
Per i lavoratori del settore privato è tempo di scelta: entro il 30 di giugno dovranno scegliere cosa fare del trattamento di fine rapporto (il Tfr, ovvero la liquidazione).
Per i lavoratori del settore privato è tempo di scelta: entro il 30 di giugno dovranno scegliere cosa fare del trattamento di fine rapporto (il Tfr, ovvero la liquidazione).
Dovranno, in sostanza, decidere se lasciare il proprio Tfr in azienda (come avviene ora) oppure se destinarlo a un fondo previdenziale integrativo. La legge prevede la formula del silenzio-assenso. Se il lavoratore non esprimerà la propria volontà, il Tfr verrà destinato a un fondo integrativo. Viceversa se vorrà che il Tfr sia lasciato in azienda dovrà chiederlo esplicitamente al datore di lavoro.La scelta se lasciare o meno in azienda il Tfr non è scontata e dipende da due elementi: il rendimento dei fondi integrativi e l’anzianità del lavoratore. I fondi integrativi assicurano rendimenti più elevati di quelli garantiti dalle aziende. E questo grazie al fatto che i gestori dei fondi integrativi investono in modo oculato i soldi dei lavoratori. Investimenti che, soprattutto nel lungo periodo (cioè 20-30 anni), possono offrire rendimenti molto convenienti. Per questo i giovani che hanno di fronte a loro tutta (o quasi) la carriera lavorativa hanno interesse a destinare il loro Tfr ai fondi. Anche perché, per effetto della riforma pensionistica del 1995 che ha introdotto il sistema di calcolo pensionistico «contributivo» (cioè basato sui contributi effettivamente versati) al posto di quello «retributivo» (basato sulle ultime retribuzioni percepite dai lavoratori), le pensioni in futuro saranno più basse (un lavoratore che va in pensione con il «retributivo» ha una rendita pensionistica attorno al 70-75% del suo ultimo stipendio mentre chi va con il contributivo è del 50-55 %). Versare quindi i soldi in un fondo può garantire un secondo «pilastro pensionistico» che integra in modo sostanzioso le pensioni sempre più basse garantite dallo Stato. Bisogna infine dire che non tutti i fondi sono uguali. Esistono i fondi collettivi «chiusi» che nascono all’interno di una categoria di lavoratori (metalmeccanici, chimici, ecc.). Questi fondi solitamente hanno costi bassi e riconoscono gli interessi maturati annualmente per intero. In questi fondi, oltre alla quota di Tfr del lavoratore viene versata mensilmente una quota aggiuntiva anche dal datore di lavoro. I fondi «aperti» nascono invece per iniziativa di banche e assicurazioni. Solitamente hanno costi superiori e su di essi non interviene il contributo aggiuntivo dell’imprenditore.