A Monza interessano i clandestini: sabato sala gremita all’Urban Center

28 gennaio 2014 | 10:03
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A Monza interessano i clandestini: sabato sala gremita all’Urban Center

Una serata che Monza non dimenticherà, quella di sabato 25 gennaio quando all’Urban Center di Monza si è svolto il dibattito ‘Clandestino chi?’. Sala gremita dalle 18.30 a mezzanotte, ovvero per tutta la durata dell’evento.

Una serata che Monza non dimenticherà, quella di sabato 25 gennaio quando all’Urban Center di Monza si è svolto  il dibattito ‘Clandestino chi?’. Sala gremita dalle 18.30 a mezzanotte, ovvero per tutta la durata dell’evento.

Organizzato dalle associazioni Paciamoci onlus e Arci Scuotivento Monza con il patrocinio e il contributo del Comune (le ‘famose’ mille euro su cui la Lega Nord aveva  polemizzato nei giorni precedenti all’evento, cosa che in fin dei conti ha probabilmente contribuito a riempire la sala di monzesi e non), attraverso l’appoggio del vicesindaco e assessore alle politiche sociali Cherubina Bertola, l’evento ha previsto la proiezione iniziale del forte e contundente ‘La vita che non CIE’, serie di cortometraggi della regista Alexandra D’Onofrio dedicati alla difficile realtà dei migranti che finiscono nei Centri di identificazione ed espulsione sparsi lungo tutta l’Italia, luoghi di detenzione amministrativa che spesso però si rivelano di fatto delle prigioni lesive della dignità umana, come tra l’altro la cronaca riporta in questi stessi giorni (è di ieri la notizia dei 13 stranieri che si sono cuciti la bocca al Cie di Roma come segno di protesta per la loro condizione, qui un video).

Dopo un breve scambio di battute tra l’autrice e il pubblico, un buffet preparato da donne italiane e immigrate ha colmato l’attesa per  l’incontro serale (preceduto da una breve ma intensa performance di Teatro dell’oppresso della compagnia multietnica Fandema), alla presenza di Gabriele Del Grande, giornalista, scrittore e fondatore dell’Osservatorio Fortress Europe (fortresseurope.blogspot.com), che da otto anni tiene il conto di tutte le stragi di migranti avvenute nel Mar Mediterraneo, Savino Pezzotta, ex segretario generale della Cisl e oggi presidente di Cir onlus, Consiglio italiano per i rifugiati, e Franca Parizzi, da tre anni assessore a Politiche sociali, salute e accoglienza presso il Comune di Lampedusa e Linosa, dopo una vita passata nella nativa Monza, lavorando come medico dell’ospedale San Gerardo. Complice un aereo che proprio non voleva da partire dall’isola (“ho atteso 25 ore”, ha esordito), Parizzi si è presentata in sala giusto in tempo per prendere posto mentre l’assessore Bertola terminava i propri saluti alla cittadinanza: “Sono orgogliosa della grande partecipazione dei monzesi a questo incontro, perché significa che su certi temi sociali e che dividono l’opinione pubblica c’è profondo interesse, se affrontati sui contenuti come gli enti promotori hanno voluto chiarire fin da subito. In questo senso, l’impegno del Comune sul tema delle migrazioni non si fermerà qui”, ha anticipato il vicesindaco alludendo a iniziative future, legate anche alle associazioni multiculturali della città.

Perché i migranti, ‘clandestini’ (termine su cui si è ritornati più volte nella serata, sottolineandone l’uso spesso scorretto da parte di tutti, dato che è una condizione temporanea della persona che invece finisce per essere usato in senso dispregiativo come sinonimo di ‘delinquente’, quando invece nella maggior parte dei casi queste persone non hanno compiuto nessun reato a parte quello controverso, e in questi giorni parzialmente abrogato dal Senato, di ‘immigrazione clandestina’), vengono in Italia e in Europa? Chi sono, da dove vengono? E soprattutto, sanno che c’è la crisi economica? Se apriamo le frontiere, avverrà l’invasione di disperati dall’Africa? Tante, profonde e senza buonismi di sorta le domande proposte ai relatori dal moderatore Daniele Biella, giornalista della testata nazionale del sociale Vita (www.vita.it) e volontario di Paciamoci onlus, e dal pubblico.

