Ottava edizione per il Trofeo della Pace

27 maggio 2013 | 22:02
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Ottava edizione per il Trofeo della Pace

trofeodella pace-monzaAssistere a quattro partite di calcio, giocate con molto agonismo e voglia di vincere da parte di tutte e 8 le squadre, composte da giovani di tante nazionalità diverse e vedere che tutti giocano lealmente e senza lamentele nei confronti dell’arbitro, che difatti non tira fuori neanche un cartellino giallo, non è certo frequente sui nostri campi di pallone, ma questo avviene normalmente al Trofeo della Pace, il torneo interetnico organizzato dalle sezione monzese della UPF insieme al Comitato brianzolo della UISP.

trofeodella pace-monzaAssistere a quattro partite di calcio, giocate con molto agonismo e voglia di vincere da parte di tutte e 8 le squadre, composte da giovani di tante nazionalità diverse e vedere che tutti giocano lealmente e senza lamentele nei confronti dell’arbitro, che difatti non tira fuori neanche un cartellino giallo, non è certo frequente sui nostri campi di pallone, ma questo avviene normalmente al Trofeo della Pace, il torneo interetnico organizzato dalle sezione monzese della UPF insieme al Comitato brianzolo della UISP.

A questo torneo, arrivato all’ottava edizione, le parole che diventano realtà sul campo sono due: amicizia e integrazione. Naturalmente si parte dalla passione comune per il calcio, ed è proprio dando la possibilità di praticare lo sport preferito a molti giovani, che altrimenti non avrebbero spazi, che si riescono ad ottenere risultati positivi incredibili, che solo lo sport può permettere, come ci conferma Carlo Chierico, il presidente dell’Universal Peace Federation, che ogni domenica sta sul campo, sempre a fianco dei giovani che giocano. Certo poi dagli atteggiamenti dei giocatori ci si aspetta sempre qualcosa in più, soprattutto nei confronti dell’avversario, spesso di altra nazionalità, cultura e religione, che si cerca di superare lealmente sul campo e con cui si condivide il desiderio di conoscersi a fondo per arrivare prima a rispettarsi come persone, al di la di qualsiasi diversità, per poi diventare amici e ritrovarsi insieme anche fuori dal campo di calcio. Questa è l’integrazione che si vede concretamente nei giovani che partecipano al Trofeo della Pace.

Questa domenica 26 maggio, al Centro sportivo Ambrosini di Monza, si è visto anche del buon calcio, con giocatori che hanno espresso un gioco veloce e molto valido tecnicamente, soprattutto nei 2 incontri più combattuti agonisticamente, quello tra la squadra dell’UPF e il Ghana, terminato con la vittoria per 3 a 1 dell’UPF sui pur bravissimi ghanesi, e quello tra la squadra dei Giovani Musulmani Italiani e una mista di ragazzi sudamericani, partita vinta per 4 a 1 dai giovani musulmani. Per vedere i risultati completi, il calendario delle partite, foto e notizie si può consultare il sito web dedicato: www.trofeodellapace.org

Quello che ha colpito, sia i giocatori che il pubblico presente, però è stata la presenza di un monaco buddista. Anche in passato era accaduto che insieme alla squadra tibetana arrivasse un monaco e stavolta si trattava del Ven. Lama Bagdro, un ex prigioniero politico tibetano, che ha raccontato ai presenti come abbia subito diversi anni di prigionia solo per aver manifestato pacificamente in Tibet a favore dei suoi concittadini, ma questo tipo di manifestazioni oramai non sono più tollerate dai governanti inviati da Pechino e questo ha portato, dal 2009, ben 117 monaci tibetani ad autoimmolarsi per protestare contro la tirannia del governo cinese e sollevare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sulla causa dei diritti umani in Tibet. Allora quando succedono fatti del genere non si può fare a meno di citare la famosa frase che il Premio Nobel per la Pace Nelson Mandela disse in occasione dei mondiali di rugby del 1995 in Sudafrica: “Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare. Esso ha il potere di unire le persone in un modo che poche altre cose fanno. Parla ai giovani in una lingua che comprendono. Lo sport può portare speranza dove una volta c’era solo disperazione”.