Cgil, referendum sulla responsabilità solidale negli appalti: quanto ne sappiamo?

25 gennaio 2017 | 00:00
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Cgil, referendum sulla responsabilità solidale negli appalti: quanto ne sappiamo?

Nei prossimi mesi gli italiani saranno chiamati ad esprimersi su due referendum abrogativi in materia di lavoro, promossi dalla Cgil.

Tra aprile e giugno si voteranno i due referendum promossi dalla Cgil, e accolti dalla Corte Costituzionale, che riguardano l’abrogazione dei voucher (argomento che maggiormente affascina il dibattito, e sul quale avremo modo di ritornare) e una modifica alle norme sugli appalti; materia per molti oscura, e poco piacevole da trattare per le sue complicazioni tecniche, che spesso – visti anche i numerosi episodi criminali e in particolare corruttivi che ne emergono – viene lasciata agli addetti ai lavori … ignorando che centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori sono ormai in appalto, se non in subappalto, con seri e gravi rischi di diminuzione, o vera e propria perdita, di diritti, a partire dalle retribuzioni.

Parliamo allora di appalti: l’appalto, di opere o servizi, è un contratto commerciale dove un ente, un’azienda, un’impresa, insomma un soggetto denominato committente, affida la realizzazione di un’opera o lo svolgimento di un servizio ad altri, l’appaltatore, invece di provvedervi direttamente. L’appaltatore fornisce l’opera o il servizio con personale e mezzi propri … e il ricorso all’appalto si è ormai diffuso in tutti i settori del lavoro, compresa la sanità, e investe tutte le opere e i servizi dove l’appalto può costituire, per il committente, un risparmio sui costi. Perché questa è la vera ragione dell’appalto, il risparmio sui costi: perfettamente lecito se avviene nel rispetto delle leggi, ma portatore di gravi danni ai lavoratori, alle opere e ai servizi stessi, e infine al sistema economico vero e proprio, quando il risparmio si realizza (scendendo lungo la catena degli appalti e dei subappalti) applicando contratti pirata ai lavoratori, o utilizzando materiali scadenti (ce lo hanno appena ricordato le tragiche conferme avute, dal terremoto, sulla correttezza di tanti lavori pubblici). Senza contare che spesso è semplicemente il fallimento, magari “pilotato”, a lasciare lavoratrici e lavoratori all’improvviso senza lavoro, letteralmente in mezzo alla strada.

Lo strumento individuato per contrastare gli illeciti negli appalti, nell’ordinamento italiano, è fin dal 1960 la responsabilità solidale, cioè la possibilità di chiamare il committente a rispondere delle inadempienze dell’appaltatore … con la legge 1369 del 1960 il terzo governo Fanfani introdusse dunque la responsabilità solidale, con l’esigenza già allora dichiarata di tutelare tanto i lavoratori, quanto la leale concorrenza nel mercato. Dunque, una norma che tutela tutte le persone oneste, i lavoratori e gli imprenditori corretti.

Purtroppo, successive modifiche hanno diminuito questa capacità di tutela da parte della legge, in particolare il Decreto Legislativo 276/2003, peggiorato poi dalla Ministra Fornero la quale, con la legge 92/2012, ha apportato le ultime sciagurate modifiche: in particolare, e sono queste le norme che il referendum promosso dalla Cgil vuole abrogare, due passaggi dell’art. 29 comma 2 del D.Lgs. 276/2003.

Il primo prevede che i contratti collettivi nazionali di lavoro possano prevedere controlli e verifiche sulla regolarità degli appalti, ma il problema non risiede nella regolarità delle procedure, il problema si manifesta quando l’appaltatore non paga stipendi e contributi … e non c’è dubbio che qui serve il tribunale, con una sentenza … non bastano le previsioni contrattuali! Vogliamo togliere questa parte perché illusoria e fuorviante, si vuole illudere che basti l’accordo tra parti “sane” (imprese e sindacati) per prevenire miracolosamente le pratiche sleali e le violazioni di legge.

E soprattutto, vogliamo togliere quella parte che impone al giudice di procedere prima contro appaltatori e subappaltatori, poi verso il committente … perché così, è accaduto che le cause vanno avanti per anni e anni, immaginiamo con quali risultati nei confronti di una ditta fallita … danneggiando così il soggetto più debole, il lavoratore, quello al quale la solidarietà dovrebbe essere destinata! E’ invece giusto che a pagare sia il committente, perché lui è responsabile della scelta di appaltare o addirittura consentire il subappalto, cioè che il suo appaltatore addirittura subappalti ad altri lungo una catena praticamente infinita di scarimento delle responsabilità.

In sostanza, la Ministra Fornero ha svuotato la norma, rendendola inefficace. Abolire questi due periodi dell’art. 29 ridà alla legge la sua piena forza di tutela verso i lavoratori, e verso gli imprenditori onesti.