Lissone, provincia dell’Himalaya. Ammainata (ancora) la bandiera del Tibet

4 marzo 2014 | 00:34
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Lissone, provincia dell’Himalaya. Ammainata (ancora) la bandiera del Tibet

Per la quarta volta in due anni si è issata sui pennoni del palazzo lissonese la bandiera del Tibet. Cosa c’è dietro?

Lissone e Lhasa, principale città del Tibet, regione dell’Asia Centrale nota per le altitudini proibitive su cui è abbarbicata, hanno davvero poco da spartire. Solo una bandiera, è proprio il caso di dirlo, in comune. Quella che per la quarta volta in due anni si è issata sui pennoni del palazzo lissonese e che ha visto per l’ennesima volta la rimozione da parte di dipendenti comunali. Il Listone, blog di maggioranza, propone di mettere all’asta i drappi. Intanto, ci si interroga – tra il serio e il faceto – sugli autori del gesto.

C’è chi parla ironicamente di uno yeti e chi, meno ironicamente, rispolvera mai sopiti dissapori politici. La precedente amministrazione leghista, guidata da Ambrogio Fossati, fece sventolare per anni, accanto alle bandiere italiana, europea e lombarda, il colorato vessillo tibetano, che fungeva da termine di paragone, nelle intenzioni della giunta leghista, tra le istanze autonomiste del Tibet, occupato militarmente e drammaticamente dalla Cina, e la sete di emancipazione padana.

Concetta Monguzzi, sindaco di centrosinistra, ammainò la bandiera. Tornata a sventolare, per pochi minuti, nello scorso fine settimana. «Con il sostanzioso ricavato della vendita all’asta dei quattro vessilli tibetani si finanzierà una pensione integrativa per ex amministratori che non possono permettersi di andare a giocare a bocce come fanno tutti i pensionati normali». Questa la chiosa alvetriolo del Listone.