Una mostra sulla Brianza dei tessuti

4 marzo 2009 | 17:38
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Una mostra sulla Brianza dei tessuti

Storie di uomini col cappello. Ovvero  una mostra su una delle aziende simbolo della Brianza tessile: quella Pastori Casanova che per tanto tempo fu un fiore all’occhiello dell’arte tutta brianzola di lavorare i tessuti. Proprio nella palazzina monzese che ha ospitato un’azienda tanto importante aprirà la sede di rappresentanza della Provincia di Monza.

Storie di uomini col cappello. Ovvero  una mostra su una delle aziende simbolo della Brianza tessile: quella Pastori Casanova che per tanto tempo fu un fiore all’occhiello dell’arte tutta brianzola di lavorare i tessuti. Proprio nella palazzina monzese che ha ospitato un’azienda tanto importante aprirà la sede di rappresentanza della Provincia di Monza. La mostra rappresenterà dunque la prima occasione per il pubblico di accedere alla futura sede della Presidenza MB, che ospiterà la Giunta e il Consiglio Provinciale del nuovo Ente. Un edificio di rappresentanza dunque, ma non solo. La sede di quella che fu una delle più gloriose manifatture tessili, la “Pastori Casanova” ospita una simbolica rassegna del cappello, con una declinazione che privilegia i copricapi militari di età umbertina e dell’epoca immediatamente successiva. E’ questo il periodo in cui le manifatture monzesi dei feltri hanno riscosso maggior fortuna e successo. Collocata a poche centinaia di metri dalla Villa Reale, la Pastori e Casanova divenne celebre per le stoffe e i tappeti, le cui fogge negli anni Venti e Trenta inseguivano il sogno di un elaborato esotismo. Grazie alla creatività dei suoi disegnatori e all’abilità dei suoi operai la manifattura di via Grossi maturò una forte vocazione all’esportazione con la produzione di tessuti Jacquard per l’arredo.

Il riferimento al cappello si innesta quindi su una tradizione di lavoro, di progettazione e di ricerca che ha fatto crescere Monza e la Brianza e richiama quei valori di solidarietà, umiltà e consapevolezza delle proprie origini che il mondo produttivo di oggi ha bisogno di riscoprire.

“Da bambino ricordo come Monza si risvegliasse, come del resto tutte le città industriali – spiega l’Assessore al lavoro, contrasto crisi, patrimonio e demanio, Bruno Casati – al fischio delle sirene delle sue cento fabbriche. La sirena, mattino, mezzogiorno e sera, scandiva i tempi di vita della comunità, ben più delle ore rintoccate dai campanili delle parrocchie. E, alla prima sirena del mattino, decine e decine di furgoncini, ancora rigorosamente a pedali, uscivano dai cappellifici. I garzoni portavano a domicilio, o ritornavano, i cappelli da rifinire o rifiniti. La mia mamma era cappellaia, lavorava al cappellificio Crippa e Corno, sui bastioni del Lambro, e in seguito, a domicilio. Ricordo benissimo sia la fabbrica – nella sola città di Monza lavoravano in fabbrica 8/9.000 cappellai e altri e altre, migliaia, a domicilio – dove il feltro veniva sagomato a caldo tra nuvole e sbuffi di vapore rovente, sia la trafila della rifinitura ago e filo: fodera, “marocchino con gallino”, nastro e via. Monza allora era la capitale italiana, e non solo, del feltro. Monza, allora, metteva per davvero il cappello al mondo.”

Giovedì l’inaugurazione, mentre la mostra sarà aperta al pubblico dal 7 al 17 marzo, il lunedì e il venerdì dalle 17 alle 20, il sabato e la domenica dalle 10 alle 18.30. Ingresso libero