Cirami, assolto per la passerella ciclopedonale: intervista

24 giugno 2016 | 12:01
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Cirami, assolto per la passerella ciclopedonale: intervista

Assoluzione con formula piena per Alfio Cirami “la mia vita cambiata per sempre per accuse infondate”.

Assolto perchè il fatto non sussiste Alfio Cirami, ex Project Manager di Impregilo accusato a vario titolo insieme ad altre quattro persone per attentato alla sicurezza dei trasporti, in relazione alla costruzione di una passerella ciclopedonale a Cinisello Balsamo.

Il Tribunale di Monza ha sentenziato ieri che non sussistesse alcun pericolo di crollo. La Procura di Monza aveva chiesto per lui una condanna a due anni e mezzo, e condanne dai nove mesi ai quattro anni per gli altri imputati a processo, tra cui Mario e Pasquale Vuolo, incaricati di costruire la passerella con la ditta Carpenfer, ed anche loro assolti. L’inchiesta era nata dalla denuncia di un addetto alla sicurezza del cantiere, secondo cui la passerella sarebbe stata pericolosa perché non combaciante in due punti e riempita in extremis per essere pareggiata, senza garanzie sulla sua stabilità. Parti civili al processo anche Anas, committende dei lavori e Impregilo ditta appaltante. “Una vita sconvolta a fronte di una testimonianza non attendibile, cinque anni di processo e poi si è arrivati ad un’assoluzione perché il fatto non sussiste – spiega l’avvocato difensore di Alfio Cirami, Lorenzo Contrada – lui è stato indagato nonostante avesse un ruolo progettuale e non esecutivo, perché questo presunto testimone di giustizia, che è sotto protezione a spese dello Stato, ha dichiarato fantasiosamente che prendesse bustarelle, mentre altri ruoli non sono nemmeno stati presi in esame”.  Colui che ha dato il via all’inchiesta ha precisato “Sono un testimone di Giustizia attualmente in speciale programma di protezione ai sensi della legge 45/2001, l’ammissione al programma di protezione non è stata proposta dalla Procura di Monza ma bensì dalla DDA di Napoli in concerto con la direzione nazionale antimafia”.

La vita di Alfio Cirami, dall’inizio del processo, è totalmente mutata. Si è dovuto trasferire all’estero per ricominciare. Nella sua intervista il peso della vicenda giudiziaria.

Come è cambiata la sua vita dall’inizio dell’inchiesta?
“Sono stati sei anni molto duri e difficili, e non auguro a nessuno di essere coinvolto in situazioni che per false accuse si debba subire un processo ingiusto e pericoloso. Inoltre ho dovuto cambiare impresa e tornare a lavorare all’estero in paesi difficili come il Kazakistan, lasciando la famiglia in Italia e con tutte le conseguenze del caso, per il resto lascio immaginare”.

Cosa ha comportato per la sua reputazione e la sua famiglia questo procedimento?
“Sofferenza sotto tutti gli aspetti, (economica, morale, professionale), per fortuna che per il mio modo di essere non mi è mancata la grinta, la determinazione e la pazienza di aspettare che verità venisse a galla”.

Chi le è stato vicino?
“Ovviamente la mia famiglia, i miei avvocati, tutti coloro mi hanno conosciuto nell’arco dei miei 40 anni di esperienza professionale, molti colleghi e professionisti dei quali alcuni sono stati anche miei testimoni”.

Ad oggi, cosa chiede alla Giustizia Italiana a processo concluso e cosa ne pensa?
“Nel mio caso pur considerando tutti i danni che ho subito (economici, morali, professionali) debbo dire che alla fine grazie a Dio ho avuto una sentenza di assoluzione con formula piena, ma chiedo alla giustizia di valutare sempre con molta attenzione la veridicità di infamanti accuse che possono avere strani obbiettivi, tipo quelle che io ho subìto in questo ingiusto processo”.