Giovani brianzoli all’estero /3. Intervista a Laura Rondanin, social media e marketing manager

La terza tappa del nostro viaggio ci riporta negli States per parlare con Laura, che da gennaio vive a San Francisco e lavora in una start-up.
Laura Rondanin ha 26 anni e viene da Barlassina. Ora vive a San Francisco e lavora in una start-up.
Raccontaci in breve chi sei e cosa fai. «Sono laureata in Relazioni Pubbliche e Pubblicità alla IULM. 5 anni fa mi sono trasferita a Varazze (SV), dove ho lavorato in una libreria Mondadori. Poi la “wanderlust” ha vinto e sono partita. Vivo a San Francisco da gennaio, lavoro come Social media & Marketing manager in una mobile start-up, un piccolo team di tecnici e imprenditori riunitosi per sviluppare una app dedicata al mondo degli action sports».
Perché hai deciso di partire? «Il mio soggiorno a San Francisco doveva durare 3 mesi, ed aveva come obiettivo l’approfondimento dellalingua e una specializzazione in Business English, da concludersi con un internship. Conclusosi il primo internship ho avuto la possibilità di entrare in questo team e mi sono detta: “carpe diem”! Ho lavorato sodo, e sono stata ricompensata».
Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a scegliere la città dove ti trovi ora? Da quanto tempo ci vivi? «Nel 2011 feci un tour della west coast degli Stati Uniti, vidi San Francisco e ci lasciai il cuore. È diversa da New York, ha ritmi più lenti, è meno formale (non è strano vedere businessmen in pantaloncini e infradito), quasi europea. Ha una rete di trasporti eccezionale, ed è molto aperta: è bike friendly, pet friendly, gay friendly. Ogni quartiere è diverso dall’altro: l’apoteosi della multiculturalità. Parole come organic e local sono all’ordine del giorno, e la scena gastronomica spazia dal sempiterno burger & fries, all’eccentrico sushirrito (burrito di sushi), al tipico Clam Chowder: senza contare la cucina vietnaminta, filippina, messicana, etiope, coreana; c’è persino una focacceria ligure! È una città che ha risentito pochissimo della crisi economica, grazie al turismo e alla vicinanza con la Silicon Valley. Però viverci è costoso, e il clima è imprevedibile (la nebbia, invece, è quasi una costante)».
Pensi che il mercato del lavoro estero offra più possibilità rispetto all’Italia? Perché? «Sicuramente in città, dove il flusso di immigrazione/emigrazione è intenso, si vengono a creare più possibilità, però l’essere flessibili e la capacità di adattarsi giocano un ruolo fondamentale. Negli USA la situazione è particolarmente complicata: per lavorare occorre un visto specifico, ed è il datore di lavoro che “sponsorizza” il futuro impiegato per farglielo ottenere. Occorre dunque guadagnarsi la fiducia del datore di lavoro e dimostrare il proprio valore, oltre che rispondere a determinate caratteristiche. Generalmente non si viene negli Stati Uniti per cercare la strada più facile, la burocrazia è inclemente e le regole sono ferree, specialmente per noi immigrati. In altri Stati europei o in Australia è più semplice».
Secondo te, cosa manca in Italia? «In realtà io sono partita non per disperazione, ma per inseguire un sogno. Non sono particolarmente arrabbiata con l’Italia, o delusa dalla mancanza di opportunità: avevo semplicemente bisogno di cimentarmi in qualcosa di grosso e tentare di vincere un’altra sfida. L’America ai miei occhi era ed è tutto questo».
Avevi già vissuto all’estero in passato? «No. Ho fatto tre vacanze studio di 2-3 settimane durante il liceo e l’università, ma in così poco tempo non si fa in tempo ad abituarsi alla città che è già tempo di ripartire».
Pensi che tornerai in Italia prima o poi? «Questa è la domanda da un milione di dollari a cui non so rispondere!»
Una domanda provocatoria: andare via non equivale forse a scappare? È una soluzione di comodo? «No. L’America per me è stata una scelta, non l’ultima spiaggia. Ho deciso io se e quando mollare tutto e fare i bagagli».
Sei iscritto all’AIRE, l’Anagrafe Italiani Residenti Estero? «No. Al tempo della partenza avevo però segnalato il mio viaggio al Ministero degli Affari Esteri, al sito dovesiamonelmondo.it».
Raccontaci qualcosa di negativo e qualcosa di positivo che ti è successo nella tua “nuova” vita. «Negativo (ma con conclusione positiva): mesi fa in un negozio mi rubarono lo zaino, appoggiato per terra accanto a me. La negoziante chiamò la polizia, che localizzò il mio iPhone e mi recuperò lo zaino intatto. Positivo: non ho mai guidato né avuto moto o motorini, ma qui ho scoperto questa passione: ho fatto la patente per i ciclomotori e ora non faccio più la pendolare sul tram!»
Hai incontrato molti italiani e/o altri immigrati? Che rapporto si instaura tra voi stranieri e la gente del posto? «Durante i primi mesi soggiornavo in un residence per studenti, e avevo amici di tutte le nazionalità. Purtroppo li ho visti ripartire tutti: San Francisco è la meta prediletta degli studenti, che però non rimangono a lungo. Insomma, le amicizie sono brevi ma intense! A Giugno mi sono trasferita in un quartiere tranquillo vicino a Twin Peaks e ho due coinquilini americani, quindi, per fortuna o per sfortuna, italiani ne vedo pochissimi al momento. San Francisco ha una “little Italy”, che i locali e i turisti adorano, ma lì non mi sento “a casa”, nonostante le bandierine tricolore appiccicate ai lampioni, l’odore di soffritto e i tavolini sul marciapiedi. I San Franciscans nati e cresciuti in città sono rari, la popolazione è varia, e nessuno è fuori posto. Scherzo sempre sul fatto che i turisti si distinguono per la cartina in mano e l’abbigliamento sbagliato, pantaloncini quando fa freddo e cappotti quando fa caldo».
Che consiglio daresti a chi vorrebbe partire (e magari non sa se farlo)? «Prima di tutto, non partire allo sbaraglio e raccogliere informazioni: sia che si tratti di un soggiorno temporaneo o di una soluzione a lungo termine, è bene pianificare, almeno per i primi tempi. È bene anche avere dei punti di riferimento (un alloggio prenotato in anticipo, un aggancio per un lavoro, una scuola per migliorare la lingua, un amico che vive lì) per evitare il senso di smarrimento che inevitabilmente si mescola all’eccitazione dei primi mesi. Poi, fare i biglietti aerei con la data di ritorno “aperta” così si eliminano i vincoli. Infine, viaggiare da soli: è più facile fare amicizie e godersi i dettagli del viaggio. Una volta sul posto, i siti web più utili sono Craigslist.com per vendere/comprare/affittare/lavorare, Yelp.com per trovare un ristorante/bar/pub/club/locale, e Meeutup.com, che non è un sito di incontri, ma elenca tutti i “get-together” (cioè i punti di incontro) nella zona, suddivisi per tema».
by G.S.
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