Pedemontana, Di Pietro se ne va: ma nel frattempo non è cambiato nulla

11 aprile 2017 | 09:47
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Pedemontana, Di Pietro se ne va: ma nel frattempo non è cambiato nulla

Di Pietro ha incontrato ancora una volta i sindaci brianzoli prima di dimettersi dalla carica di presidente di Pedemontana. Dopo 9 mesi l’autostrada è ancora ferma.

Il 26 aprile Antonio Di Pietro darà le dimissioni da presidente di Pedemontana. L’ex ministro, che venerdì 7 aprile ha incontrato i sindaci brianzoli nella sede della Provincia, lascia l’autostrada lombarda così come l’aveva trovata: in stallo. Il cantiere è fermo, e nessuno sa quando potrebbe ripartire. Per stessa ammissione di Di Pietro, «i lavori potrebbero ricominciare tra due giorni o dieci anni».

«Siamo ancora una volta in balìa delle banche» riassume Paolo Butti, sindaco di Seveso, uno dei comuni interessati dal tracciato autostradale e, in parte, causa del blocco dei lavori: il terreno, a Seveso e nei comuni limitrofi, è ancora contaminato dalla diossina dell’incidente Icmesa del 1976, e dovrebbe essere bonificato. «Sembra che le banche abbiano introdotto un’ulteriore clausola di garanzia oltre al fondo messo a disposizione da Regione Lombardia per Pedemontana a fine 2016 – spiega Butti -: quello ammontava a 450 milioni di euro, ora ne chiedono 1,2 miliardi. Nel frattempo, Bei (Banca europea di investimenti) e Cassa depositi e prestiti hanno riaperto il fascicolo Pedemontana per una valutazione». Tutto fermo, dunque. E intanto? «Ho detto a Di Pietro che la tratta B2 prevede una strada sopra un’altra, cioè la superstrada Milano-Meda, che però non può reggere ancora a lungo in attesa che si definisca il futuro di Pedemontana» afferma Butti. Anche perché, nell’ipotesi che il cantiere partisse, il traffico della superstrada andrebbe convogliato nella viabilità intercomunale: da qui la richiesta di Butti a Regione Lombardia, che potrebbe anticipare i soldi per le opere di compensazione in modo da agevolare, se non altro, il traffico locale. E poi c’è ancora il problema della diossina, su cui non ci sono vere novità. «Di Pietro è sempre stato chiaro nel dire che la bonifica sarebbe costata di più dei 4 milioni previsti – continua Butti -. Ora c’è anche la possibilità di tornare a rifarsi su Givaudan per un indennizzo… a me non interessa chi paga: solo la sicurezza del territorio e dei cittadini. La situazione è inaccettabile: il progetto esecutivo è costato centinaia di migliaia di euro, e il cantiere è ancora fermo».

Critici anche gli ambientalisti di Insieme in Rete presenti all’incontro: «Di Pietro e Pedemontana hanno glissato sull’ipotesi Pedemontagne, rimandando il tutto a incontri tecnici di dettaglio con le amministrazioni, con totale approssimazione sulla questione diossina – riferiscono  Gemma Beretta, Alberto Colombo e Sergio Arienti -. In questa situazione disastrosa, fatta di attendismo e proposte di incontri con le amministrazioni per tranquillizzare, servirebbe finalmente una decisione politica che prenda atto delle coperture economiche inesistenti, del fallimento del project financing, delle criticità ambientali, dei problemi aggiuntivi generati, dei volumi di traffico inesistenti, degli impatti negativi sulla viabilità, del rapporto costi/benerfici negativo, del bisogno di controvertire l’aumento del traffico automobilistico a favore della mobilità sostenibile – affermano -. Serve che tutti i sindaci riprendano in mano il coraggio di coordinarsi per richiamare Regione e governo per l’avvio di un tavolo istituzionale vero, che si faccia carico di una progettazione puntuale e concreta per risolvere i danni causati dall’autostrada monca, rinunciando al completamento di questa inutile infrastruttura».

In apertura: Di Pietro e il presidente della Provincia di Monza e Brianza, Ponti