Ospedale San Gerardo, come corre l’Ortopedia. Intervista a Giovanni Zatti

13 febbraio 2011 | 23:05
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Ospedale San Gerardo, come corre l’Ortopedia. Intervista a Giovanni Zatti

Zatti-Giovanni-san-gerardoPrima o poi, ahinoi, chiunque avrà l’onere di essere visitato da un ortopedico. E potrebbe non essere un male; poniamo, per esempio, che a indossare il camice bianco e ad ‘ascoltare’ le nostre articolazioni sia Giovanni Zatti, primario di Ortopedia all’Ospedale San Gerardo di Monza. MB News lo ha intervistato.

Zatti-Giovanni-san-gerardoPrima o poi, ahinoi, chiunque avrà l’onere di essere visitato da un ortopedico. E potrebbe non essere un male; poniamo, per esempio, che a indossare il camice bianco e ad ‘ascoltare’ le nostre articolazioni sia Giovanni Zatti, primario di Ortopedia all’Ospedale San Gerardo di Monza. MB News lo ha intervistato.

Professore, il reparto di Ortopedia è stato al centro di alcune polemiche lo scorso autunno, (un giornale locale lo ha definito ‘in crisi’ causa sovraffollamento, ndr). Qual è la situazione odierna?

«Avendo giornalmente a che fare con problemi traumatologici, si attraversano momenti caotici e, per giunta, non prevedibili. La verità è che tutti si adoperano per trattare i pazienti nel migliore dei modi. Prendiamo in considerazione alcuni dati: 11 sedute operatorie settimanali, 28 letti in reparto a cui vanno aggiunti 4 letti in week surgery e 6 letti di ortogeriatria, locati nel reparto Geriatria, oltre 2.000 interventi chirurgici annuali, l’ortopedia pediatrica e la scuola di specialità. Il San Gerardo è un grande ospedale e gli utenti che vi arrivano desiderano essere curati in questa struttura. Capitano periodi particolari, è vero, ma mai a discapito della salute dei pazienti».

Quali sono gli interventi maggiormente effettuati?

«Una buona fetta riguarda operazioni su anziani che presentano una frattura al collo del femore, seguono le protesi di anca e di ginocchio e l’artroscopia a ginocchio e spalla. Ma eseguiamo anche chirurgia del piede, degli arti superori, del rachide, chirurgia aperta a spalle e ginocchia e chirurgia pediatrica».

Negli ultimi anni la chirurgia ortopedica ha fatto notevoli passi avanti. A cosa è dovuta questa crescita?

«L’ortopedia è strettamente correlata con tecnologia e biologia, la sinergia istauratasi negli anni tra queste discipline ha giovato alla ricerca e, di conseguenza, alle tecniche chirurgiche. Oggigiorno, per favorire la precisione del tagli durante gli interventi di protesi al ginocchio, ci si può servire di un navigatore che, attraverso dei sensori, manda un feedback immediato al chirurgo, consigliandolo e calibrando al millimetro i tagli. Si tratta, comunque, di una tecnica ancora in fase di sviluppo».

Di questo passo chissà cosa ci riserverà il futuro in ambito ortopedico…

«Occorre la massima attenzione, evitando i salti nel vuoto. Introdurre novità, infatti, comporta il rischio di passi indietro. Teniamo presente che i benefici si vedranno a medio lungo termine, in un raggio di 5-10 anni. Premesso questo, migliorare ulteriormente le tecniche chirurgiche, perseguendo un sempre minore impatto fisico per il paziente, e parallelamente potenziare la risposta dell’organismo attraverso ricerche biotecnologiche e tissutali potrebbero rappresentare le due chiavi di volta future».

E la riabilitazione dopo un intervento ortopedico? Quanto è importante?

«È indispensabile. Noi chirurghi a volte ci arrabbiamo perché dopo aver messo il massimo impegno nell’operare i pazienti (per un inizio tardivo della riabilitazione) ce li ritroviamo dopo un mese quasi al punto di partenza. Le articolazioni sono movimento e funzione e a questo serve la fisioterapia, è un aspetto fondamentale».

* Pubbliredazionale a pagamento