Maratona FAI nei cimiteri: storie d’arte da non dimenticare

Quasi trecento persone hanno partecipato alle prime visite guidate organizzate nella storia dei cimiteri di Monza e Vimercate.
Quasi trecento persone hanno partecipato alle prime visite guidate organizzate nella storia dei cimiteri di Monza e Vimercate, un patrimonio di architettura funeraria messo in luce in occasione della quinta edizione della Faimarathon di domenica 16 ottobre.
Il clima mite ha permesso di godere dell’iniziativa promossa a livello nazionale dal Fondo Ambiente Italiano per scoprire un’Italia diversa e misconosciuta e per raccogliere fondi per la campagna “Ricordiamoci di salvare l’Italia”. Oltre 600 sono stati i luoghi aperti in 150 città: il Gruppo Giovani del Fai, la Delegazione Fai Monza e il Gruppo del Vimercatese avevano scelto il tema della memoria e dell’architettura funeraria come filo conduttore della manifestazione.
“I cimiteri di Monza e Vimercate – ha spiegato il capo delegazione del Fai di Monza, Elena Colombo – sono luoghi non solo di memorie e di spiritualità ma anche di arte e architettura, che raccolgono importanti monumenti civici, monumenti e cappelle private realizzati da scultori e architetti tra l’Ottocento e il Novecento. Capolavori che spesso osserviamo distrattamente ma che costituiscono una parte molto importante del patrimonio culturale del nostro territorio, indispensabili per la conservazione della memoria di una comunità, di una città, di un Paese”.
Anche di fronte alla morte l’arte è venuta in aiuto dei congiunti del defunto, contribuendo a lenire il dolore della separazione attraverso straordinarie opere. I percorsi di Monza e Vimercate hanno portato i visitatori alla scoperta di un mondo spesso sconosciuto con l’aiuto dei volontari del Fai e degli Apprendisti Ciceroni della IV BL del Liceo Porta, del Liceo Banfi e dell’Istituto Vanoni.
Noi abbiamo seguito l’itinerario monzese di “All’ombra dei cipressi” per permettere a chi non è venuto di apprezzare comunque coi testi e le foto i monumenti più significativi del camposanto di via Ugo Foscolo, che è da ritenere un episodio centrale della storia del cimitero italiano e lombardo del XIX e XX secolo. Al suo interno sono conservate opere di importanti scultori e architetti come Ernesto Bazzaro, Geminiano Cibau, Giannino Castiglioni, Enrico Pancera (autore anche del monumento ai Caduti di Piazza Trento e Trieste), Francesco Messina, Ernesto Bajoni, Silvio Monfrini e Antonio Sant’Elia.
A introdurre le visite sono stati gli Apprendisti Ciceroni, che hanno letto e spiegato l’opera “I Sepolcri” di Foscolo. Quindi la guida del Fai ha raccontato la genesi dei moderni cimiteri, sorti dopo la promulgazione del cosiddetto editto di Saint Cloud da parte di Napoleone Bonaparte nel 1804. I camposanti dovevano essere posti al di fuori dei centri città in luoghi soleggiati e arieggiati e le tombe dovevano essere tutte uguali in base al principio di eguaglianza della Rivoluzione francese. In realtà la loro realizzazione fu regolamentata con norme meno stringenti. L’editto fu anche un documento di svolta dal punto di vista dell’Anagrafe, non più tenuta dai parroci.
A Monza esistevano nel XIX secolo cinque cimiteri: quello principale di San Gregorio (successivamente trasformato nel campo da calcio dello stadio Sada), quello di San Gerardo (in via Buonarroti) e quelli delle frazioni Cascina Bastoni (l’odierna Sant’Albino), La Santa (da circa un secolo annessa a Villa San Fiorano e diventata Villasanta) e San Fruttuoso (camposanto tuttora esistente).
Nel 1893 l’imprenditore Michele Maggi donò 60mila lire per la sistemazione del “San Gregorio”. Il Comune di Monza però cambiò idea e scelse di realizzare un nuovo cimitero, acquistando un terreno nei pressi di Cascina Valera (l’attuale Residence Maria Letizia Verga, vicino all’ospedale). Nel 1898 venne bandito un concorso per il progetto al quale parteciparono 18 architetti: ne vennero selezionati tre con graduatoria (il terzo era Ulisse Stacchini), ma i costi di realizzazione erano troppo elevati per permettere di attuarne uno di questi. Nel 1912 fu bandito un nuovo concorso: nel frattempo l’area prescelta era stata spostata in fondo a via Foscolo, dove poi sorse tra il 1914 e il 1915. Risultarono quattro i vincitori, tra cui l’architetto futurista Sant’Elia, morto in guerra nel 1917. Anche in questo caso il budget di 400mila lire era insufficiente. I quattro vincitori furono convocati in Municipio per una richiesta di ridimensionamento dei rispettivi progetti. Alla fine la spuntò Stacchini, che successivamente progettò anche la stazione Centrale di Milano. Nel 1917 si procedette alla chiusura dei cimiteri di San Gerardo e San Gregorio. Inizialmente le tombe dovevano occupare non più di 2 metri di lunghezza e non più di 1 metro di profondità, ma col trascorrere degli anni i limiti non furono rispettati. Attualmente il cimitero ospita 24mila resti, ma anche la bellezza di 1900 specie tra piante e fiori escludendo quelle posate sulle tombe.
