“Uhu” e il razzismo: Monza si divide partendo dallo stadio
4 ottobre 2013 | 16:51

Cos’è razzismo e cosa no: da cinque giorni in città è diventato il principale argomento di discussione, almeno negli ambienti sportivi. Considerando la tendenza a rimanere ognuno sulle proprie posizioni, cerchiamo di fare un quadro il più possibile obiettivo.
Cos’è razzismo e cosa no: da cinque giorni in città è diventato il principale argomento di discussione, almeno negli ambienti sportivi. Considerando la tendenza a rimanere ognuno sulle proprie posizioni, cerchiamo di fare un quadro della situazione, il più possibile obiettivo, soprattutto per chi non guarda le partite di calcio, né allo stadio né in tv.
IL FATTO – Innanzitutto, perché se ne parla tanto da cinque giorni? Perché domenica scorsa, allo stadio Brianteo, in occasione della partita Monza-Rimini di Seconda Divisione, un giocatore nero della squadra avversaria, il senegalese Ameth Fall, è stato subissato di ululati, cioè gli ormai famigerati “uhuhuhu” di natura scimmiesca, ogni qualvolta toccava la palla. Protagonisti dell’episodio di razzismo (io resto della mia idea) un gruppo di 30-40 ultras dei Sab (acronimo di Sempre al bar), molti dei quali notoriamente militanti in associazioni e movimenti (legali) di estrema destra. Gli ululati sono andati avanti, senza che il resto dello stadio manifestasse il proprio disappunto se non altro per mitigare l’inevitabile sanzione da parte della Federcalcio, per circa mezz’ora, finché Fall non ne ha potuto più e ha protestato con l’arbitro, che ha sospeso il gioco per circa un paio di minuti, chiedendo al capitano del Monza, Claudio Grauso, e allo speaker dello stadio di avvisare il pubblico del rischio di interruzione definitiva. Le cose sono poi proseguite lisce fino al triplice fischio; in settimana, comunque, il Giudice sportivo ha sanzionato il Monza solo con un’ammenda di 9mila euro, invece che con la chiusura della curva Sud come da Codice di giustizia sportiva, per via dello straordinario impegno del proprietario del club, l’inglese Anthony Armstrong-Emery, nella lotta contro il razzismo. Ricordiamo, infatti, che oltre ad aver rinunciato al “main sponsor” sulla maglia (donata anche al ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge) per pubblicizzare il “claim” Stop Racism, l’equivalente italiano di Basta Razzismo, il costruttore britannico contro la discriminazione ha fatto affiggere in città numerosi volantini e ha pubblicizzato alcuni autobus di linea, senza contare il maximanifesto che campeggia in una zona trafficata di Milano e le pagine comprate su importanti quotidiani nazionali. Lo sconto non è però piaciuto a un giornalista di Panorama, che attraverso un articolo ha segnalato la presunta gravità della cosa alla Federcalcio, la quale ha impugnato la sentenza. È dunque probabile che la sanzione sarà modificata e la curva chiusa per una partita.

Su questo tema si sono scontrati in questi giorni due schieramenti corposi. Secondo molti, soprattutto tra chi frequenta lo stadio, gli ululati a un giocatore di colore non sono razzismo, ma il modo migliore per innervosirlo e dunque per farlo giocare male. Allineati ai Sab ci sono, a occhio e croce, la maggioranza dei tifosi abituali del Monza e, forse, di calcio, almeno a giudicare dai commenti ricevuti dal sottoscritto a proposito dei fatti verificatisi domenica scorsa. In tanti hanno sposato il comunicato della curva Davide Pieri, dove si legge che “il razzismo non esiste nel calcio, quantomeno in quello italiano” e che “se il tifoso fosse razzista non accetterebbe nemmeno lo presenza di giocatori di diverse etnie nella propria squadra”. A supporto di tale tesi il fatto che nel Monza hanno militato parecchi giocatori di colore senza aver mai avuto problemi di discriminazione da parte dei supporters biancorossi. Persino l’allenatore della compagine brianzola, Antonino Asta, ha affermato l’altroieri che per lui “fare il verso ‘uhu’ a un giocatore di colore è come fischiare un giocatore di altra razza”. Secondo molti altri, tra cui il sottoscritto e credo la maggioranza, seppur non ampia, della gente comune, fischiare all’indirizzo dei giocatori bianchi e fare invece il verso delle scimmie nei confronti dei “colored” è discriminatorio, dunque razzista. In questo gruppo di pensiero inserisco il giocatore del Monza, Riccardo Ravasi, che, sempre l’altroieri, ha dichiarato: “Gli ululati non va bene farli, ma noi calciatori i fischi dobbiamo accettarli”. Peraltro, è risaputo che anche la punibilità di ululati, insulti e fischi divide gli italiani. C’è chi sanzionerebbe tutto, chi niente, chi qualcosa. Personalmente, a parte il razzismo, che è un tema piuttosto serio, che ha già causato immense tragedie per l’umanità, ritengo che lo stadio non sia un teatro (dove comunque è lecito fischiare… O prossimamente si passerà a chiudere il loggione della Scala di Milano per una rappresentazione?!?). Certo, gli insulti non saranno belli da udirsi, ma non è che in televisione il linguaggio che si sente sia particolarmente edulcorato, anche da parte di certi politici che poi magari sono gli stessi che legiferano sulla violenza, anche verbale, negli stadi…

Infine, la nostra Monza è razzista? Non mi pare che nessuno abbia ancora aperto per l’occasione questo fronte di discussione. Ciò nonostante qualcuno, allo scopo esclusivo di distinguersi dagli altri, si è scagliato contro coloro che hanno definito razzisti gli ululati di domenica. “Monza non è mai stata razzista” hanno affermato. Mi sembra ovvio che non saranno trenta ululati a far diventare una città razzista… Perché credo che Monza oggi non lo sia. La vita della città e l’amministrazione della cosa pubblica, seppur con diverse sfumature tra le forze politiche, direi che lo testimonia. Sul recente passato, quello del secolo scorso, lascio alla generazione dei miei genitori giudicare.