Lavoro per i detenuti, quando il carcere offre la possibilità di una seconda vita

28 giugno 2017 | 17:04
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Lavoro per i detenuti, quando il carcere offre la possibilità di una seconda vita

A Monza ha preso il via un progetto per il reinserimento lavorativo e sociale dei detenuti. L’iniziativa coinvolge soggetti istituzionali, ordini professionali, mondo dell’imprenditoria e dell’associazionismo.

Tutti meritano una seconda possibilità. A parole ne siamo convinti. Ma, se si tratta di mostrare un’apertura nei confronti di chi è finito in carcere per espiare la propria pena, non sempre mettiamo in pratica questo principio. Spesso, per paura, pregiudizio e diffidenza, emarginiamo i detenuti. Anche quando sono usciti di galera e cercano di rifarsi una vita. Si crea una sorta di muro impenetrabile tra noi, le cosiddette persone ‘civili’ e gli ex carcerati. Con la conseguenza che chi è stato in prigione finisce per tornarci. Un circolo vizioso che a Monza si sta cercando faticosamente di interrompere. Con un progetto ambizioso. Che punta all’inserimento lavorativo dei detenuti come occasione di recupero sociale. E può contare sull’impegno di molti soggetti istituzionali e professionali. Dalla Casa Circondariale alla Camera penale all’Ordine degli avvocati e a quello dei commercialisti, dalla magistratura all’Ufficio esecuzioni penali e al Comune. Fino alle associazioni imprenditoriali, Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, Camera di Commercio e all’Afol (Agenzia per la formazione, l’orientamento e il lavoro). Coinvolti naturalmente anche gli stessi carcerati, per il momento una trentina. Attori con ruoli diversi, ma tutti intorno ad uno stesso tavolo. E con un unico obiettivo: convincere le aziende ad assumere i detenuti. “Siamo partiti nei primi mesi del 2016 con un dialogo tra i vari operatori della giustizia e i carcerati – spiega Fabio Fontanesi, consigliere dell’Ordine degli avvocati di Monza – abbiamo messo in scena una rappresentazione teatrale e come interpreti c’erano, oltre ai detenuti, anche magistrati ed avvocati. Poi abbiamo realizzato un cineforum su temi come razzismo e lavoro – continua – il progetto è da implementare, vogliamo aprire le porte del carcere e sensibilizzare tutti sul recupero sociale e lavorativo dei detenuti”.

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Recuperare alla società chi è stato in galera è molto più di un atto di solidarietà. E’ un principio sancito dall’articolo 27 della Costituzione italiana, che parla esplicitamente di “rieducazione del condannato”. “Il lavoro è lo strumento principe per ridare dignità alla persona detenuta perché gli consente di mettersi alla prova, di tornare sul territorio a testa alta e dimostrare a se stessi e agli altri che c’è stato il cambiamento – afferma Maria Pitaniello, direttrice della Casa Circondariale di Monza – tutti dobbiamo sentirci parte di questo percorso di redenzione sociale e, per questo, il mio appello si rivolge soprattutto al mondo imprenditoriale perché diano ai detenuti la possibilità di lavorare”. Da anni l’istituto di pena del capoluogo brianzolo, che ospita 660 carcerati, cerca di dare la speranza di una nuova vita fuori dalle sbarre. Con laboratori produttivi ed artistico-teatrali, realizzati grazie agli educatori e agli operatori del mondo sociale, dell’associazionismo e del volontariato.

“Nel corso degli anni ci siamo occupati soprattutto della lavanderia interna al carcere di Monza, che lavora in particolare su commesse esterne e del laboratorio di assemblaggio del legno, che dal 2003 ha impiegato 3 detenuti” spiega Marco Brivio, responsabile della Coop. Sociale 2000. Le attività svolte da chi, per i reati commessi, è privato della libertà personale, sono di varia natura. “Siamo partiti come operatori per il reimpiego di apparecchiature elettroniche usate – afferma Alberto Biella, responsabile della Coop. Sociale ‘Re Tech Life onlus’ – ora impieghiamo i detenuti anche nel trattamento dei rifiuti elettronici, nella distruzione certificata dei dati sensibili e nell’installazione dei software”. La possibilità di dare lavoro ai carcerati passa naturalmente per la fase della formazione e dell’istruzione. Per un imprenditore scegliere questi ‘particolari’ dipendenti non significa sacrificare il principio del profitto. Anzi, oltre all’utilità sociale, ci sono vantaggi economici.

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“C’è un credito d’imposta di 520 euro al mese per ogni detenuto assunto e mandato all’esterno del carcere e di 320 euro per lavoratori in semi-libertà – spiega Daniele Trezzi, Presidente dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Monza e Brianza – inoltre c’è uno sgravio contributivo pari al 95 per cento per attività all’interno del carcere”. Gli obblighi per chi assume carcerati sono davvero pochi. E non riguardano le dimensioni dell’azienda datrice di lavoro. “C’è da stipulare una Convenzione con la Casa Circondariale e una serie di scadenze temporali da assolvere – afferma Federico Ratti, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Monza – il credito d’imposta ha un budget annuo di 10 milioni di euro”. Il progetto dedicato al lavoro dei detenuti, che è stato presentato allo Sporting Club di Monza alla presenza anche di Giovanna Vilasi, Prefetto di Monza e Brianza, Laura Cosentini, Presidente del Tribunale di Monza, Manuela Massenza, Sostituto Procuratore della Repubblica di Monza, Avio Giacovelli, Presidente dell’Ordine degli avvocati di Monza, è ancora in fase embrionale. “Sicuramente c’è da combattere con una naturale diffidenza e mancanza di fiducia della società nei confronti dei carcerati – afferma Emanuele Mancini, magistrato della sezione penale del Tribunale di Monza – mi auguro che il tavolo tecnico porti a risultati concreti in tempi quanto mai brevi”.

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Il prossimo passo potrebbe essere quello di formalizzare un protocollo operativo nel tentativo di fare reti tra i diversi soggetti coinvolti nell’iniziativa. Anche gli enti pubblici dovranno fare la loro parte. Tra questi il Comune di Monza. Che si dichiara pronto a recitare un ruolo da protagonista. “Sono sindaco di Monza da pochi giorni – afferma il neo primo cittadino, Dario Allevi, alla sua prima uscita pubblica dopo l’elezione – garantisco il mio impegno sul tema sin da ora. Tra il 2009 e il 2013, quando ero alla guida della Provincia di Monza e Brianza, è stata aperta la Biblioteca nel carcere di Monza ed avviato un bando, purtroppo andato deserto, con risorse per le aziende che assumevano ex detenuti – continua – ho sempre pensato che il carcere fosse il 56esimo Comune della Provincia brianzola”. Un positivo rapporto di collaborazione deve partire anche dal riconoscimento dell’importanza della Casa Circondariale e dei suoi abitanti.

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