Monza, slot machine e giovani: uno studio rivela una fatto da non credere

Uno dei dati emersi dal sondaggio “Full immersion- non giochiamoci la vita” è che i giovani ritengono il gioco d’azzardo uno svago, ma il dato preoccupante sarebbe un altro…
La maggioranza degli studenti considera il gioco d’azzardo un vizio o uno svago: solo il 26,7% ne percepisce la potenziale pericolosità. E’ uno dei dati emersi dal sondaggio “Full immersion- non giochiamoci la vita” effettuato dalla cooperativa Spazio Giovani di Lissone in sette istituti superiori della Provincia di Monza e Brianza in 23 classi del terzo e quarto anno. Sono stati intervistati più di cinquecento studenti e validati 463 questionari attraverso un questionario strutturato di 28 domande a risposta multipla. I dati del sondaggio, che fa parte di un progetto più ampio dal titolo “Fate il vostro gioco – a volte smettere rende in-dipendenti”, sono stati presentati in un convegno all’Urban Center il 4 novembre.
Spazio Giovani è partito dal fatto che in Itali,a ad oggi, non è stimabile la dimensione del fenomeno del gioco d’azzardo tra i giovani in particolare tra i 15 e i 21 anni. Per questo il campione è stato interpellato in un’ottica educativa e preventiva ma anche rispetto ala percezione culturale che gli studenti hanno sul gioco d’azzardo e sui prodotti che il mercato mette a disposizione.
Alla domanda se ritieni che il gioco d’azzardo sia svago, vizio o malattia, è risultato che il 70% dei maschi maggiorenni considerano il gioco d’azzardo un vizio mentre quasi il 40% delle femmine lo considerano una malattia. “Quasi nessuno – dichiara Anna Biffi coordinatrice del progetto di Spazio giovani – considera il gratta e vinci un gioco d’azzardo e fra i tipi di gioco proposti il “gioco al casinò” è quello maggiormente identificato con l’azzardo (8,8%), più delle slot machine (5,7%) più dei giochi in sale gioco. Questo dato accresce il pericolo di agire comportamenti scorretti, proprio perchè più lontana la percezione del potenziale pericolo. Considerato il target, va segnalato il dato delle scommesse in case private o sale scommesse che si avvicina al dato delle slot e supera quello del gioco on line”.
Alla domanda quanti soldi spendi alla settimana per varie attività (shopping, cellulare, sigarette, alcolici etc) una percentuale significativa di ragazzi spende da 1 a 10 euro alla settimana per schede Snai, slot e simili. Un consumo che si posiziona al quarto posto dopo cellulare, shopping e alcolici. Alla domanda hai mai comprato un gratta e vinci sono maschi (81,8%) e femmine maggiorenni (78,1%) che risultano i maggiori consumatori. Un dato che, secondo gli esperti di Spazio Giovani, interroga il comportamento degli adulti “Il quesito sui media – continua Anna Biffi – consente di entrare nelle contraddizioni istituzionali che caratterizzano il fenomeno del gioco d’azzardo nel nostro paese. Più del 90% degli studenti sente la pressione a giocare esercitata dai media e lo fa, potremmo dire, in modo “compatto” la totalità del campione. Questa infatti è stata l’unica domanda a cui hanno risposto tutti i 463 intervistati. Quasi l’80% sente la pressione dei media come moderata o eccessiva. Fra questi quasi il 40% dei maschi maggiorenni percepiscono come eccessiva la pressione mediatica. L’ipotesi che ci sentiamo di avanzare è che siano loro il principale target individuato dai produttori di gioco d’azzardo e quindi dei media”.
Secondo i risultati del sondaggio oltre il 45% dei ragazzi segnala una frequentazione con il gioco da parte di amici più di una volta alla settimana. I luoghi di gioco preferiti dagli studentisono tabaccherie, edicole e rivendite di vario tipo (41,7%) che non vengono da loro identificati come pericolosi. In evidenza anche il dato sulle scommesse che interessa più del 20% del campione. Tra chi dichiara di giocare risulta che oltre il 15% gioca da tutti i giorni a 1 o 2 volte alla settimana. Un comportamento a rischio. Il 4% degli studenti che giocano spende fino a 30 euro al mese e lo 0,9% anche di più. Circa 13 studenti su 230 hanno utilizzato soldi destinati al pranzo, all’autobus o ad altri bisogni per giocare. Di questi l’8,5% sono maschi minorenni. “Le persone con dipendenza da gioco che si rivolgono al nostro servizio – spiega Maurizio Resentini, direttore del Dipartimento Dipendenze Asl Mb – sono ancora poche rispetto al numero generale di chi soffre di altre dipendenze. L’anno scorso abbiamo seguito 180 soggetti che avevano una dipendenza pura da gioco d’azzardo contro i circa 3500 con altre dipendenze che avevamo in carico. Su questa cosa gioca l’evoluzione naturale della dipendenza, perché finché una persona non è ridotta alla miseria o non ha un problema continua a giocare; ma c’è anche una sorta di vergogna, di resistenza ad ammettere che uno gioca sia da parte del giocatore sia da parte dei familiari che poi vanno a chiedere un aiuto economico senza focalizzare che il problema è il gioco d’azzardo. Il gioco d’azzardo non è una scoperta di oggi. Quello che è cambiato sono i nuovi giochi diffusi ovunque e il massiccio martellare sui mezzi di comunicazione del gioco d’azzardo lecito. L’estrema disponibilità favorisce l’afflusso sempre maggiore di nuovi giocatori con il rischio di un aumento di dipendenza. I soggetti che si rivolgono alla Asl di solito sono persone che si sono rovinate con le slot machine, pochi con i giochi online e qualcuno che si è rovinato con il vecchio casinò. La fascia d’età più rappresentativa è quella intorno ai 45 anni. Solo due persone sotto i 21 anni si sono rivolte a noi. Un fenomeno che osserviamo ultimamente è poi il picco dopo i 65 anni. Sono persone che o per solitudine o per integrare la pensione ,si danno al gioco. Per questo per noi è importante costruire una rete di supporto per intercettare le varie fasce coinvolte dal fenomeno della dipendenza da gioco” .
