Candy, ancora nessun accordo per Santa Maria Hoé

20 giugno 2011 | 23:01
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Candy, ancora nessun accordo per Santa Maria Hoé

Un niente di fatto è uscito dall’incontro di ieri presso Confindustria Monza e Brianza durante il quale le parti sociali Candy e sindacati si sono trovati per discutere della delocalizzazione che porterebbe alla chiusura dello stabilimento di Snata Maria Hoé.

Un niente di fatto è uscito dall’incontro di ieri presso Confindustria Monza e Brianza durante il quale le parti sociali Candy e sindacati si sono trovati per discutere della delocalizzazione che porterebbe alla chiusura dello stabilimento di Snata Maria Hoé.

202 i lavoratori (la maggior parte operai e una trentina di impiegati) che rischiano di restare a casa dal 2 di settembre se la Candy proseguirà nella sua decisione di chiudere lo stabilimento di Santa Maria Hoè, dove da 50 anni si producono lavastoviglie e una piccola lavatrice (Acquamatic) venduta soprattutto sul mercato cinese e quello russo.

La Commissione Attività Produttive, presieduta da Mario Sala (PdL), ha incontrato oggi una delegazione di lavoratori della Candy, che ha denunciato la volontà dell’Azienda di chiudere per spostare l’attività in Cina, dove le spese di produzione sono più basse (il risparmio sarebbe di 20 euro su ogni pezzo). Durante l’audizione i lavoratori hanno spiegato di aver saputo il 17 maggio scorso dell’intenzione di cessare l’attività perché “il mantenimento della produzione in Italia non è più compatibile a livello economico con l’attività aziendale”.

Il Presidente Sala ha chiuso la seduta impegnandosi a scrivere al Presidente della Giunta Roberto Formigoni (e per conoscenza agli Assessori all’Industria Andrea Gibelli, al Lavoro Gianni Rossoni e al Ministro per lo Sviluppo Economico Paolo Romani) perché si faccia parte attiva nei confronti della proprietà di Candy al fine di verificare che a) affronti con responsabilità il problema occupazionale e faccia il possibile per mantenere in vita il sito lecchese; b) spieghi il contesto in cui è nata la decisione di delocalizzare l’attività e c) eviti scelte unilaterali che possono compromettere il clima costruttivo.

Durante l’incontro sono intervenuti diversi consiglieri. Stefano Tosi (PD) ha proposto di invitare in Commissione i vertici dell’Azienda e il leghista Angelo Ciocca ha sollecitato strumenti legislativi per convincere gli imprenditori a non spostare all’estero le produzioni realizzate in Italia.

I lavoratori, che nelle settimane scorse, hanno incassato il sostegno delle Istituzioni locali, hanno fatto sapere che il 9 giugno è stato avviato presso il Ministero per lo Sviluppo Economico un tavolo per convincere l’azienda ad aprire un confronto, scongiurando la chiusura del sito produttivo. I sindacati hanno inoltre confermato la disponibilità a valutare alternative e hanno proposto di riprendere la produzione di elettrodomestici o di componenti, attualmente dislocata presso terzisti. “La nostra preoccupazione – ha sottolineato Pietro Locatelli della Fiom Cgil Lombardia – è che se chiude il sito produttivo di Santa Maria Hoè, esclusivamente per guadagnare di più e non perché il gruppo sia in difficoltà, a rischio è anche la casa madre di Brugherio che occupa oltre 500 lavoratori”.

“Chiediamo all’azienda – ha aggiunto Diego Riva (Fiom Cgil Lecco) – di ascoltare le nostre proposte e di tenere conto anche dell’aspetto sociale e non solo di quello economico. Chiudere il sito di Santa Maria Hoè sarebbe un impoverimento per tutto il territorio”.

Tra le preoccupazioni sollevate quelle che molti degli operai sono donne assunte a part time difficilmente ricollocabili o nuclei famigliari di padri, madri e figli. La chiusura del sito produttivo lecchese metterebbe dunque in ginocchio non solo singoli individui ma intere famiglie.

La trattativa sarà ripresa il prossimo 27 giugno.