
Omaggio, nella Galleria Civica di via Camperio, al poeta Angelo Casiraghi, in arte Casìra, e al pittore Fausto Cattaneo, in occasione del centenario della loro nascita
Omaggio, nella Galleria Civica di via Camperio, al poeta Angelo Casiraghi, in arte Casìra, e al pittore Fausto Cattaneo, in occasione del centenario della loro nascita
«Due figure della cultura monzese che onorano la nostra città». Così ha esordito l’assessore alla Cultura Di Lio nel corso dell’evento tenutosi mercoledì 12 dicembre nella Galleria civica di via Camperio, in vista del centenario della nascita degli artisti monzesi Angelo Casiraghi e Fausto Cattaneo. A raccontare vita e opere dei due artisti sono intervenuti Pierfranco Bertazzini, Beppe Colombo e Giancarlo Nava. Un foltissimo pubblico ha onorato la serata, peraltro iniziata un po’ in ritardo. Affascinante cornice è stata quella offerta dall’esposizione delle opere e delle illustrazioni di Cattaneo. Una lettura di brani di Casiraghi è stata inoltre offerta dal poeta dialettale di Lissone Mario Biscaldi.
Pierfranco Bertazzini si è occupato di spiegare ai presenti lo stile e la biografia del pittore Fausto Cattaneo, personaggio di rilievo nell’ambito artistico nazionale e che per i suoi meriti artistici fu ricevuto perfino da due Papi. Diplomato all’Isia, il pittore era frequentatore di Azione Cattolica e volontario nella guerra d’Africa negli anni Trenta, agli ordini del generale Somma. Un particolare che Bertazzini ricorda solo per l’influenza che il paesaggio africano portò nelle opere del pittore. «Un uomo di una bontà infinita – ha voluto sottolineare – nel suo stile c’era qualcosa di radioso e solare. Siamo al cospetto di un disegnatore inarrivabile e di un pittore all’altezza di Borsa». Da parte dell’ex assessore non è mancato un plauso all’amministrazione «che ricorda e celebra questi illustri uomini».
Meno enfatico il contributo di Beppe Colombo sul poeta dialettale Angelo Casiraghi. «Vorrei che ci si soffermasse sul fatto che Casìra era un poeta vero – ha affermato Colombo – anche se scriveva versi in dialetto. Di sicuro era al livello dei più grandi scrittori dialettali lombardi». Un autore dall’atteggiamento bonario, ben radicato nella vita quotidina della propria città, che amava con tutto il cuore e dalla quale era ricambiato. Il poeta che scriveva "Sônt côntent de vess mônsciasch", insomma. «Nonostante il dialetto – ha fatto notare Colombo – Casìra era capace di elevati lirismi, ha scritto diversi sonetti metricamente perfetti, a testimoniare al sua bravura di vero poeta». Al tempo stesso, una vena comica lieve e signorile animava molti altri suoi testi.
Conoscere, o meglio riscoprire, le opere di Casiraghi secondo Colombo è importante per mantenere un contatto con il dialetto monzese, «una ricchezza che non sarebbe giusto perdere», ha spiegato. Nelle sue parole, «una commemorazione di questo genere non si fa per ricordare i bei tempi andati, ma per mettere l’attualità monzese in contatto con la propria tradizione culturale locale». Una tradizione che è stata illustre nei decenni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, e che adesso invece secondo alcuni vivrebbe un periodo meno brillante. In realtà, non è certo il fermento culturale che manca a Monza e Brianza, quanto piuttosto la capacità di saperlo cogliere.