Teatro Belloni, dopo 112 anni torna in scena la prima Madama Butterfly

Il 12 novembre andrà in scena la versione originale della “Madama Butterfly”. Un’operazione di recupero dall’altissimo valore culturale, che punta sulla massima fedeltà all’originale pucciniano.
Non sarà la solita Butterfly. Sabato 12 novembre al Teatro Antonio Belloni di Barlassina debutterà la versione originale dell’opera, quella andata in scena il 17 febbraio 1904 al Teatro La Scala, dove venne duramente criticata e fischiata dal pubblico milanese: fu un fiasco, e già tre mesi più tardi, a Brescia, Giacomo Puccini ne presentò una versione modificata, che riscosse invece un grande successo. La Madama Butterfly che conosciamo oggi, forse l’opera più nota e amata di Puccini, è infatti il risultato di diversi tagli e modifiche, con poche aggiunte e molti cambiamenti, alcuni dei quali dovuti all’intervento di Arturo Toscanini, che diresse la Butterfly a Torino nel 1906: per venire incontro ai gusti del pubblico Puccini finì per accorciare la sua opera di una mezz’ora, sottraendo spazio allo sviluppo psicologico dei suoi personaggi. «La versione originale, in due atti, non è più bella di quella che conosciamo noi, in tre – chiarisce Andrea Scarduelli, direttore artistico del Teatro Belloni, che già a inizio 2015 aveva annunciato il progetto di riportare in scena la “prima” Butterfly -: semplicemente, è diversa. Forse più moderna: Puccini era più avanti della sua epoca, e la sua Cio Cio San era prima di tutto madre (tra le arie che vennero tagliate e che invece sarà possibile riascoltare al Belloni c’è, per esempio, una Ninna nanna che la protagonista canta al suo bambino, ndr). Una caratteristica che non venne compresa e neppure apprezzata, tanto che poi questo tratto si perse nelle versioni successive, in favore di una maggiore accentuazione del patetico e del granguignolesco».
La proposta del Teatro Belloni ha riscosso un grande interesse: le prime due date (12-13 novembre) sono già sold out, mentre resta ancora qualche posto per le serate del 15 e 16 novembre. D’altra parte anche il Teatro La Scala ha in calendario, per la prima del 7 dicembre, la “versione originale” del 1904. Ma non sarà la stessa cosa, almeno secondo il direttore artistico del Belloni. Si tratta di una questione più filologica che musicale: della versione del 1904 mancano le partiture degli strumenti, che, dopo il flop della prima, vennero ritirate e non sono più state stampate. Resta, però, uno spartito per pianoforte e voce, che lo stesso Scarduelli rivela di aver trovato nel 2004 presso il Conservatorio Giuseppe Verdi. Per questo al Belloni l’opera sarà accompagnata al pianoforte dal maestro Vincenzo Balzani: è l’unico modo per essere fedeli fino in fondo alle note scritte da Puccini. «Abbiamo scelto il piano non per ripiego, ma perché non si poteva fare altrimenti – afferma Scarduelli -. Ho voluto Balzani, che finora non ha mai accompagnato dei cantanti, proprio perché non mi serviva un semplice pianista, ma qualcuno che avesse la capacità di riprodurre la sonorità di un’intera orchestra. Mancando le partiture dei singoli strumenti, quella della Scala sarà solo una rivisitazione: e noi non avremmo voluto fare un’operazione così, rischiando di tradire le intenzioni del compositore. D’altra parte, se non si legge e non ci si documenta – aggiunge – non si può fare bene». Il pianoforte di Balzani sarà dunque posizionato nella buca dell’orchestra, rialzato all’altezza degli spettatori tramite delle pedane che, come spiega Marco Belloni, sono state realizzate appositamente dagli operai del mobilificio. Cio Cio San sarà interpretata da Lucrezia Drei, che al Belloni aveva già recitato e cantato durante la scorsa stagione, in un’opera inedita di ispirazione pucciniana, Giacomo e la farfalla. «La sua è una voce da bambina, Cio Cio San nell’opera originale ha tra i 15 e i 18 anni – spiega Scarduelli -. Anche Puccini aveva scelto in origine un soprano lirico leggero, Rosina Storchio». E se il direttore artistico appare sicuro di sé, Marco e Giovanni Belloni non riescono a mascherare l’emozione per questo progetto che restituisce al pubblico, dopo più di un secolo, la volontà originaria dell’autore. Sperando, ovviamente, in un esito meno sfortunato di quello del 1904.
Per la storia della Madama Butterfly, ambientata nel Giappone moderno, Puccini si ispirò all’omonimo spettacolo di David Belasco, a sua volta tratto da Madame Butterfly di John Luther Long e, prima ancora, da Madame Chrysanthème di Pierre Loti. Ma la sua Cio Cio San, diversamente dalle protagoniste delle opere precedenti, è la prima a credere così innocentemente nella buona fede dell’americano Pinkerton, che invece la sposa quasi per scherzo, consapevole che quel matrimonio avrà breve durata e nessun valore legale negli Stati Uniti. Così, quando dopo tre anni Pinkerton tornerà in Giappone accompagnato dalla sua “vera sposa americana” per prendere con sé il figlio avuto da Cio Cio San, la protagonista pucciniana preferirà darsi la morte con la stessa spada con cui il padre, samurai ribellatosi all’imperatore, aveva fatto harakiri.