Per Marco Diotti Dell’Associazione No Slot “ Il problema della dipendenza da gioco nasce circa 10 anni fa ma si estremizza negli ultimi due anni. E’ legato alla crisi e soprattutto al fatto che il gioco è uscito dai confini in cui credevamo fosse stato confinato. Da quando l’offerta di gioco con denaro si presenta in ogni luogo di incontro o di scambio, di commercio, come tabaccherie o bar, il gioco è diventato a volte, la fonte primaria di guadagno di quell’esercizio commerciale e il problema è esploso. Possiamo affermare che il gioco è stato offerto nel momento in cui le persone erano più vulnerabili per la crisi e in un modo in cui non avrebbe dovuto essere offerto, cioè diffuso in modo capillare sul territorio. E non coinvolge solo persone in stato di indigenza ma tocca tutti. Il cuore del problema ormai, si può dire, è di natura esistenziale, valoriale. E’ una spirale che coinvolge tutti. La prevenzione in questo caso dovrebbe dare ai ragazzi gli strumenti per essere tecnologicamente consapevoli di quanto stanno facendo. Dall’altra parte va arginata l’eccessiva offerta. Bisogna scardinare l’offerta non solo dal punto di vista spaziale ma anche temporale. Non si può giocare 24 ore su 24 in ogni luogo. Con un attività di contenimento anche l’attività di prevenzione può risultare più efficace. Molte regioni, tra cui anche la Lombardia, si stanno muovendo per mettere in luce la contraddizione fondamentale che sta alla base del mercato del gioco: lo Stato è il principale attore. Si pensi al paradosso per cui lo Stato, che dà le concessioni per il gioco, impone ai concessionari l’obbligo di fare pubblicità. Ci sono però esperienze estere che dimostrano che, se la presa di coscienza del fenomeno e la determinazione ad arginarlo parte dai territori, è possibile, se non bloccarlo, perlomeno contenerlo. E’ arrivato il momento di alzare la voce”.
MAURIZIO RESENTINI: “Le persone con dipendenza da gioco che si rivolgono al nostro servizio sono ancora poche rispetto al numero generale di chi soffre di altre dipendenze. L’anno scorso abbiamo seguito 180 soggetti che avevano una dipendenza pura da gioco d’azzardo contro i circa 3500 con altre dipendenze che avevamo in carico. Su questa cosa gioca l’evoluzione naturale della dipendenza, perché finché una persona non è ridotta alla miseria o non ha un problema continua a giocare; ma anche una sorta di vergogna, di resistenza ad ammettere che uno gioca sia da parte del giocatore sia da parte dei familiari che poi vanno a chiedere un aiuto economico senza focalizzare che il problema è il gioco d’azzardo. Il gioco d’azzardo non è una scoperta di oggi. Quello che è cambiato sono i nuovi giochi diffusi ovunque e il massiccio martellare sui mezzi di comunicazione del gioco d’azzardo lecito. Una volta invece il gioco d’azzardo aveva dei contesti ben precisi come il casinò. L’estrema disponibilità favorisce l’afflusso sempre maggiore di nuovi giocatori con il rischio di un aumento di dipendenza. I soggetti che si rivolgono alla Asl di solito o sono persone che si sono rovinate con le slot machine, pochi con i giochi online e qualcuno che si è rovinato con il vecchio casinò. La fascia d’età più rappresentativa è quella intorno ai 45 anni. Solo due sotto i 21 anni: un fenomeno che osserviamo ultimamente è poi il picco dopo i 65 anni. Sono persone che o per solitudine o per integrare la pensione si danno al gioco. Per questo per noi è importante costruire una rete di supporto per intercettare le varie fasce coinvolte dal fenomeno della dipendenza da gioco” .