Liga Rock Park il giorno dopo: prato ripulito, ma gli ambientalisti protestano

L’amministrazione difende l’organizzazione dell’evento e il piano viabilistico, il comitato per il Parco insiste sull’incompatibilità fra polmone verde e grandi eventi.
Dopo la due giorni di rock nel Parco, è arrivato il momento di tirare le somme. Il concerto di Ligabue all’interno del polmone verde brianzolo è stato accompagnato da parecchie polemiche e altrettante perplessità. Sul banco degli imputati: la giunta municipale e la decisione di organizzare all’interno del Parco un maxi concerto da oltre 100 mila persone. Tuttavia, nonostante il concerto sia finito oramai da parecchie ore non c’è ancora una sentenza definitiva. Nel senso che pro e contro le grandi manifestazioni nel parco sono rimasti sulle medesime posizioni di partenza.
L’amministrazione comunale ha sottolineato a più riprese come le operazioni di pulizia del prato della Gerascia, che ha ospitato lo show del rocker di Correggio, siano state effettuate con costanza e precisione. Immaginare che nessuno avrebbe buttato in giro cartacce era fuori luogo, ciò che conta è stata dunque la capacità di ripulire prontamente. Stesso discorso per la questione viabilità. Traffico, sopratutto nella zona Nord Ovest di Monza, ce n’è stato parecchio. Tuttavia, anche in questo caso, il piano viabilistico ha funzionato egregiamente e nel giro di un paio d’ore dalla conclusione del concerto, il grosso dei fan era stato smaltito.
Gli ambientalisti del comitato per il Parco però non demordono e tengono alta l’attenzione. Durante la due giorni alcuni volontari hanno documentato fotograficamente lo stato del prato: spelacchiature, arature, bruciature. Insomma, secondo gli ambientalisti, Parco e concerti non sono compatibili. Il punto, sostengono, è che il Parco di Monza è un parco storico e come tale va trattato. Per eventi di questo tipo ci sono altre strutture che il Comune potrebbe utilizzare. Esempio? Lo stadio Brianteo, già utilizzato in passato per concerti di prestigio come Eric Clapton e Micheal Jackson.
Foto di Luca Colnago