Referendum, l’Avvocato Carlo Cappuccio voterà NO. Ecco perchè

Carlo Cappuccio, avvocato del foro di Monza e presidente dello Sporting Club Monza voterà no al referendum. Ecco l’intervista.
Come ormai tutti sanno con il referendum costituzionale del 4 dicembre gli italiani sono chiamati a respingere o approvare la riforma Boschi-Renzi. I contenuti sono da mesi al centro del confronto e del dibattito sia dei partiti che degli esperti. Anche la Brianza si sta muovendo in tal senso, già da tempo si sono formati gli schieramenti del sì e del no, sono stati proposti dibattiti e convegni e tantissimi appuntamenti sono in programma proprio in questi giorni.
In sintesi: Il Ddl, definitivamente approvato lo scorso aprile, prevede la fine del bicameralismo perfetto tramite una profonda riforma delle funzioni del Senato, la riduzione dell’autonomia delle regioni e una serie di interventi minori, come l’abolizione del CNEL.
Carlo Cappuccio, Avvocato del foro di Monza, presidente dello Sporting Club Monza. Con lui inizia il nostro viaggio fatto di interviste a personalità note di Monza e della Brianza che hanno accettato di rispondere ai quesiti. Nel caso specifico l’avvocato ci tiene a precisare che naturalmente risponde a titolo personale e non a nome del Club che ha l’onore di presiedere.
Il Parlamento e la fine del bicameralismo paritario. Un bene o un male?
La fine del bicameralismo paritario non porterebbe nessun vantaggio e nessuna semplificazione, per il semplice fatto che sinora la stragrande maggioranza delle leggi sono sempre state di iniziativa del governo e approvate mediamente entro i quattro mesi, mentre i decreti legge sono sempre stati convertiti in legge mediamente entro i quaranta giorni. Il nuovo Senato avrebbe sempre voce in capitolo in ordine alle materie più importanti ed alle riforme costituzionali. A questo punto, per una maggiore semplificazione, si poteva proporre di eliminare del tutto il Senato. Ma si è preferito proporre un Senato che non preveda l’elezione diretta dei Senatori da parte dei cittadini, ma solo dai Consigli regionali. Il nuovo Senato delle Regioni, con questo tipo di elezione, non sarebbe altro che il Senato della partitocrazia o della casta che nomina se stessa. Ai nuovi Senatori, addirittura, verrebbero attribuite le stesse prerogative e immunità dei deputati ovvero di non potere essere arrestati o essere sottoposti ad intercettazioni telefoniche senza l’autorizzazione del Senato. Non dimentichiamo che se un Sindaco o un Consigliere Regionale poi nominato Senatore, dovesse decadere per qualsiasi motivo dall’ente locale, automaticamente decadrebbe anche dal Senato, con il risultato di un organo come il Senato in balia di diatribe territoriali o vicende locali.
Cambieranno i poteri del Governo. La riforma porterà a una maggiore governabilità?
Solo per questa domanda non risponderò con termini tecnici e costituzionali, ma in altro modo. Potranno anche cambiare tutti i poteri del Governo che si vorranno, ma non vi potrà mai essere un sistema che garantisca maggiore governabilità nel paese, se l’intera classe politica, nessuna parte esclusa, non otterrà la credibilità e la fiducia dei cittadini. Il popolo non deve essere governato, ma deve essere ben rappresentato nelle istituzioni da persone autorevoli e perbene, affinché gestiscano la “res publica”, a partire dai consigli di zona sino ad arrivare alla presidenza del consiglio dei ministri. Non servono in questo momento delle riforme per garantire governabilità, ma un cambio di rotta culturale che dovrà nascere dalla consapevolezza del forte degrado di un sistema davanti agli occhi di tutti. Successivamente, per garantire maggiore governabilità, riformeremo la nostra carta costituzionale in modo serio e concreto, con persone preparate e, appunto, autorevoli.
Quale impatto ha la riforma sul rapporto Stato-Regioni?
Indubbiamente l’impatto sarebbe molto forte, poiché verrebbe ridotta notevolmente l’autonomia delle regioni e la potestà legislativa regionale, a parte nelle regioni a statuto speciale. Pare ovvio che vi potrebbero essere dei conflitti tra il governo centrale e quelli regionali, magari a causa del diverso colore politico. E’ anche pur vero che negli ultimi anni la Corte Costituzionale è dovuta intervenire oltre un migliaio di volte per dirimere questioni tra lo Stato e le Regioni, quindi, una riforma seria e ben fatta sarebbe auspicabile. Con la riforma proposta, invece, vi sarebbe per le Regioni una “spada di Damocle” con la cosiddetta “clausola di supremazia” che consentirebbe allo Stato di legiferare in quelle materie di competenza regionale quando vi sia “la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell’interesse nazionale”; in buona sostanza, se il governo centrale dovesse essere di diverso colore politico da quello regionale, nel caso di conflitti, sarebbe verosimilmente la fine dell’autonomia per quella regione, considerata la forte e perdurante litigiosità tra i vari soggetti politici nel nostro paese.
La riforma porterà vantaggi economici?
Sappiamo bene tutti che il presunto vantaggio economico non è il cuore della riforma, ma viene urlato a gran voce, come uno slogan elettorale. Ben venga un risparmio determinato dall’eliminazione di enti inutili come il CNEL, le Province e dalla riduzione dei Senatori, i quali riceveranno unicamente un indennizzo; ma siamo ben lontani da quei 500 milioni di risparmio propagandati dai promotori del referendum a fronte del previsto risparmio calcolato dalla Ragioneria di Stato, se ben ricordo, pari ad € 55 milioni.
Nell’accoppiata Italicum e riforma costituzionale si ha uno spostamento dell’asse istituzionale a favore dell’esecutivo?
Sicuramente! L’Italicum e la riforma costituzionale appaiono essere funzionali l’uno con l’altro per assicurare maggiori poteri all’esecutivo ed al presidente del consiglio. Ci potremmo anche trovare, grazie a quelle “alchimie” aritmetiche consentite dall’Italicum, con un forte potere a favore del presidente del consiglio e dell’esecutivo sorretti, magari, da un partito che ha ottenuto scarsi consensi reali ed effettivi nel paese; quindi, con una minoranza non rappresentativa degli italiani, ma con forti poteri. Non si può non ricordare che, non a caso, il governo Renzi per l’approvazione dell’Italicum pose la “fiducia” varie volte, mentre a mio avviso sarebbe stato ragionevole cercare un largo consenso parlamentare considerata l’importanza della riforma elettorale trattata.
Grazie all’introduzione del referendum propositivo e alle modifiche sul quorum referendario migliora la qualità delle democrazia?
Questa del referendum propositivo, ovvero la possibilità di poter chiedere al parlamento da parte dei cittadini una legge, pare proprio una vera presa in giro; mi spiego meglio: qualora vincesse il SI per porre in atto tale nuovo istituto referendario servirebbe legiferare nel futuro una nuova norma costituzionale ad hoc; in buona sostanza, verrà proposto ai cittadini il nulla. Dubito fortemente che nel futuro venga concessa ai cittadini la possibilità di poter legiferare su materie importanti, strategiche e delicate. Se mai un giorno dovesse migliorare la qualità della democrazia nel nostro paese non credo si verifichi per tale ultimo aspetto.