Le tombe, appunto: il percorso è partito da quelle di Arturo e Michele Scotti realizzate da Bajoni. Un giovane morto in guerra nel 1917 in guerra e suo padre l’anno dopo di crepacuore: questi ha voluto essere cremato e i suo resti dimorare a fianco di quel figlio di cui era orgoglioso perché caduto per la Patria. Ha fatto seguito la lettura di un brano della canzone “Another brick in the wall” dei Pink Floyd.
Lungo il decumano del camposanto si incontrano le tombe della Famiglia Colzani e poco dopo di Ernesto Ambrosini. La prima è un Cristo che risorge di Pancera, la seconda una donna (inizialmente doveva essere nuda) che regge i cinque cerchi olimpici di Cibau, autore di alcune sculture di Palazzo Mezzanotte a Milano. Ambrosini, scomparso nel 1951 e al quale la città ha tardivamente dedicato una via e il centro sportivo ex Singer, vinse la medaglia di bronzo nei 3000 siepi ai Giochi di Anversa 1920.
La famiglia Dossi si è invece avvalsa dell’opera dello scultore Piero da Verona, amico di Boccioni, ma fino a un certo punto, avendo dopo la sua morte distrutto 9 gessi per busti del più noto artista.
Accanto alla cappella centrale del cimitero è stato posto il monumento ai caduti, opera di Pietro Riboldi precedentemente collocata a “San Gregorio”. Sul posto gli studenti del “Porta” hanno letto “La canzone di Piero” di Fabrizio De Andrè.
Anche il Cristo sulle acque sulla tomba di Giulio Villa è opera di Pancera, mentre nei pressi colpisce la potenza dell’arte di Cibau: Guido Fossati, meccanico e pilota automobilistico, è stato ricordato con due grandi figure significative del personaggio, mentre sul retro sono presenti otto loculi di congiunti.
Dopo un passaggio sulla tomba di Oreste Pennati, deputato per Monza, rappresentato in un busto di Giuseppe Rappa, si è giunti all’opera dello scapigliato Bazzaro (autore del monumento a Giuseppe Garibaldi sito nell’omonima piazza): la tomba di Giovanni Pessina e della consorte Luigia Rovere, scomparsi rispettivamente nel 1898 e nel 1924 e cremati, pratica inconsueta per i tempi, considerando che solo nel 1963 è stata accettata dalla Chiesa cattolica.
Il monumento ai caduti della Seconda guerra mondiale è una parte di quello che poteva essere il monumento ai Caduti della Grande Guerra, cioè “Il sacrificio” di Bajoni, bozzetto sconfitto da quello di Pancera. A realizzarlo materialmente è stato Marco Bisi. Si trova in mezzo al cimitero dei partigiani e delle vittime dei campi di concentramento. In questa occasione gli studenti hanno letto la poesia “Milano, agosto 1943” di Salvatore Quasimodo.
Non è mancata la sosta alla tomba della piccola Genoveffa Comencini, morta il 2 gennaio 1924 a un anno e mezzo d’età a causa degli stenti e dei maltrattamenti da parte dei genitori. I fiori freschi sempre presenti in una zona isolata del camposanto l’hanno trasformato in un monumento alle vittime della violenza domestica.
Dopo un passaggio alla tomba di Gerardo Caprotti e congiunti il giro si è concluso con la cappella della famiglia Resnati, realizzata da Piero Borradori (suo anche il Municipio di Villasanta) nel 1933 e abbellita nel 1952 dalle statue di Messina (l’autore del cavallo della Rai) raffiguranti la Resurrezione di Lazzaro e San Tommaso. Durante l’evento del Fai è stata anche allestita la mostra “Il tempo sospeso” del fotografo Marzio Franco.
Per Jacopo e Gaia, due Apprendisti Ciceroni, “è stata la seconda esperienza col Fai, ma è stata molto diversa rispetto alla precedente, sia perché invece di spiegare le opere abbiamo recitato dei componimenti legati alle stesse, sia perché l’atmosfera al cimitero era più intima e particolare: è un luogo al quale non si è abituati come ambito artistico”.
Colombo ha confermato l’eccezionalità dell’evento: “Era la prima volta di una visita guidata nei cimiteri di Monza e Vimercate ed è stato difficile far percepire alla gente che è anche un luogo di cultura. Diciamo che abbiamo rotto il ghiaccio: siamo contenti di questo, di aver potuto raccontare questi luoghi sotto un altro aspetto; non più solo luoghi dei morti, ma anche dei vivi. Complessivamente hanno partecipato al Faimarathon 180 persone a Monza e 100 a Vimercate. Tengo a ringraziare la quarantina di guide volontarie e i circa 25 Apprendisti Ciceroni. Proseguiremo nel nostro lavoro di valorizzazione dei tesori d’arte e natura più nascosti del territorio forti dei nostri 4mila soci presenti nei 47 Comuni facenti parte della delegazione di Monza del Fai”.