Danni collaterali

16 dicembre 2007 | 18:15
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Danni collaterali

Una bambina viene allontanata dai genitori  separati e affidata a una comunità educativa per sottrarla al clima di pesante conflitto tra i due coniugi. L’associazione dei padri separati protesta per la decisione

Una bambina viene allontanata dai genitori  separati e affidata a una comunità educativa per sottrarla al clima di pesante conflitto tra i due coniugi. L’associazione dei padri separati protesta per la decisione

Alla fine la guerra del dolore ha fatto un’altra vittima. E la figlia di Paolo è finita in una comunità.
Della sua storia avevamo brevemente accennato la scorsa settimana, promettendo che ci saremmo ritornati dopo aver conosciuto la decisione del Tribunale dei minori di Milano riguardo il suo caso. La decisione è arrivata: i giudici hanno deciso l’affidamento della bambina a una comunità su indicazione dei Servizi sociali di Cologno Monzese che hanno ritenuto "necessario interrompere le frequentazioni tra padre e figlia" perché "il persistere dei tentativi di far incontrare la bambina con il padre, stante l’opposizione della madre, avrebbe minato il rapporto tra la bambina e l’educatrice".

La storia di Paolo comincia alcuni anno fa, «dopo la separazione, chiesta da mia moglie – racconta l’uomo, un consulente informatico poco più che quarantenne – I primi tempi le cose sembravano essersi incamminate sul binario di una certa normalità, poi sono cominciate ad arrivare richieste pressanti di denaro che non erano contemplate nelle condizioni stabilite. Richieste che sono cresciute fino ad arrivare a oltre trenta mila euro con l’esibizione di non meglio precisate fatture per spese sostenute che si sono poi rivelate essere false, al punto che lo stesso avvocato di mia moglie aveva rimesso il mandato, ritenendolo incompatibile con la verità».

La vicenda riporta però i due coniugi davanti al giudice e nel frattempo la donna comincia a creare grosse difficoltà per Paolo a vedere la figlia, tanto che alle sue rimostranze il giudice decide l’intervento dei servizi sociali per smussare la conflittualità tra i due coniugi. «Si è provato con la mediazione familiare – ricorda Paolo – Poi è stato deciso l’intervento di uno psicologo per cercare di comprendere le origini del conflitto, ma intanto io non riuscivo più a vedere la bambina. Accampava le scuse più disparate o, semplicemente non si faceva trovare in casa quando andavo a prendere la bambina. Ma a volte chiamava perfino i carabinieri, dicendo che io volevo rapir mia figlia o si faceva trovare con altre persone che mi impedivano fisicamente di avvicinarmi».

Allora i Servizi sociali decidono che alle visite sarebbe stata presente anche un’educatrice per sorvegliare la situazione ma nemmeno questa misura sortisce alcun effetto e l’operatrice è testimone delle tecniche messe in atto per impedire ogni contatto tra il padre e la bambina.
«Nel frattempo, però, è avvenuto il fatto più grave – racconta Paolo – Durante un colloquio con lo psicologo mai moglie ha adombrato il sospetto di maltrattamenti e perfino di possibili molestie o abusi verso mia figlia. Sospetti che poi è stato dimostrato come fossero infondati, ma che hanno reso la mia vita un inferno».

Alla fine lo psicologo dei Servizi annuncia a Paolo che, secondo la sua valutazione, la bambina sarebbe stata meglio se affidata al padre, «perché mia moglie aveva dato evidenti segni di un disagio profondo». Paolo cambia lavoro e trova una sistemazione che gli consente di gestire il suo tempo con maggiore elasticità in modo da renderlo compatibile con il suo nuovo ruolo di "padre a tempo pieno" e coinvolge anche la sua famiglia che dà la propria disponibilità a cooperare per le necessità della bimba; ma, all’improvviso, la doccia fredda. «Mi fu detto che se la bambina fosse stata tolta alla madre, che pure era giudicata la meno adatta dei due a occuparsene, avrebbe potuto anche compiere atti violenti e che quindi non se ne faceva più niente e che una decisione sarebbe stata presa dal Tribunale dei minori di Milano».

La decisione è stata presa: la bambina dovrà restare ospite di una comunità educativa per due anni, anche se si riconosce che in questo periodo essa trascorrerà più tempo con il padre presso il quale trova "una miglior collocazione".
Tale scelta è stata motivata con il fatto che la situazione di conflitto tra i due coniugi si era rivelata ormai insanabile e che l’allontanamento della bambina era necessario per sottrarla a quel clima così profondamente deteriorato.
La decisione è stata comunicata a Paolo con una telefonata da parte dei Servizi sociali. Sulle modalità del comportamento dei Servizi sociali e sul merito della decisione l’associazione Papà separati Lombardia, di cui Paolo fa parte,  ha tenuto manifestazioni di protesta davanti al Comune di Cologno e al Tribunale di Monza.