Umilia e diffonde nel web il video hard della fidanzatina: condannato a pagare € 100mila

Innamorata, illusa, diffamata, umiliata e perseguitata. In queste cinque parole si riassume la vicenda di “Viola”, la 14enne monzese vittima della diffusione di un video piccante.
Innamorata, illusa, diffamata, umiliata e perseguitata. In queste cinque parole si riassume la vicenda di “Viola”, la 14enne monzese vittima della diffusione di un video piccante che aveva realizzato su richiesta del suo fidanzatino di 18 anni, nel 2012. Condannato a due anni ed otto mesi per aver indotto la minore a filmarsi ed aver diffuso le immagini su internet, il quasi ventenne non ha chiesto scusa e si è presentato in aula con un assegno da 1300 euro come “da tabella per sinistro stradale” (parole dell’avvocato della vittima).
«Siamo fieri di nostra figlia, vittima di un abuso terribile e poi linciata sulla pubblica piazza – dichiara il padre della 14enne – mia figlia è finita al centro di una persecuzione che prosegue ancora oggi, senza sosta. Inspiegabile». Era il marzo 2012 quando Viola iniziò a frequentare un ragazzo più grande di lei, maggiorenne da qualche mese e visto con gli occhi dell’innocenza il “bello e impossibile”. Invece quel ragazzotto dall’apparenza più matura si interessò proprio a lei, dalla voce d’usignolo, dal carattere forte ma allo stesso tempo non contaminato dall’esperienza adulta che insegna a vedere il pericolo. Viola, il cuore alle prime armi e la voglia di crescere, è felice. Quando però A.P. le domanda un video delle sue parti intime condito da ammiccamenti vari (quasi volesse uno spot pubblicitario ad personam per essere sicuro di aver scelto la ragazza “giusta”), lei tentenna. Telefona ad chi considera persona amica, coetaneo, e gli domanda se accettare la “prova d’amore” o meno. Dall’altro capo del filo del telefono un’altra voce immatura ma consapevole di far parte di un piano articolato, la convince ad accettare “perché a quelli più grandi non piacciono le …di legno, ne possono avere quante ne vogliono” (recita un sms estratto dal cellulare della vittima). Viola decide di accettare la posta in gioco, pensando però che le immagini sarebbero rimaste solo tra lei e A.P. Così non è stato. Con la complicità anche di un terzo ragazzo minorenne (ora indagato per la sola diffusione del materiale), il video della 14enne è diventato virale. Social Network, programmi di messaggistica, le immagini sono arrivate in tutta Italia. Il volto e l’intimità della ragazzina sono stati messi alla mercé di una generazione morbosa e talvolta cattiva, che ha reagito aggredendo la vittima e non il carnefice «Ci hanno devastato. E’ stato come tornare indietro nel tempo, una caccia alle streghe – spiega la madre di Viola – nostra figlia ci ha raccontato tutto il giorno stesso, appena le immagini hanno iniziato a girare. Ha consegnato il telefono a suo padre e siamo subito corsi a presentare denuncia. Abbiamo camminato a testa alta sempre. Siamo fieri di nostra figlia. Vogliamo che sappia di essere stata lei la vittima». A.P. è stato condannato il 5 novembre scorso a 2 anni ed otto mesi «Il ragazzo si è presentato in aula offrendo un risarcimento di 1300 euro – dichiara l’avvocato Roberta Succi, legale della famiglia della vittima – ha rilevato la cifra dalla tabella per sinistri stradali, credo. Un insulto. Non ha mai chiesto scusa». Nonostante siano state riconosciute responsabilità gravi ai tre giovani autori del raggiro prima e della diffusione del video poi, l’incubo di Viola non sembra finire «Continuano ad imbrattarci il muro di casa – conclude il padre della giovane – tempo fa lei mise on-line una cover cantata da lei. E’ brava, l’hanno vista a migliaia. Qualcuno ha scaricato la canzone, rifatto il video con immagini di questa squallida vicenda e l’ha ricaricato. Andiamo tutti da un consulente, che ringrazio pubblicamente. Siamo forti». Il Tribunale di Milano ha condannato Pitignolo a 100.000 euro di provvisionale alla famiglia di Viola. Risuona forte il vuoto delle scuse. Risuona forte la mancanza di educazione al rispetto della donna e del suo diritto di essere padrona del suo corpo, in un 2013 “moderno” dove basta un dito per diffamare e rovinare una vita.