La CGIL denuncia l’uso scorretto dei voucher con 4 storie di lavoratori

1 febbraio 2017 | 17:30
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La CGIL denuncia l’uso scorretto dei voucher con 4 storie di lavoratori

Quattro giovani lavoratori hanno raccontato la propria esperienza a contatto con le nuove modalità di pagamento previste dal Jobs Act.

Il tema della retribuzione tramite voucher accende da mesi il dibattito tra istituzioni e sindacati. la CGIL di Monza ha presentato oggi, 1 febbraio quattro storie esemplari di come questo metodo di retribuzione  sia stato  sconveniente e controproducente per i lavoratori.

La prima storia è quella di un trent’enne assunto come magazziniere  da una cooperativa che gestiva il suo contratto per conto di un supermercato di Busnago. Dopo esser stato pagato per il primo mese tramite voucher e senza alcun contratto, al ragazzo viene offerta la possibilità di stipulare una nuova tipologia di legame a tempo determinato. Soddisfatto della proposta Nicolò (il nome è un nome di fantasia dato che il lavoratore ha chiesto di restare anonimo, ndr). decide di accettare, considerando che inizialmente la sua posizione lavorativa non era in alcun modo regolamentata. Dal 17 di maggio al 9 giugno 2016 Nicolò non godeva infatti di nessun tipo di tutela, e, nonostante le 13 ore lavorative giornaliere, veniva compensato tramite voucher.
La legge dice che questo tipo di pagamento andrebbe utilizzato solo in casi di lavoro accessorio, ovvero solo per alcune situazioni occupazionali che non prevedono una continuità nella prestazione lavorativa. Già da questo emergono alcune criticità, ma non è tutto. Dopo aver firmato il contratto a tempo determinato, N. si è dovuto scontrare con un’altra brutta sorpresa: i termini contrattuali non sono stati rispettati e l’azienda ha deciso di interrompere il rapporto lavorativo prima del previsto. Per questo e per altri motivi la CGIL ha deciso insieme a Nicolò di impugnare una vertenza contro la cooperativa in questione, insistendo sul fatto che l’impiego lavorativo in questione doveva essere considerato sin dall’inizio di tipo subordinato.  Ciò che emerge da questa prima testimonianza è che spesso il pagamento tramite voucher rischia di essere un’esca in grado di attrarre lavoratori inconsapevoli, che poi però ne fanno le spese in un secondo momento quando i termini contrattuali non vengono rispettati, come è nel caso di Nicolò.

Mb Voucher CGIL2

Storia differente invece è quella di Francesca, una ragazza di ventitre anni ex dipendente di un negozio di intimo a Varedo. Dopo aver lavorato con un contratto part-time per diversi mesi, a Francesca viene proposto un nuovo tipo di assunzione che prevede un compensotramite Voucher. La ragazza accetta, ma dopo poco tempo si accorge che qualcosa non va. Le viene consegnata una tessera dell’INPS, su cui le verranno accreditati i pagamenti.  Le spiegano che all’INPS verrà destinato il 25% del valore nominale su ogni voucher da 10 Euro a lei indirizzato. In teoria la percentuale in questione dovrebbe essere destinata ad un fondo pensione previdenziale riservato ai lavoratori pagati in Voucher, ma, al momento, come ci ricorda Giovanna Piccoli-responsabile dell’Ufficio Vertenze della CGIL MB – questo 25%  non è tracciabile in alcun modo. “Non viene garantito in alcun modo il valore nominale del voucher – sottolinea la Dott.ssa Piccoli – Poiché il valore netto è minore di quello che spetterebbe al lavoratore”. Si pensi infatti che nel caso di Francesca la retribuzione in voucher corrispondeva ad  1, 50 € l’ora. Facile capire il perché questa giovane lavoratrice abbia deciso di interrompere questa esperienza lavorativa. “Vivo da sola con mia mamma – ha spiegato Francesca- Non potevo assolutamente permettermi di lavorare a queste condizioni, per cui ho deciso di lasciar perdere e cercare altro”.

Le ultime due storie ci raccontano invece di due situazioni similari, che coinvolgono un ventunenne di Paderno, Matteo,  e un altro ragazzo che preferisce invece restare nell’anonimato. La storia di Matteo è particolarmente significativa, poiché emergono nuove criticità che riguardano il magico mondo del voucher. Assunto come cameriere in un pizzeria di Paderno, Matteo racconta delle modalità di pagamento adottate dal datore di lavoro. “Venivo pagato per metà coi voucher e per metà in nero – spiega il giovane – E anche gli altri dipendenti erano retribuiti allo stesso modo”. Una testimonianza importante che ci fa capire come in realtà il tentativo del governo di ridurre l’evasione fiscale tramite il voucher non sia andato in porto.

L’ultima storia invece racconta dell’esperienza di un trentenne impiegato come facchino in un ristorante di Monza. In teoria l’accordo prevedeva un rapporto lavorativo a chiamata, ma in pratica il datore di lavoro comunicava  già a inizio settimana i turni al diretto interessato.”Già a monte quindi gli accordi non venivano  rispettati – racconta il protagonista – Per me che ho lavorato per anni con contratti a tempo determinato, il pagamento tramite voucher rappresentava una novità. Dovevo incassare la paga dal tabaccaio, lavorando 6 giorni su 7 per 3-4 ore al giorno. Dopo un mese ho deciso di lasciar perdere e nonostante tutto ho ancora due settimane di arretrati in voucher che non mi sono state pagate”.

Mb Voucher 3

Purtroppo, le quattro storie ascoltate alla CGIL di Monza non sono casi isolati.Maurizio Laini, segretario generale del sindacato dei lavoratori per la provincia di MB, illustra i dati inerenti alla retribuzione in  voucher. In Lombardia nel 2016 sono stati venduti più di 26 milioni di voucher, il che ci fa capire che non si tratta di una modalità di pagamento circoscritta ad una piccola fetta di lavoratori. I numeri sono in costante aumento. Basti pensare che nel 2008 i voucher venduti in Italia non superavano la soglia del mezzo milione, mentre nel 2016 i ticket venduti hanno toccato quota 150 milioni. Una crescita esponenziale dovuta alle modifiche introdotte col Jobs Act. “La posizione della CGIL è chiara- spiega Laini– Per noi i voucher vanno sostituiti con contratti che garantiscano diritti minimi per tutti. Coi Voucher, ad una larga fetta di lavoratori, non sono riconosciuti dei diritti fondamentali come pensione, maternità, infortuni, e altro. Per questo noi abbiamo intenzione di indire un referendum per eliminare il voucher e stiamo aspettando il via libera del governo”.

La CGIL di Monza organizzerà alcuni incontri nei prossimi mesi per sensibilizzare la cittadinanza al tema. L’intento è quello di fare chiarezza e riportare la normalità in quelle situazioni lavorative che di normale hanno ben poco.