
Le botte, il dolore, il terrore e il solo unico pensiero di voler salvare sua figlia da una vita “malavitosa”. Potrebbero essere stati questi i sentimenti di Lea Garofalo, uccisa e poi sciolta nell’acido dal suo ex marito e cinque complici, negli ultimi momenti della sua vita, quando nelle mani dei suoi aguzzini deve aver capito di non avere più scampo.
Le botte, il dolore, il terrore e il solo unico pensiero di voler salvare sua figlia da una vita “malavitosa”. Potrebbero essere stati questi i sentimenti di Lea Garofalo, uccisa e poi sciolta nell’acido dal suo ex marito e cinque complici, negli ultimi momenti della sua vita, quando nelle mani dei suoi aguzzini deve aver capito di non avere più scampo.
Lea aveva solo 19 anni quando ha dato alla luce la figlia Denise, nata dalla relazione con Carlo Cosco, il suo primo grande amore. Vedendo crescere la sua bambina, Lea deve aver pensato che le “attività” del suo compagno, descritto dagli investigatori come fiancheggiatore della malavita, non facessero più per lei e per la loro bambina. A trent’anni circa, mamma coraggio ha deciso di denunciare il padre di sua figlia ed è diventata una collaboratrice di Giustizia. Nonostante la sua forza d’animo, il programma di protezione non avrebbe incluso visite e contatti con sua figlia Denise, così due anni dopo Lea fu costretta a rinunciarvi. Senza perdersi d’animo, Lea ha continuato a tenere duro ma, probabilmente, ha abbassato la guardia non credendo possibile che il suo ex compagno potesse utilizzare la loro figlia come strumento per arrivare a lei. Era il 24 novembre 2009 quando Lea, allora 36 enne, aveva acconsentito ad accompagnare la 17enne figlia Denise da alcuni parenti di Carlo Cosco, perché avevano espresso il desiderio di incontrarla. Allontanatasi dalla figlia lasciata in custodia a Milano, Lea è stata probabilmente raggiunta dall’ex compagno e altri cinque complici, caricata su un furgone e portata lontano. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la donna sarebbe stata portata in un terreno a San Fruttuoso, in mano alla gang calabrese e mai utilizzato, ma recintato e dotato di capanno di legno. La donna è probabilmente rimasta in balia dei suoi aguzzini per ore, decisi a farle “confessare” quanto raccontato ai magistrati dei loro “affari”. È facile immaginarsi una Lea tenace, capace di tenere loro testa anche in un momento così drammaticamente disperato. Per finirla, i sei uomini le hanno sparato un colpo di pistola alla testa e ne hanno sciolto il corpo in 50 litri di acido. Fin dai primi momenti della sua scomparsa, la sua famiglia ha indicato l’ex compagno come primario indiziato, e così la magistratura si è messa in moto, fino ad arrivare al terreno di via Marelli, a San Fruttuoso, dove è stato accertato sia stata uccisa e fatta sparire.
Lea è scomparsa per sempre, ma il suo spirito rimane vivo. La sua tragica fine, il coraggio dimostrato da questa minuta donna che ha scelto di votarsi al contrasto della malavita, non sono stati vani. Le sue migliori caratteristiche, la sua devozione alla Giustizia, sono le stesse di sua figlia Denise, oggi 21 enne principale testimone del processo contro suo padre, per la morte di Lea. Protetta e seguita a vista, la giovane Cosco sta studiando lingue, presto si trasferirà in U.S.A per iniziare una nuova vita. Il Pm Marcello Tatangelo, che la scorsa settimana ha chiesto per la banda una condanna all’ergastolo, ha definito tutti e sei i presunti responsabili “vigliacchi“. Forse è stato fin troppo generoso. Tutti sono stati condannati all’ergastolo.