Partite Iva giù anche in Brianza, Felsa-Cils: “Pesa la mancanza di garanzie e ammortizzatori”

Nella provincia brianzola, tra gennaio e novembre 2016, le aperture di nuove partite Iva sono state complessivamente 5.526.
C’è chi fa questa scelta perché vuole gestire la propria attività in maniera autonoma. Ma c’è pure chi diventa titolare di partita Iva dietro pressante «consiglio» del datore di lavoro. Lo stesso che poi diventerà, molto spesso, il suo unico ed esigente committente. Limitando al massimo, di fatto, la tanta decantata possibilità di libera gestione della professione e del tempo libero.
«Nel settore del lavoro autonomo – sottolinea Giovanni Agudio, coordinatore Felsa Cisl Monza Brianza Lecco, la struttura che segue appunto questa categoria di lavoratori – i titolari di partite Iva sono i più svantaggiati. Lavorano in un ambito in cui sono assenti tutte le forme di tutela previste dal lavoro subordinato, come indennità di malattia, maternità e disoccupazione. Un collaboratore a progetto, l’ex titolare di una collaborazione coordinata e continuativa, può invece chiedere direttamente all’Inps il pagamento del periodo di malattia. Inoltre, molto di frequente, il titolare di partita Iva finisce con lo svolgere un lavoro subordinato, pur essendo un lavoratore autonomo sotto il profilo fiscale e contributivo». Anche per questo motivo, probabilmente, il popolo delle partite Iva è in calo a livello nazionale.
In Brianza, invece, la situazione nel 2016 è rimasta sostanzialmente stabile, come indicato dai dati del Ministero delle Finanze. Nella provincia brianzola, tra gennaio e novembre 2016, le aperture di nuove partite Iva sono state complessivamente 5.526.Il paragone tra il 2015 e il 2016 dice che l’incremento è stato solo dello 0,38%.
Ma anche nella nostra provincia la tendenza sembra indicare un progressivo calo. Nello scorso novembre, per esempio, sono state 361 le nuove aperture. Rispetto al novembre 2015, il decremento è stato del 30%. Tra ottobre e novembre 2016, la diminuzione è stata del 28%. Nei prossimi mesi, dunque, la Brianza potrebbe adeguarsi al resto d’Italia. Dove, intanto, il calo registrato tra novembre 2015 e novembre 2016 è stato del 10% (34mila nuove aperture in meno).
«La sostanziale mancanza di differenze in Brianza tra il 2015 e il 2016 – aggiunge Agudio – può essere legata a diversi fattori: in alcuni casi può esserci stata una stabilizzazione del rapporto di lavoro, grazie anche agli incentivi del Jobs Act. Oppure è anche la condizione di chi lavora come partita Iva a non attrarre più: gli spazi si sono ristretti, il mercato si sta inevitabilmente saturando».
La «fotografia» scattata in base alle persone che si rivolgono allo sportello Felsa di Monza, del resto, conferma come a pesare negativamente sia sempre la mancanza di garanzie e di ammortizzatori sociali. Pure per chi riesce comunque ad ottenere delle buone retribuzioni: è il caso, per esempio, di chi opera nel comparto dell’assistenza sanitaria: medici, infermieri e fisioterapisti.
«La retribuzione – conclude Agudio – potrà essere pure interessante, ma va poi considerata l’assenza di tutele, i carichi fiscali. Non ci sono gli assegni famigliari, non ci sono detrazioni per i figli a carico. In ogni caso, ci sono anche le “vere” partite Iva, cioè professionisti che scelgono di lavorare per grandi imprese. La loro condizione è decisamente migliore. Ma sono sempre tanti quelli che intraprendono questa via per mancanza di alternative».