
Una delle menti più lucide e attente nell’osservazione e nell’anticipazione della realtà al Caffè Letterario in veste di poeta.
Una delle menti più lucide e attente nell’osservazione e nell’anticipazione della realtà al Caffè Letterario in veste di poeta.
Aldo Nove è senza ombra di dubbio l’autore che si conferma essere una delle menti più lucide e attente nell’osservazione della realtà e nell’anticipazione della stessa. Laureato in filosofia morale, nasce poeta. E’ redattore della rivista di poesia e poetica testo a fronte. Dirige, per Bompiani, con Elisabetta Sgarbi, la collana di poesia contemporanea “inVersi”. Ha esordito in narrativa nel 1996, con Woobinda e altre storie senza lieto fine. Le sue, sono descrizioni spietate di tutte le brutture della società, dalla violenza al precariato, in cerca di un’ipotesi di riscatto su quell’abisso, quel nulla che ci attanaglia. Edoardo Sanguineti lo ha inserito, insieme a Caliceti e Scarpa, nel suo Atlante del Novecento Italiano. In questi giorni, sta suscitando sconcerto e qualche commento ironico l’anticipazione della sua ultima opera, uscita sul numero di gennaio della rivista di Nicola Crocetti, “Poesia” di una parte del poemetto “Maria”. L’uscita nella “bianca” Einaudi sarà per il prossimo marzo. Al di sopra di ogni scandalo o di ogni trovata giornalistica, più che una conversione, quella di Aldo Nove è una rivelazione. Un inno mariano di trenta canti, ciascuno scandito in sette quartine di endecasillabi rimati con l’utilizzo attento alla metrica e alla freschezza aurorale di Maria “bambina e stella”. “Mia nonna era cattolica e ordinata- dichiara l’autore in un’intervista- diceva il rosario ogni sera. In casa sua, sempre perfettamente curata, si entrava solo con le “pattine” ai piedi. Era povera e decorosa. Quando pregava la guardavo stranito. Aveva un’espressione dolce, immersa altrove. Vent’anni dopo la sua morte mi torna spesso in mente la dolcezza del suo volto e del nome che invocava stringendo il rosario. Così, con questo poemetto, Maria, ho deciso di ricordare lei: Virginia Sabot in Centanin”.
“….e l’universo che entra dalle tende,
il cuore sobbalza, le parole,
come se fosse entrato il solea cucchiaiate dense nella mente,
nella tua carne eppure trascendente…”da "Maria”
L'intervista
Arriva al Binario 7 pochi minuti prima dell’evento con una cartella nera regalatagli al Cairo durante il suo ultimo viaggio letterario e una bottiglietta d’acqua che sorseggia ripetutamente. Racconta di aver sbagliato treno per Monza ma di essere comunque riuscito ad arrivare in tempo. Cerchiamo un posto tranquillo dove lui possa fumare. Ha l’aria indifesa sotto quegli occhialini che nascondono l’intenso blu dei suoi occhi.
Da simbolo della gioventù cannibale a poeta mariano. Maria, l’ultimo suo lavoro è un poema in trenta canti edito da Einaudi. E’ nato qualcosa dentro di Lei, come mai questa scelta?
Non ho scelto. No! Ho semplicemente scritto all’inizio una poesia pensando a mia nonna che era cattolica. Poi, da quella poesia, ne sono nate altre e così via fino a realizzare un poemetto. E, come faccio sempre quando scrivo, ho dato il mio lavoro a cinque amici perché esprimessero il loro parere. Le risposte sono state molto positive e così mi sono deciso a pubblicare.
Oltre ad essere uno scrittore, Lei quindi è anche un poeta. E’ vero che ama molto di più la poesia?
Io ho sempre amato la poesia. Un giorno Balestri mi ha detto che, invece di andare a capo, avrei potuto scrivere andando dritto. In quel modo, invece di vendere duecento copie, avrei potuto venderne diecimila o ventimila. E’ tutto un problema italiano, uno compra un libro e metà è vuoto. Da quel giorno ho iniziato a scrivere tutto dritto.
“Nello sguardo di una bambina può esserci l’universo, e c’è, ma quanto è difficile da dire.”
( Battiato) Quello che caratterizza i poeti dagli scrittori è proprio la capacità di descrivere questo?
Sono fulminazioni linguistiche che funzionano e che possono accadere anche in testi di narrativa. Ci sono momenti di estrema intimità e di sintesi, di felicità e di scrittura e non ritengo che sia un genere a determinarli.
È vero che ha un feeling molto forte con la Merini? La poetessa dice di Lei: “ E’ abile, sicuro, spregiudicato e il suo linguaggio è lieve come un velo.” Cosa direbbe Lei della Merini?
Cosa direi? Che è un genio e che andrebbe fatto un grosso lavoro di selezione, revisione dei suoi testi. C’è una specie di inflazione. Ci sono troppi libri suoi, troppe cose. Esistono poeti che hanno un autocontrollo, sono addirittura avari. Lei è di una tale generosità. La poesia non sempre è efficace.
In un’intervista ha dichiarato che quando scrive avverte un senso di delirio, di dolore, di passione, una vera e propria estroflessione di quello che ha dentro. Potrebbe raccontarci meglio?
Cito un’affermazione di Milo De Angelis, a proposito: “ sto per aver scritto” che è la non definizione di un punto. Quando scrivo io non penso mai, è sicuramente un fatto emotivo. Non so mai dove vado a finire. Poi ci ritorno, controllo e alla fine lavoro.