Contratto di rete: una nuova forma di cooperazione tra imprese

1 maggio 2014 | 10:15
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Contratto di rete: una nuova forma di cooperazione tra imprese

Una nuova tipologia di contratto di impresa finalizzato a consentire a più imprese di collaborare tra di loro per il perseguimento di obiettivi comuni.

L’art. 3, comma 4 ter, del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5 (cd. “Decreto incentivi”), ha introdotto nel nostro ordinamento la figura del cd. contratto di rete, una nuova tipologia di contratto di impresa finalizzato a consentire a più imprese di collaborare tra di loro per il perseguimento di obiettivi comuni, usufruendo di incentivi ed agevolazioni fiscali, senza tuttavia perdere la propria autonomia giuridica e patrimoniale.

La disciplina di questo contratto ha subito in questi anni, continue rettifiche e modifiche, le più recenti delle quali con il cd. “Decreto sviluppo” (art. 45 D.L. 22 giugno 2012, n. 83) e con il cd. “Decreto sviluppo bis”

(D.L. 18 ottobre 2012, n. 179).
Questo modello contrattuale è stato concepito soprattutto per le piccole e medie imprese, in qualche modo “formalizzando” – in una figura contrattuale tipizzata – le varie forme di interazione già esistenti nella prassi tra le imprese e finalizzate a migliorare la loro competitività sul mercato, anche alla luce della internalizzazione dei mercati e delle sfide portate sul territorio dalle imprese multinazionali.

Questo tipo di contratto si rivolge in particolare alle realtà economiche presenti nei cd. distretti industriali

– istituiti con la Legge n. 317/1991, poi modificata dalla Legge n. 140/1999 – territori nei quali si trova una grande concentrazione di piccole e medie imprese specializzate – anche in fasi differenti del processo produttivo – nello stesso settore, imprese integrate fra di loro da relazioni economico-sociali e profondamente legate con le comunità locali (si pensi al distretto del mobile della Brianza, al distretto della calzatura della riviera del Brenta o al distretto della ceramica di Sassuolo, per citarne alcuni).

Come precisato dall’art.3, c. 4 ter, del DL 5/2009, la normativa sul contratto di rete si prefigge, per gli imprenditori che ne sono parte, “lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato”: innovazione tecnologica e competitività commerciale sono dunque lo scopo ultimo di questa figura contrattuale .

I. Schema e forma del contratto

Il contratto di rete ha una struttura aperta e le modalità di adesione di nuovi imprenditori sono contenuti essenziali del contratto ai sensi del comma 4-quater, dell’art. 3. Il contratto di rete è un contratto a forma vincolata, poiché deve essere redatto per atto pubblico, per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente e deve essere iscritto nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante alla rete.

II. I contraenti del contratto di rete

Ma a chi si rivolge questa nuova figura contrattuale ? Il D.L. 5/2009, nel fornire la definizione del contratto di rete, fa espresso riferimento alla nozione di imprenditore: in applicazione della disciplina dettata dall’art. 2082 del c.c. per questa figura, parti del contratto di rete potranno pertanto essere tutte le imprese, individuali o collettive, grandi, medie o piccole, quelle commerciali, agricole e artigiane. Non solo: la norma consente di essere parti del contratto di rete anche agli enti pubblici purché abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di un’attività di impresa. Ne sono rimasti esclusi invece, non senza critiche, i professionisti e gli enti di ricerca. L’impresa risulta essere pertanto uno degli elementi di tipicità del contratto.

III – Oggetto del contratto di rete

Con il contratto di rete, più imprenditori – che sono e restano autonomi – si obbligano, “sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme ed in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’esercizio della propria impresa” (comma 4-ter, art. 3). In sostanza, si può dire, il contratto deve, da una parte, predeterminare e definire il piano economico e/o commerciale che ci si prefigge di realizzare, e, dall’altra, specificare le obbligazioni che le imprese contraenti si obbligano a prestare per realizzare quel programma e che possono consistere in: 1) una collaborazione; 2) uno scambio di informazioni o prestazioni; 3) l’esercizio comune di una attività. Per collaborazione, che non ha una definizione legale, deve intendersi ogni attività di lavoro comune e non occasionale per il raggiungimento di un determinato obiettivo e finalizzato comunque al programma della rete: si pensi all’attività di coordinamento per ottenere migliori rapporti con l’esterno (come i controlli di qualità) o attività complementari per aumentare le proprie potenzialità (si pensi all’unione di risorse in vista di un appalto). Lo scambio di informazioni e prestazioni può andare da quelle meramente commerciali a quelle di carattere tecnologico e di innovazione o all’attività di ricerca, scambi finalizzati ad assicurare una maggiore coordinazione, oltre che economie di scala, fra i vari segmenti della filiera produttiva. Nella nozione di esercizio in comune di una attività, che è stata la prima introdotta dal legislatore, che solo successivamente ha aggiunto le altre sopra descritte, di fatto rientra la nozione di collaborazione.

IV – Fondo patrimoniale

Il contratto di rete può prevedere, accanto ad elementi essenziali – quali la definizione del programma, delle obbligazioni delle parti contraenti, della durata ecc. – anche elementi facoltativi tra i quali si segnalano, per importanza, la previsione di un fondo comune e la istituzione di un organo comune di gestione. Lo stesso decreto prevede che, ove previsto, al fondo della rete si applichino le norme dettate dal codice civile, agli art. 2614 e ss., per i fondi consortili: per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al programma di rete, i terzi possono far valere i loro diritti solo sul fondo comune e non sul patrimonio dei contraenti della rete.

V – Incentivi

La realizzazione di una rete d’imprese consente di beneficiare di alcuni incentivi fiscali e economici, primo fra tutti l’estensione alla rete delle misure di promozione già previste per i soli distretti industriali dalla Legge Finanziaria del 2006. Il Decreto Legge n. 78/2010 (poi convertito) ha poi previsto una sospensione d’imposta per le imprese che versano parte dei loro utili nel fondo comune per investimenti relativi al programma di rete.