
Secondo capitolo dell'intervista-incontro con gli assessori della giunta uscente: questa settimana si raccontano Paolo Pilotto, all'Educazione e Gabriella Rossi, alla Persona
Secondo capitolo dell'intervista-incontro con gli assessori della giunta uscente: questa settimana si raccontano Paolo Pilotto, all'Educazione e Gabriella Rossi, alla Persona
I protagonisti della giunta di Michele Faglia, che per cinque anni hanno lavorato per il governo della città, raccontano i loro successi, insuccessi e sacrifici.
E' il turno di Paolo Pilotto, assessore all'educazione, e Gabriella Rossi, assessore alla persona, di rispondere alle 12 domande dell'intervista agli assessori di Monza la città.
1) Qual è il provvedimento o l'iniziativa, presa in questi cinque anni, di cui va più fiero?
Pilotto: Sono tanti, ma direi l'abbattimento delle liste d'attesa delle scuole materne e la riorganizzazione del sistema mense. In particolare il fatto di aver automatizzato del tutto il processo di produzione e quello di rendicontazione per noi e per le famiglie, che non devono più fare i conti e hanno la possibilità di farsi fare direttamente l'addebito sul conto corrente senza commissioni. Abbiamo poi innalzato la qualità del cibo offerto ai bambini e recuperato più di 500 mila euro di crediti dovuti da alcune famiglie.
Rossi: La rivisitazione di tutto il sistema di sostegno alle famiglie e ai minori. C'era una situazione in cui tante storie di bambini erano state dimenticate nei cassetti. E poi il Centro Diurno Disabili di via Silva. L'avevo promesso e ora è pronto, completo di piscina e unità abitativa, da quattro posti letto, per l'emergenza. Manca solo la gara d'appalto per gli arredi, ma è questione di poco.
2) Cosa non è riuscito a fare, alla quale teneva molto?
Pilotto: Riportare la civica scuola Borsa a casa sua, cioè proprio in via Borsa. Dall'8 settembre 2003, a causa di una perizia che ha stabilito che le solette sono pericolose, l'edificio è chiuso. La copertura finanziaria di questo intervento c'è già, l'inizio dei lavori è imminente.
Rossi: Pensavo di poter incidere in maniera più forte sulla vicinanza dei servizi alla città, per creare sportelli un po' più accoglienti. Sicuramente è stato fatto molto, ma è ancora una criticità.
3) Mediamente quante ore al giorno ha lavorato in questi cinque anni?
Pilotto: Mai meno di dodici ore nei giorni feriali e 5-6 il sabato.
Rossi: Tantissime ore, sicuramente questo impegno è stato totalizzante. E poi il sindaco ha richiesto il tempo pieno, quindi ho lasciato il mio lavoro, ho mantenuto solo alcuni piccoli contatti con i centri riabilitativi.
4) A chi o a cosa ha sottratto tempo in questo lungo periodo?
Pilotto: A cosa: nulla, per me la politica è una passione, un'estensione degli affetti. Sicuramente, però, alla famiglia, anche se abbiamo cercato di trovare un equilibrio intelligente. Per esempio la mattina da sempre è il mio territorio: sono io che mi alzo per primo, sveglio i figli, faccio la colazione, li porto a scuola… beh, ora uno è grandicello, ha 15 anni, è in prima superiore, con lui non posso più farlo… Con mia moglie spesso il punto di arrivo è la sera.
Rossi: Primo a me stessa e poi alla famiglia, ma relativamente, perché la mia figlia acquisita è autonoma. Sicuramente ho fatto salti mortali per mantenere relazioni ed equilibri all'interno della mia famiglia, credo però che questo sia collegato all'essere donna, perché comunque ci si fa carico di molte responsabilità. Ho tolto tempo a me stessa perché a me piace passeggiare e leggere, ma ho potuto farlo solo pochissime volte.
5) È pentito?
Pilotto: No, abbiamo cercato di lavorare sulla qualità del tempo. E poi ho rispettato un principio: io il sabato pomeriggio e la domenica non faccio rappresentanza né interventi pubblici, la politica non esiste. Non mi interessa se, per molti, quelli sono i giorni in cui raccogli i frutti perché vai in giro e ti fai vedere. In questi cinque anni ho visto la mia famiglia crescere nella logica della condivisione dell'impegno: ci si può occupare del bene della propria comunità, condividendo la fatica e prendendo esempio l'uno dall'altro.
Rossi: No, anche perché sentirsi al servizio della città è molto gratificante. Questa esperienza dovrebbe essere per tutti, perché è molto formativa.
