Desio, per i candidati sindaci lotta alla ‘ndrangheta con…l’illuminazione

Un’analisi semiologica dei programmi elettorali dei candidati, per capire chi ha più a cuore – almeno a parole – il problema della lotta a tutte le mafie. È quanto ha fatto l’Osservatorio Antimafie di Monza e Brianza prendendo Desio, città diventata suo malgrado un caso nazionale, come tipico esempio di come la ‘ndrangheta ha permeato il tessuto sociale fino a diventare padrona, o quasi, dell’interno territorio.
Un’analisi semiologica dei programmi elettorali dei candidati, per capire chi ha più a cuore – almeno a parole – il problema della lotta a tutte le mafie. È quanto ha fatto l’Osservatorio Antimafie di Monza e Brianza prendendo Desio, città diventata suo malgrado un caso nazionale, come tipico esempio di come la ‘ndrangheta ha permeato il tessuto sociale fino a diventare padrona, o quasi, dell’interno territorio.
Un lavoro tutto sommato semplice, fatto inserendo le parti programmatiche relative alla sicurezza e alla lotta alla criminalità dei singoli candidati in un unico database. Sul prodotto ottenuto sono state effettuate le ricerche di specifici termini, che hanno dato questo risultato: la parola emersa vincitrice è illuminazione (25 volte), seguita da sicurezza (23), decoro (20), criminalità e vigile di quartiere appaiate (12). Solo a quota 11 si trova la parola legalità, seguita da telecamere (5), ma a spiccare sono i fanalini di coda: solo 1 volta compaiono la parola mafia e antimafia.
«Solo nel programma di Roberto Corti – spiega l’Osservatorio, che però ha fatto un’indagine incompleta, prendendo sei dei dieci candidati – è citata in titolo ndrangheta; per il resto dei candidati il fenomeno è essenzialmente criminale nel quale vengono inglobati sia l’immigrazione, il nomadismo, l’abuso edilizio e l’accattonaggio e tutti quei comportamenti ritenuti illegali. Tutti i programmi, salvo quello del candidato Corti, infatti mettono insieme e le mescolano le questioni del decoro urbano con la lotta al crimine. I candidati Ceraulo e Di Carlo pur nella promiscuità delle proposte chiedono la costituzione di commissioni comunali di controllo. Il candidato Corti proponendo la stessa cosa, ma inserita in preciso contesto di contrasto al fenomeno ndranghetista, ne definisce anche i compiti. Per tutti i candidati escluso Corti, che inserisce la sicurezza in un contesto specifico, la lotta alla criminalità si fa con l’istallazione delle telecamere, il poliziotto di quartiere, con le recinzioni dei parchi cittadini, sbarre antinomadismo e l’illuminazione».
L’Osservatorio boccia quindi le linee programmatiche analizzate: «In questo modo – commenta – non si fa la lotta alla ndrangheta. Così la santa, ora inabissata per effetto delle inchieste e degli arresti, potrà riemergere e continuare ad esercitare il peso nelle scelte politiche».
Nessun candidato, tra l’altro, propone iniziative concrete per il riuso dei beni confiscati alla ndrangheta desiana. In effetti, dopo la bufera ‘ndrangheta di luglio l’argomento ha sì animato la campagna elettorale, ma non tanto con un “laboratorio” di idee, progetti e azioni per contrastare la malavita quanto come motivo per gettarsi reciprocamente fango.