
In dialetto milanese erano noti come “casott”. A Milano ce n’erano circa una trentina. Quello più frequentato era in via Fiori Chiari. Tra i più malfamati c’era quello di vicolo Bottonuto. Poi arrivò quel sabato…
Sabato 20 settembre 1958. Alla mezzanotte gli habituèes si ritrovarono nei luoghi del piacere e stapparono bottiglie per dare l’addio ad uno spaccato d’Italia che andava scomparendo.
In dialetto milanese erano noti come “casott”. A Milano ce n’erano circa una trentina. Quello più frequentato era in via Fiori Chiari. Tra i più malfamati c’era quello di vicolo Bottonuto. Poi arrivò quel sabato…
Sabato 20 settembre 1958. Alla mezzanotte gli habituèes si ritrovarono nei luoghi del piacere e stapparono bottiglie per dare l’addio ad uno spaccato d’Italia che andava scomparendo.
Distrutto dalla volontà di una donna, la senatrice socialista Lina Merlin, che con una legge mise fine al meretricio gestito dallo Stato. Fu un duro colpo per il maschio italico. Una decisione osteggiata da molte firme celebri come Dino Buzzati. Difendendo “un’arte di fare all’amore che si stava disperdendo”, egli attaccò la senatrice Merlin paragonandola ad Erostato che appiccò “il fuoco alla biblioteca d’Alessandria distruggendo un immenso capitale di cultura, mai più recuperato”. Lo seguirono Giancarlo Fusco, Zavattini, Ercole Patti per finire con Indro Montanelli che nel suo pamphlet “Addio Wanda” scrisse: “il piccone alle case chiuse fa crollare l’intero edificio basato su tre fondamentali puntelli, la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era nei cosiddetti postriboli che queste tre istituzioni trovavano la più sicura garanzia”.
Quell’abitudinaria frequentazione oggi è relegata ai ricordi di qualche nostalgico giovanotto d’antan o al minuzioso lavoro di ricostruzione storica di ricercatori come Aldo Ramazzotti e Temple Maria Franciosi che hanno realizzato la mostra “Quelle case”. Una particolare rassegna che sarà inaugurata stasera, lunedì 16 marzo, alle ore 20.30, all’Urban Center. Il taglio del nastro sarà seguito da un dibattito dal titolo “Case… socchiuse. Un futuro per le case chiuse”. Un tema destinato a suscitare curiosità e porre l’accento su una questione di non facile soluzione. Da alcuni anni infatti parlare di riapertura delle “case chiuse” non è più un tabù. I sondaggi dicono che oltre la metà degli italiani è d’accordo e qualche politico ha depositato qualche proposta di legge in merito. Al convegno intervengono: Patrizia Toia, europarlamentare, Laura Molteni, deputata, Piero Calabrò, magistrato e Caterina Princi, scrittrice. Modera il dibattito il giornalista: Michele Mauri.
La mostra è la ricostruzione iconografica del costume italiano in un periodo storico ben preciso dal 1860 al 1958, attraverso testi, immagini fotografiche riprodotte su 20 grandi pannelli espositivi a colori suddivisi in tre parti. C’è una ricostruzione storica con documenti d’epoca e un percorso attraverso i secoli del mestiere più antico del mondo. Una parte dedicata al costume, con sette racconti brevi dello scrittore Andrea Vitali e una parte dedicata all’arte con poesie, testi, dipinti.
L’iniziativa è proposta dalla Fondazione Franco Fossati di Monza ed è stata realizzata in collaborazione con lo scrittore Andrea Vitali, la Docente di Storia dell’Arte Prof.ssa Cristina Casero, l’Archivio Fotografico della Città di Milano e con il patrocinio della Provincia di Milano, dell’Associazione Nazionale delle Cooperative di Abitazione e con il contributo del Comune di Monza, Assessorato alla Cultura.