6) Con quale lista si ricandida? Vuole fare ancora l'assessore?
Pilotto: Con la lista "L'Ulivo per Faglia", ma in politica non ci si candida e non si chiede di fare l'assessore o il ministro: si viene candidati e si va dove si viene richiesti. La logica è che si serve una città, quindi secondo il bisogno.
Rossi: Sono candidata con la "Lista Faglia". Se il sindaco dovesse riconoscere che il lavoro che ho fatto è stato positivo, così com'è il giudizio che do io, e dovesse richiedermi un impegno di questo genere, sicuramente sì.
7) Al di là della retorica, essere assessore la fa sentire più potente o più importante?
Pilotto: Né più potente, né più importante, ma mi fa sentire molto creativo, perché il potere significa avere gli strumenti per modificare la realtà e questo è un potente atto creativo.
Rossi: No, più potente decisamente no, anche se a volte sono andata in crisi perché effettivamente hai un potere di scelta rispetto alle situazioni. Dare priorità ai minori piuttosto che agli anziani o ad altre problematiche, sono scelte. E lì pensi che magari sottrai qualcosa a qualche altro problema. Ti senti importante, ma solo perché senti che le persone guardano a te per questo ruolo che hai, aspettando delle risposte.
8) Qual è stato il momento più difficile del suo impegno amministrativo?
Pilotto: È stato ed è il momento in cui non c'è spazio per il confronto sui contenuti, sulle parole per il significato che queste hanno, ma solo per la contrapposizione muso a muso, che toglie speranza. Mi riferisco al non-confronto in Consiglio Comunale con le forze di minoranza.
Rossi: Sicuramente l'inizio, per comprendere proprio l'ambito di lavoro, perché il settore Servizi Sociali è davvero complesso. È stato necessario un anno per comprendere il linguaggio amministrativo, un iter burocratico che nel privato è molto diverso.
9) In tre aggettivi, com'era la città quando è stato chiamato al governo?
Pilotto: Una città importante, dal punto di vista del suo significato, dei suoi valori, ma meno organizzata di oggi e con meno speranza, perché non era stata accudita molto bene.
Rossi: C'era un'équipe chiusa, senza personale, altre due fortemente a rischio, non c'era un regolamento innovativo rispetto, per esempio, all'accesso al nido; tutti gli accessi al servizio erano regolati da un potere del dirigente piuttosto che dell'assessore. Non c'era trasparenza negli accessi, non c'erano regole né rapporto con il privato sociale.
10) In tre aggettivi, com'è la città che lei, alla luce dei compiti del suo assessorato, riconsegna ai monzesi?
Pilotto: Più serena, per chi sa vedere, più curata nelle cose grandi e più curata anche in quelle piccole. Per me le cose piccole sono importanti, per esempio dare l'organizzazione interna in Comune, che non è visibile, o curare la precisione di alcuni servizi, per esempio aprire una sezione in più di scuola materna, per 25 bambini. Se ne accorgono in pochi, ma trasforma la vita di quelle famiglie.
Rossi: Oggi restituisco almeno un accesso ai servizi ragionato, un'opportunità del privato sociale, inteso come associazioni e cooperative, di rapportarsi con l'ente pubblico sui progetti. Oggi è aperto un Segretariato Sociale, c'è stata una forte rivisitazione anche del ruolo degli assistenti sociali all'interno delle équipe e una formazione adeguata. E poi sui minori, l'aver fatto parlare le istituzioni tra di loro.
11) A sua moglie/marito o ai suoi figli, ha mai raccontato cosa vuol dire fare l'assessore?
Pilotto: Racconto degli spezzoni di vita da assessore, ma cerco di non stressarli mai troppo.
Rossi: È un'esperienza che mi auguro possa essere percorribile anche per loro.
12) Qual è la sua professione? In questi cinque anni è riuscito ancora a svolgerla?
Pilotto: Sono insegnante di liceo classico. In questi anni sono stato in aspettativa: sarebbe stato impossibile anche solo preparare le lezioni per i ragazzi.
Rossi: Sono psicologa, ma ho lasciato il lavoro in questi anni. Lavoravo con le famiglie dei ragazzi disabili. Ho mantenuto però la mia attività di volontaria, il sabato e la domenica, all'interno dell'associazione Uildm (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e talvolta in settimana, la sera, quando non c'era Consiglio Comunale. Continuo a occuparmi, inoltre, di un progetto, nato con me, all'Unità Spinale di Niguarda, di supporto a gruppi di pazienti che hanno subito incidenti, come quelli del sabato sera.