

“Il mio orgoglio? È che in nessuna delle nostre sedi abbiamo mai fatto un’ora di cassa integrazione. Io cerco di difendere questa medaglia del mio curriculum, anche adesso con la crisi. Una situazione in cui bisogna tirar fuori gli artigli. Ma sono fiducioso sulla ripresa verso fine anno. Perché sono un ottimista”.
Basterebbero queste parole a rappresentare chi è Giorgio Squinzi, amministratore unico di Mapei, leader mondiale di materiali per l’edilizia (il nome dell’azienda è l’acronoimo di Materiali ausiliari per l’edilizia e l’industria). Un’azienda con un fatturato di un miliardo e 700 milioni di euro l’anno, sedi in 24 paesi diversi nei cinque continenti e attualmente oltre 6mila dipendenti. Squinzi ha raccontato agli imprenditori venuti ad ascoltarlo nella prima “Conversazione imprenditoriale” promossa all’interno del percorso di scuola d’impresa organizzata da Cdo Brianza, le tappe dell’azienda fondata dal padre Rodolfo, grande appassionato di ciclismo, che imparò il mestiere in un’azienda e poi si mise in proprio aprendo la prima sede a Milano con tre dipendenti. “Posso dire di essere nato in azienda perché lì sono cresciuto – ha ricordato Squinzi – Fino a 15 anni fa conoscevo tutti i miei collaboratori per nome. Adesso è più difficile. Ma non siamo cambiati”. Nonostante i numeri dell’azienda che sembrano enormi, Mapei resta un’azienda di famiglia. Vi lavora la moglie di Giorgio, responsabile del marketing e comunicazione, il figlio, ingegnere chimico come il padre, oggi a capo dei laboratori di ricerca, la figlia alla pianificazione strategica, il genero alla gestione materiali e la sorella di Giorgio fuori dall’azienda ma di fatto al fianco come legale della Mapei.
“La nostra specificità – ha spiegato Giorgio Squinzi – consiste in tre principi. La specializzazione: siamo i numeri uno nella chimica per l’edilizia soprattutto per le colle, e al terzo posto per gli adesivi. Poi internazionalizzazione: un processo nato nel 1978 con il primo stabilimento in Canada. Infine ricerca e sviluppo: il 5% del fatturato, circa 80milioni di euro vengono investiti nei laboratori dove lavorano oltre 600 ricercatori”.
Nonostante la sua solidità, in questo momento anche Mapei non può sfuggire ai dati negativi a livello globale.”Il rallentamento c’è stato. Ci stiamo confrontando con una situazione mai vissuta prima – ha precisato Squinzi”. Per dare un’idea delle perdite: Mapei ha segnato un meno 11milioni di euro a fine 2008.
“Stiamo utilizzando un punto del contratto dei chimici che permette una redistribuzione di orari di lavoro da spalmare durante l’anno perché l’edilizia ha una produzione contenuta in inverno e una massiccia in estate. Così riusciamo ad assorbire il picco negativo” – ha detto Squinzi. Ma questa situazione non ha fermato la Mapei che, forte del suo impegno nello sport, (nel ciclismo come nel calcio) crede nel gioco di squadra e nella possibilità di uscire dal tunnel. Così l’azienda ha scelto di investire di nuovo e fare acquisizioni: una azienda italiana con tre stabilimenti, una ditta in Usa, costruzione di nuove sedi in Grecia e in Polonia, si sta pensando a una sede in Ucraina e a una joint venture in Sudafrica.
“La scelta di investire deriva da uno dei nostri slogan: famiglia povera, azienda ricca. Da oltre vent’anni noi non preleviamo utili perché li reinvestiamo tutti in azienda. Da imprenditore continuo a sostenere che non è il profitto, ma la crescita, ciò che ci fa andare avanti. La vera missione di un imprenditore è avere una funzione etica nella società, aumentare il valore aggiunto dei propri collaboratori. Per questo certo investiamo in ricerca e tecnologia ma soprattutto in chi lavora con noi”.