minatori italiani sul treno di sola andata Lecce – Belgio. C’è stato Ascanio Celestini, fantastico affabulatore, con quelle di personaggi a cavallo fra la seconda guerra mondiale e Alice nel paese delle meraviglie. Visivamente è un teatro terribilmente riconoscibile, scenografia ridotta all’osso e alla sedia, un solo attore. Ci vuole poi un dramma, una catastrofe, un enigma di stato per dare il pretesto all’avvio del racconto. In effetti è con questo che si ha spesso a che fare, con dei racconti, con la narrazione. In scena non succede quasi nulla, l’azione è tutta da immaginare attraverso le parole, le voci fuori campo. Spesso, insomma, l’occhio può tranquillamente riposare, distrarsi, magari indugiare sulla bella ragazza che ti stacca il biglietto alla cassa. Difficilmente si perderebbe qualcosa d’imperdibile sul palcoscenico.
Un’altra via possibile, per raccontare una storia e la sua società, l’ha tracciata RotWeiss Kabarett. La prima produzione strettamente teatrale di Musicamorfosi per la rassegna Lampi. Il pretesto è, in questo caso, il trentennale dell’incidente all’ICMESA di Meda, passato alla storia come la vicenda della diossina a Seveso.
Il 10 luglio del 1976 nella cittadina brianzola, da uno stabilimento chimico salta fuori una nube velenosa che intossicherà la gente, gli animali, l’aria e l’area. Lo stabilimento è di proprietà di una grande compagnia chimico-farmaceutica svizzera e in teoria dovrebbe produrre cosmetici (tanto che Daniele Biachessi titolerà un suo lavoro a riguardo “La fabbrica dei profumi“. L’incidente ha una eco internazionale. I disastri ambientali, in quegli anni, sono ancora un inedito e l’impreparazione regna sovrana. Provvedimenti improvvisati, ritardati, proposte di soluzione grottesche. Si arriva anche a pensare che possa essere una pioggia di olio d’oliva a depurare l’area.Rotweiss Kabarett e Andrea Taddei, il regista, non raccontano esattamente e direttamente l’incidente, tanto che mai neppure si citano i nomi delle città, delle fabbriche. Raccontano l’eco dell’episodio che raggiunge la fantasiosa casa di una fantasiosa signora svizzera nella fantasiosa Berna. Moglie del fantasioso presidente dell’azienda, dedita alla cura della propria persona, allo sperpero delle grandi risorse finanziarie, alle lodi della meravigliosa terra che le ha dato i natali e al chiacchiericcio con la sua amica del cuore, a sua volta dedita alla glorificazione del proprio cagnolino.Il quadretto ricorda la cittadina di Edward mani di forbice di Burton, signore che nulla han di meglio da fare che ripetere le giornate al ciclostile.I due attori – anche qui uomini che fanno le donne, è una epidemia! – Gaetano Callegaro (la moglie) e Dario Cipani (l’amica) danno corpo all’antologia del luogo comune svizzero con ironia e sarcasmo e – chi lo direbbe? – con credibilità: nonostante le enormi parrucche e i corpaccioni nient’affatto efebici.
Con il giungere delle notizie dall’Italia, per bocca della domestica napoletana, il quadretto si fa sempre meno rosa, il chiacchiericcio meno giulivo, le cofane sulle teste meno toniche.
Gaetano Callegaro, Debora Mancini e Dario Cipani (Foto Musicamorfosi)
La via di Musicamorfosi alla narrazione è questa, la farsa. Il grottesco ritratto di una società – quella svizzera – ricca, viziata, razzista, demente e smidollata. Tutta marchi (talleri) e cinismo. Un cinismo senza confini, le fabbriche di merda le impiantano fra i “terroni della Brianza”, mica nelle verdi valli dove pascolano le gloriose vacche elvetiche. Un cinismo contagioso. Le preoccupazioni della frau non sono certo per la salute delle persone e dell’ambiente, ma per il rischio di perdere i quattrini, la robba.
Verrebbe voglia di dichiarare guerra alla nazione dei cantoni, se non sapessimo che dietro alla stucchevole maschera da paisà, noi italiani non siamo affatto migliori.
I due attori sono molto bravi, almeno agli occhi di un assoluto inesperto come chi scrive. Il quale – va detto – non si è esattamente entusiasmato per lo spettacolo. Questione di atteggiamento. Per costituzione le produzioni e le proposte di Musicamorfosi sono confezionate con cura, non sporcano le mani e l’animo. E questo non sconvolge un vecchio punkettone inside. Ma non importa.