Pino Corrias racconta il lato oscuro della Brianza

2 novembre 2007 | 20:06
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Pino Corrias racconta il lato oscuro della Brianza

20071103-corrias.jpgIncontro con il giornalista de La Stampa e La Repubblica, a Monza per presentare “Vicini da morire” il libro sulla tragedia di Erba. 

Individui che sanno essere ancora più mostruosi delle terribili azioni che compiono. I “Vicini da morire” raccontati da Pino Corrias, giornalista, narratore e sceneggiatore per la Rai, sono figure indicative di una crisi che investe soprattutto la Brianza, l’ordinata, razionale e indefessa lavoratrice Brianza. In un’interessante chiacchierata con Alessandro Galimberti, redattore de La Provincia di Como, lo scrittore, partendo dalle vicende giudiziarie dei due presunti (il processo d’appello è ancora in corso) assassini di Erba, Olindo e Rosa Romano, ci invita a riflettere su ciò che sta cambiando. Lo scrittore pone l’accento sul mutamento radicale che il Norditalia nel suo complesso e la Brianza in modo accentuato stanno vivendo attualmente, un mutamento che non è solo territoriale, ma anche e soprattutto di identità. Un concetto che nei piccoli paesi è sempre stato fondamentale e che ora, invece, complice l’arrivo massiccio di stranieri, è messo in forte discussione. «Non è il mutamento di cui parlo a creare i mostri» ha precisato «ma di sicuro esso toglie quegli argini che c’erano invece una volta».

20071103-corrias-libro.jpgCorrias ha parlato della stridente contraddizione che si può rilevare tra l’ordine e la serenità apparenti dei paesi brianzoli e i tanti episodi più o meno violenti che «Sono segno di una società ormai diventata schizofrenica». Nel caso di Erba, colpisce ancor di più il fatto che uno dei più sanguinosi omicidi della storia italiana del dopoguerra si sia consumato in una comunità tra le più religiose della Lombardia. Parlando dei due coniugi incriminati, lo scrittore ha detto: «Noi siamo convinti che un grande crimine sia sempre commesso da un grande criminale, mentre questa vicenda ci insegna che non è per forza così». Olindo e Rosa non come una coppia, bensì come un “quadrupede”: è l’immagine che Corrias raccoglie dalle sue conversazioni con chi si è occupato delle indagini. Eppure, non sono forse personaggi che possono rappresentare lo stereotipo del brianzolo, con il loro sterile attaccamento alla casa, i loro orari regolati al minuto, la loro avversione per lo straniero? «No, o al massimo solo in parte, perché quei due sono ossessionati dalla loro casa, da quello che chiamerei il loro perimetro, ogni più piccolo aspetto della loro vita è portato avanti con un’ossessività preoccupante». Infine, qualche considerazione su Azouz, cui sono stati uccisi moglie e figlio: «Il suo atteggiamento poco tempo dopo l’accaduto mi ha reso freddo — ha dichiarato l’autore — vederlo in pizzeria ospite d’onore insieme a Lele Mora e con due reporter presi per l’occasione dalla De Filippi mi ha gelato il sangue, ma soprattutto vedere centinaia di ragazzi fare la fila per una foto assieme a lui». Condotta, quella del tunisino, che non deve far dimenticare che è stato vittima di una pesante diffamazione nelle ore immediatamente successive alla scoperta dell’omicidio, quando si è subito puntato il dito sull’extracomunitario. Un altro evento che secondo il giornalista dovrebbe far riflettere sul rapporto tra gli italiani e gli stranieri che vivono sul nostro territorio: «il bravo giornalista è quello che smentisce i luoghi comuni», ha detto, riferendosi al diffuso pregiudizio per cui i peggiori criminali in Italia sarebbero gli immigrati. Gli omicidi commessi da immigrati nel 2006 sono stati 24 su 600; in proporzione, perciò, stranieri e italiani commettono un numero equivalente di delitti.

Corrias dunque ritiene che qualcosa rispetto al passato stia cambiando in Italia, riguardo alla violenza e all’efferatezza dei fatti di sangue, a differenza invece di Piero Colaprico (link) che non leggeva alcun mutamento di rilievo nell’istinto violento dell’uomo. Concorda però decisamente con il collega nel deprecare l’informazione ed il sistema della televisione, che ha bisogno costantemente di personaggi da ingaggiare e sfruttare, prendendoli anche dalla cronaca nera se necessario. «La TV spettacolarizza, fomenta la paura, parla di eventi in maniera insensata, diffondendo false sensazioni, assecondando il pregiudizio», è stato il commento di Corrias, aggiungendo: «A sentire la televisione dopo Garlasco, sembrerebbe che nella provincia di Pavia non si fa altro che ammazzare la gente».