Intervento salvavita per la cardiomiopatia ipertrofica, riconoscimento al Policlinico di Monza

I risultati delle ricerca sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista “The journal of the American College of Cardiology”.
Correre e non avere fiato, non poter uscire e vivere una vita normale. Praticare attività agonistica e morire all’improvviso senza aver mai saputo di soffrire di patologia cardiaca. Sono queste le conseguenze della cardiomiopatia ipertrofica, per la quale il centro per il trattamento di questa patologia del Policlinico di Monza ha trovato una tecnica chirurgica innovativa e salvavita.
Grandi sorrisi e respiri profondi, dopo mesi o anni di affaticamento e debilitazione, si vedono sui pazienti operati al Policlinico di Monza e presenti ieri alla presentazione della tecnica che ha salvato loro la vita, in occasione del suo riconoscimento a livello internazionale grazie alla pubblicazione della ricerca sul “The journal of the American College of Cardiology”.
La prestigiosa rivista di cardiologia ha pubblicato i risultati di questa tecnica straordinaria che ripara le alterazioni della valvola mitrale ed elimina l’ostacolo all’uscita del sangue dal cuore nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva. Questa patologia, di origine genetica, di fatto fa ingrossare le pareti del cuore e ne pregiudica il funzionamento. Molte delle persone che soffrono di questa malattia fin dalla giovane età ne ignorano l’esistenza, alcuni, soprattutto atleti, muoiono senza che questa sia stata diagnosticata. Oggi, con la nuova tecnica messa a punto nel centro di eccellenza monzese, è possibile tornare ad avere una vita normale.
«Sono fiero che questa eccellenza sia sul nostro territorio, qui arrivano pazienti da tutta Italia – spiega il direttore generale di Als Monza e Brianza Matteo Stocco – quando un giovane muore per una tale patologia è una tragedia, questo centro è eccellenza europea e salvavita».
La ricerca e la nuova tecnica chirurgica porta due firme illustri, la prima è quella del Dott. Paolo Ferrazzi, direttore del Centro della Cardiomiopatia Ipertrofica del Policlinico «E’ stato un lavoro lungo e difficile, ma ottenere la validazione internazionale è stato per noi un grande percorso di crescita – dichiara il professore – questa innovazione deve essere uno stimolo per i giovani, a che credano nelle loro intuizioni e si buttino a capofitto nella ricerca. Questa tecnica va diffusa, non deve rimanere solo da noi ed è per questo che la insegniamo ai giovani medici che studiano con noi grazie al progetto internazionale». Co-autore della pubblicazione è il Dott. Paolo Spirito, Direttore della Cardiologia dell’Ospedale Galliera di Genova «questo intervento permette di riparare la valvola senza sostituirla con una protesi meccanica – spiega – quindi diminuisce complicazioni legate alle protesi. E’ importante per questa patologia la diagnosi. Non sempre evidente perché molti pazienti sono asintomatici fino ad un certo punto. Negli sportivi i controlli sono più assidui, ma per comprendere la presenza della cardiomiopatia, oltre ad un elettrocardiogramma, è necessario un cardiologo preparato che sappia individuarla».
Pietro, 57 anni di Roma, Salvatore, 41 anni dalla Sicilia, Maria Antonietta, 65 anni anche lei da Roma ed Ermanno, 49 anni da Torino, sono stati recentemente operati al Policlinico e stanno bene. Hanno scoperto questa patologia nei modi più disparati. «Ho fatto un checkup con il Fasi per i dirigenti, e mi hanno scoperto la cardiomiopatia. Sono stato operato una settimana fa e sto bene. Sono stato fortunato, ho sempre fatto molto sport e non mi sono mai accorto di nulla quando avrei potuto morire di colpo».
Maria Antonietta, ex dirigente comunale di Roma, invece soffriva da anni «Ho avuto una polmonite ed ero in sovrappeso, per questo per anni il mio medico curante ha imputato debolezza e affaticamento a degli strascichi – racconta – poi un giorno lui era assente e mi ha visitato il sostituto, è stato lui a dirmi che dovevo farmi vedere il cuore. Dal Policlinico Umberto Primo di Roma mi hanno consigliato di venire a Monza, dal dottor Ferrazzi, ed eccomi qui».