“Non ci sarà nessuna invasione, anzi il numero di migranti economici si è già dimezzato negli ultimi anni, notizia che dovrebbe trovare più spazio nei telegiornali. Così come quella che coloro che arrivano oggi attraverso il mare sono in gran parte profughi in fuga da guerre e persecuzioni”, ha ribadito più volte Del Grande, tornato pochi mesi fa dalla Siria, dove ha vissuto sotto le bombe per raccontare la guerra civile in corso, e con all’attivo numerosi viaggi tra Libia, Tunisia ed Egitto proprio per vedere da vicino, e raccontare, i luoghi di partenza dei barconi che raggiungono le nostre coste. “Perché non cambiamo totalmente la prospettiva, e cominciamo a parlare di effetti positivi dell’immigrazione?”, sollecita poi Pezzotta, che porta l’esempio “del sindaco di New York, figlio di italiani emigrati negli Stati Uniti senza nulla da perdere, proprio come stanno facendo le persone che arrivano in Italia. Che spesso vorrebbero essere solo di passaggio, ma il regolamento europeo Dublino II obbliga la permanenza nel paese d’approdo, che spesso è l’Italia”. L’ex sindacalista si e soffermato molto sulle attuali politiche migratorie “inefficaci e da cambiare, perché generano allarme sociale ma non si concentrano sulle soluzioni, che ci sono, una delle quali è la creazione un canale umanitario attraverso le ambasciate, per far arrivare le persone nel paese di destinazione senza essere vittime della tratta in mare”.

spesa trasparenteCommossa ma basata su racconti reali, infine, la testimonianza dell’assessore di Lampedusa, che ha vissuto in prima persona la tragedia dello 3 ottobre 2012, quando morirono annegate almeno 366 persone, soprattutto eritree, e quella dell’11 ottobre, con 250 siriani che hanno perso la vita. “In questi anni abbiamo conosciuto direttamente chi arriva, non ho mai trovato persone scorrette o addirittura portatrici di malattie come si dice, noi li invitiamo nelle nostre case, voi al nostro posto fareste probabilmente lo stesso. Si parla tanto dei lampedusani come persone splendide alle quali dedicare addirittura il premio Nobel per la pace, ma a noi questo non interessa granché”, ha detto Parizzi in uno dei vari interventi, “il punto è un altro: chiunque, di fronte a una tragedia, simile, si sarebbe rimboccato le maniche e avrebbe tentato di salvare più persone possibili. Perché soprattutto in quei momenti, non ti interessa per nulla il colore della pelle  la provenienza di quelle persone: sono tuoi fratelli, e il tuo dovere morale è aiutarli, perché potresti trovarti tu in quelle condizioni”. Anche lei ha sottolineato l’urgenza del “corridoio umanitario e della chiusura dei Cie, a fronte di politiche, soprattutto per l’accoglienza dei profughi (come dispone l’articolo 10 della Costituzione italiana), di flussi regolari e distribuiti, per esempio, nei singoli Comuni d’Italia, così che essi possano gestire al meglio anche i rapporti tra nuovi arrivati e comunità locale”.

A mezzanotte, la chiusura dell’iniziativa. “Come organizzatori siamo completamente soddisfatti: si è parlato di cose concrete senza retorica, si sono forniti dati che spesso i mass media non riescono a dare, si sono affrontati a viso aperto i tabù e le nostre paure: alla luce di tutte queste informazioni e delle testimonianze, ognuno di noi può poi formarsi l’opinione che vuole, sicuramente con più elementi su cui ragionare”, ha specificato il moderatore della serata. Sulla pagina facebook delle due associazioni, Paciamoci https://www.facebook.com/PaciamociOnlus?ref=hl  e Scuotivento https://www.facebook.com/ArciScuotivento?fref=ts, il giorno dopo è stata pubblicata la ‘spesa trasparente’ per l’evento, esposta anche durante la serata. Tra le varie voci, la cifra spesa per il buffet (da cui era partita la polemica dei giorni precedenti) è stata di 100 euro: divise per i 120 presenti in quel momento, fanno 0,83 centesimi a testa. Un investimento culturale che, tutto sommato, il Comune si può permettere, a fronte di una sala piena di gente. Anche in tempo di crisi.