
Ci sono interviste di cui si sanno già le risposte. Sono storie già scritte nel taccuino. Non è così se si conversa con Matteo Parravicini, 39 anni, presidente dell’Associazione Giovani imprenditori di Confindustria Monza e Brianza e amministratore delegato della Parà Spa di Sovico, l’azienda specializzata nella produzione di tessuti tecnici per la protezione solare e di tessuti per l’arredamento, balzata ultimamente alle cronache per aver fornito il tessuto per rivestire le poltrone dello Studio Ovale del neo eletto presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.
Ci sono interviste di cui si sanno già le risposte. Sono storie già scritte nel taccuino. Non è così se si conversa con Matteo Parravicini, 39 anni, presidente dell’Associazione Giovani imprenditori di Confindustria Monza e Brianza e amministratore delegato della Parà Spa di Sovico, l’azienda specializzata nella produzione di tessuti tecnici per la protezione solare e di tessuti per l’arredamento, balzata ultimamente alle cronache per aver fornito il tessuto per rivestire le poltrone dello Studio Ovale del neo eletto presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.
L’Arazzo è infatti l’azienda che ha prodotto il famoso tessuto finito poi oltre oceano che fa parte del Gruppo Industriale Parà, una Family Company, fondata nel 1920, che da tre generazione produce tessuti di pregio estetico e di alta qualità tecnica con filiali presenti in tutto il mondo.
Se il made in Italy è famoso nel mondo è grazie ad aziende così. “Lei è stato nominato Presidente dei Giovani Imprenditori succedendo ad Andrea Dell’Orto. Quali sono le novità che ha impresso in questa Associazione con la sua presidenza?”
“La mia presidenza è caratterizzata non per essere di rottura rispetto a quella di Andrea Dell’Orto (che ha ricoperto l’incarico dal maggio 2003 per due bienni consecutivi e durante l’ultimo mandato Matteo Parravicini ha ricoperto la carica di vicepresidente ai Rapporti interni), ma di continuità: nel 2003 eravamo tutti dei giovani imprenditori la cui necessità primaria era di formarsi e confrontarsi per maturare. Oggi resta forte l’esigenza del confronto, ma i temi sono cambiati, le responsabilità pure: in azienda stiamo sempre più conquistando con il lavoro quell’autorità che, giorno dopo giorno, ci fa prendere decisioni aziendali sempre più importanti.
“Quali sono le iniziative che avete in programma come Giovani Imprenditori?”
“Moltissime. Tra le molte bisogna menzionare le interessanti serate a tema che come Associzione Giovani imprenditori organizziamo. Non sono più serate formative, ormai la necessità, dopo alcuni anni di impresa, è di approfondire, capitalizzare l’esperienza. Anzi queste serate sono dei veri propri “acceleratori di esperienza”: si torna a casa con la sensazione non solo di avere appreso cose nuove, ma si aprono nuovi orizzonti di sviluppo. E poi le “visite guidate” in azienda: grazie a Confindustria si aprono porte di ditte uniche per la loro peculiarità, visitandole si vedono realtà, universi aziendali completamente diversi dal proprio, i cui modelli possono aiutare, magari, a capire come risolvere problemi presenti e futuri.
Numerosi sono i convegni che organizziamo e molto proficua è la collaborazione con l’università Bicocca: per esempio l’anno scorso il “Progetto laboratorio” ha coinvolto nove imprese in nove progetti differenti ed è stata la formula per le aziende di conoscere possibili risorse e per l’università di offrire una didattica interattiva, sul campo. Infine come no menzionare il “managment game” a cui partecipano tutti gli alunni di quarta superiore. Un vero simulatore di gestione d’azienda. L’anno scorso su tutta la Lombardia ha vinto una scuola di Desio, il Liceo Majorana.
“Qual è il valore aggiunto che un giovane imprenditore porta nella sua azienda, e nel sistema imprenditoriale della Brianza?”
Il valore aggiunto è l’apertura mentale, il modo diverso di porsi rispetto alle problematiche rispetto alle generazioni passate. I giovani hanno la possibilità di vedere le cose in modo diverso e questo spesso aiuta. In ogni caso il passo generazionale nella nostra azienda è sempre stato vissuto senza vederlo come una rottura ma vivendolo sotto il segno della continuità, ovvero come un’opportunità. L’imprenditore senior ha in sé un bagaglio di cultura d’impresa insostituibile, lo junior invece porta novità tra le quali sicuramente la forte spinte all’internazionalizzazione. Il passaggio da una generazione a quella successiva è un momento che per non essere vissuto nel suo aspetto negativo va pianificato sia in ambito familiare sia aziendale. Forte deve emergere lo spirito di squadra.
“La Brianza riuscirà a vincere la sfida della globalizzazione e della concorrenza asiatica, India e Cina in testa?”
La Brianza è votata a guardare verso i paese esteri, l’internazionalizzazione è tra le sue corde naturali. Ma affinché si possa cavalcare la globalizzazione, invece che subirla è necessario programmare i flussi e fare rete tra le aziende. Confindustria deve aiutare le aziende a cercare i migliori mercati esteri e a promuovere dei modelli atti a presidiare le eccellenze. Alla globalizzazione bisogna contrapporre un “fare sistema”, rete tra aziende. Il modello a cui bisogna guardare non è lontano: è la Svizzera”.
“Che cosa si aspetta lei, giovane imprenditore, dalla nuova Provincia di Monza e Brianza?”
“Attenzione verso il territorio. La Brianza per sua natura è diversa da Milano, istituire la Provincia significa riconoscere questa differenza che dovrà essere valorizzata al massimo. Più infrastrutture, più servizi: la Brianza è una dei quattro motori dell’Europa è il luogo da dove si esporta il marchio made in Italy, non può essere trascurata.
Un’ultima domanda, a chi come lei è figlio d’arte, se così si può dire, avendo ereditato l’azienda di famiglia, chiedo: imprenditori si nasce o si diventa?”
“Si diventa. La cultura d’impresa è difficilmente declinabile, non si eredita, ma si tramanda di padre in figlio attraverso il lavoro, giorno dopo giorno. Non si inventa, non si improvvisa un imprenditore: alla base delle solidità di un’impresa c’è la cultura che si forma grazie alla propria esperienza e allo studio. Poi, naturalmente conta anche la fortuna che deve aiutare chi fa impresa che spesso è costretto a prendere delle decisioni basandosi sui dei calcoli che non possono essere perfetti, ma sono per questo soggetti ad un rischio di imprevedibilità”.