Palestina e Israele: l’intervista al console Hani Gaber

29 settembre 2014 | 00:19
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Palestina e Israele: l’intervista al console Hani Gaber

Nato in Palestina, ma da più di quarant’anni in Brianza, Hani Gaber, console rappresentante per il nord italia della Palestina, ci ha voluto parlare della sua terra.

Nato in Palestina, ma da più di quarant’anni in Brianza, Hani Gaber, console rappresentante per il nord Italia della Palestina, ci ha parlato della sua terra.

Dopo i terribili scontri di questa estate, Israele e Palestina sono nuovamente al centro delle trattative della diplomazia internazionale. Il 26 settembre Al Cairo si discuterà nuovamente del cessate il fuoco fra i due paesi e si cercheranno nuove soluzioni per coltivare la pace nei due paesi.

Come ha vissuto gli scontri di questa estate nella Striscia di Gaza?

Eravamo tutti angosciati per quanto stava accadendo. Ogni giorno c’era un vero e proprio massacro: alla fine sono morti quasi 2300 palestinesi, di cui 600 bambini. Il 90% dei morti erano civili, il che dimostra come gli attacchi da parte di

Israele non puntavano obiettivi militari ma civili.

Quali sono le colpe di Israele e quali quelle della Palestina in questa guerra?

Quanto avvenuto non la chiamerei guerra: da una parte c’è una popolazione oppressa e occupata, quella palestinese, che tenta in tutti modi di ribellarsi per avere più libertà. Dall’altra parte c’è Israele che ha occupato negli anni quasi tutti i territori palestinesi. L’errore dei palestinesi è stato solo di cadere nelle provocazioni di Israele scatenando, come appena successo, una rappresaglia: al lancio di un razzo, Israele risponde con un massacro colpendo anche scuole, ospedali.

Crede che Hamas sia un problema per la pace in Palestina?

Hamas fa parte del popolo palestinese e ha vinto democraticamente le elezioni come riconosciuto dalla comunità internazionale. La stessa comunità però ha fatto un errore istituendo l’embargo che ha messo a dura prova tutta la popolazione che si trova in grande difficoltà. Il 26 settembre chiederemo lo stop all’embargo, apertura dai valichi di frontiera e la riapertura dell aeroporto, oltre alla possibilità di pesca fino a 12 miglia dalla costa. I palestinesi, soprattutto i più giovani, devono poter avere speranza nel futuro all’interno della loro terra.

Anche per lei è difficoltoso tornare a “casa” in Palestina?

Sono nato a Ramallah e tornavo spesso in patria ma negli ultimi tempi è molto difficile tornare in Palestina. L’ultima volta che ho provato a tornare sono stato bloccato alla frontiera: la striscia di Gaza e i territori della Cisgiordania sono diventati delle vere e proprie prigioni dove i palestinesi non possono ne entrare ne uscire. Tutto ciò deve finire, aprendo le frontiere e dando possibilità di lavoro a chi abita li: dobbiamo evitare che i palestinesi abbandonino la propria terra, di fatto facendo un favore agli israeliani che dal dopo guerra ad oggi hanno “rinchiuso” i palestinesi in un territorio pari al 12% dell’intera Palestina.