Dieci anni dalla strage di Nassirya: è ancora dolore, è ancora odore acre di sangue

12 novembre 2013 | 00:24
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Dieci anni dalla strage di Nassirya: è ancora dolore, è ancora odore acre di sangue

Oggi alle 18, nel Duomo di Monza, vi sarà una messa in commemorazione dei caduti di Nassirya

I Carabinieri avevano scelto la “Maestrale” e la “Libeccio”, nel cuore della città di Nassirya, per stare vicino alla gente, a contatto con i bisogni di un popolo che erano andati ad aiutare. Oggi è importante ricordare prima di tutto questo.

Donne che raccontano dai tabloid di alzarsi ancora al mattino e parlare da sole, come se il loro marito fosse ancora lì. Commilitoni che ricordano sui quotidiani di oggi l’odore acre e dolciastro di sangue e carne bruciata dopo l’esplosione. Sono queste le strazianti descrizioni che ancora oggi, a dieci anni dal maledetto 12 novembre di Nassirya, vivono nell’animo di chi c’era e di chi ha aspettato a casa, invano.

Erano le 10.40 del mattino (08.40 in Italia9, quando un camion cisterna color ruggine scuro, imbottito di esplosivo, scoppiò davanti la base MSU (Multinational Specialized Unit) italiana dei Carabinieri. Il Carabiniere Andrea Filippa, di guardia all’ingresso, intuendo in una frazione di secondo che il camion stesse puntando dritto la base, riuscì a sparare ed uccidere i due attentatori dal volto contorto in preghiere convinte ad Allah. Il camion non riuscì a varcare il confine interno della “Maestrale”, altrimenti il bilancio sarebbe stato inimmaginabile. La deflagrazione però, nonostante avvenuta alla sbarra del confine militare, scatenò l’esplosione del deposito munizioni della base e provocò la tragica morte di 28 persone, 19 italiani e 9 iracheni. Carabinieri italiani, militari italiani e la troupe del regista Stefano Rolla, un uomo solare, appassionato al suo lavoro “seguendo l’istinto” e che era sul posto proprio per girare uno sceneggiato sulla ricostruzione a Nassiriya da parte dei soldati italiani.

Chi si trovava in quelle basi aveva scelto di arrivare al cuore delle persone per cui era partito, non di stare lontano dalla città, più al sicuro. Erano lì per combattere, carabinieri e soldati, ma a colpi di sorrisi e aiuti umanitari, di pacche sulle spalle ai bambini e sostegno a chi avesse bisogno di loro. Certo, imbracciavano un fucile, come accade in ogni guerra e come è necessario per difendere la propria vita. E’ importante però raccontare la storia nel modo giusto. E’ importante che i bambini di oggi sappiano di chi è morto per cambiare il mondo, per parteciparvi almeno in minima parte. E’ importante che i bambini imparino che non sempre il soldato con il mitra è “il cattivo”. A volte lo è molto di più chi non ha il coraggio di combattere, ma si traveste da venditore d’acqua codardo nell’uccidersi, imbottito di tritolo.

(Oggi alle 18, nel Duomo di Monza, vi sarà una messa in commemorazione dei caduti di Nassirya)