Cgil Monza e Brianza, nuovi voucher? Meglio la “Carta dei Diritti”

12 luglio 2017 | 13:10
Share0
Cgil Monza e Brianza, nuovi voucher? Meglio la “Carta dei Diritti”

Da ieri sono disponibili i nuovi voucher, introdotti dal Governo con il d.l. 50/2017 poi convertito in legge, con l’obiettivo dichiarato di limitare il ricorso al lavoro nero.

Da ieri sono disponibili i nuovi voucher, introdotti dal Governo con il d.l. 50/2017 poi convertito in legge, con l’obiettivo dichiarato di limitare il ricorso al lavoro nero, che secondo il Governo sarebbe stato incentivato dall’abolizione dei voucher preesistenti, quelli introdotti nel 2003, convinti – tanto il Governo, quanto la sua maggioranza parlamentare – che esistano delle situazioni di lavoro non gestibili diversamente.

Per dirla con il Premier Gentiloni, si è voluto “recuperare il bambino, che era stato gettato via insieme all’acqua sporca” … bene, temiamo che non solo sia stata recuperata parecchia sporcizia, ma che anche il bambino (cioè la regolamentazione del lavoro occasionale) non goda buona salute…

E’ nota la posizione della Cgil, che si è coerentemente battuta per l’abolizione dei voucher, ma prima ancora di ricordare la nostra posizione sul rispetto dei fondamentali diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, è doveroso segnalare gli aspetti tecnici – particolarmente problematici – di questa “innovazione”.

Intanto, si tratta di due strumenti diversi, il libretto di famiglia (per le prestazioni richieste a livello familiare, per esempio cura dei bambini e degli anziani) e il contratto di prestazione occasionale, per le imprese con massimo cinque dipendenti, i professionisti, e – scandalosamente, senza limiti!!! – per la Pubblica Amministrazione (aumentando così il rischio che, dietro incarichi temporanei dati da pubbliche amministrazioni, soprattutto enti locali e strutture sanitarie, si nascondano mance elettorali e favori clientelari …)

Tanto le famiglie che gli altri utilizzatori dovranno aprire una posizione presso l’Inps, così come dovranno fare le lavoratrici e i lavoratori interessati, ma le differenze fondamentali – e ingiustificate – sono nella retribuzione: per un’ora di lavoro, il minimo sarà 10 euro lordi (quindi 8 netti) per le famiglie, 9 euro netti (12,41 lordi) per gli altri, ma NON sarà possibile aumentare il valore in base alla qualità delle prestazioni, perché il taglio unico fa si che un utilizzatore non possa pagare più di 10 euro (se famiglia) o più di 9, se altro: si è così creato un sistema di salario minimo NON aumentabile in nessun modo, se non illegalmente: perché è ovvio che se voglio pagare qualche euro in più all’ora, dovrò farlo in nero, oppure pagare doppio (due voucher l’ora …). Salta qualunque proporzione tra valore del lavoro e valore della retribuzione, quella proporzione faticosamente costruita nei contratti collettivi, e il lavoratore è obbligato ad accettare quella retribuzione a prescindere dal valore della sua prestazione: l’assurdità, più che l’ingiustizia insita in questa previsione, sono solari … ancora più assurda la previsione per i lavoratori agricoli, dove l’Inps ha introdotto livelli di retribuzione che violano palesemente – come la Cgil ha già denunciato – i contratti collettivi nazionali di lavoro. Senza dimenticare che il valore dei contratti nazionali è aggredito anche dalla previsione, contenuta nella circolare Inps, che oltre le quattro ore di utilizzo (durata minima, secondo la legge) il valore della prestazione sia “contrattabile”, tra utilizzatore e lavoratore!!! Con quali garanzie a favore del lavoratore, privo della tutela di un contratto collettivo di riferimento, è facile immaginare …

Peraltro, va sottolineato che il diverso calcolo del valore orario, al lordo per le famiglie e al netto per gli altri utilizzatori, è una decisione contenuta nella circolare dell’Inps, che si è quindi trasformato impropriamente in legislatore!

Tutto ciò sarà gestito da un piattaforma telematica che andrà a regime entro settembre, e sulla quale le comunicazioni avverranno tramite sms, con difficoltà di accertamento delle responsabilità in caso di contenzioso; inoltre, mentre imprese professionisti e pubblica amministrazione dovranno comunicare all’Inps l’utilizzo della prestazione almeno un’ora prima (ma non in agricoltura!) le famiglie potranno farlo entro il terzo giorno del mese successivo.

Ma è tutto il sistema sanzionatorio ad essere particolarmente debole, basti pensare che è vietato “assumere” con voucher ex dipendenti e collaboratori, ma per questa violazione – gravissima, abbiamo già visto con i “vecchi” voucher tempi determinati diventare collaboratori poi voucheristi – non sono previste sanzioni! La previsione che, superato il limite di utilizzo di 280 ore annue o 2500 euro di valore, scatti automaticamente l’assunzione a tempo indeterminato, è quasi offensiva, dal momento che si tratta di tempi indeterminati licenziabili con estrema facilità e senza reintegro, come previsto dal Job Act del Governo Renzi …

Altra innovazione peggiorativa riguarda purtroppo i percettori di assegno di disoccupazione, per i quali non è esplicitamente prevista – diversamente dai vecchi voucher – la possibilità di cumulo.

Dunque un panorama alquanto pasticciato, che non regola il lavoro occasionale, ma solo – e malamente – alcuni casi, ignorando ancora una volta la necessità di combattere il lavoro nero attraverso non regole nuove, ma controlli veri! Cosa che purtroppo nessuno, né le strutture amministrative e giudiziarie, né gli organi di polizia, sono in grado di effettuare.

Il giudizio della Cgil rimane dunque fortemente negativo, a causa non solo di un’operazione politica oggettivamente anticostituzionale, perché si è impedito all’elettorato il diritto a pronunciarsi con un referendum che era già stato regolarmente convocato, e a causa di norme confuse e inadeguate, ma anche perché con questo si dà un’altra pesante picconata ad una visione del valore sociale del lavoro, senza la quale il futuro del nostro Paese non sarà certo migliore … nei rapporti di lavoro che ci eravamo abituati a considerare normali, e intendo quelli costruiti prima di questo ventennio di deregolamentazione ideologica e confusa, l’idea di un lavoro dove la retribuzione comprendesse ferie, malattia, infortunio, maternità, congedi parentali, etc., oltre ovviamente alla contribuzione previdenziale e al pagamento delle tasse da parte del datore di lavoro e del lavoratore, contribuiva questa idea alla tenuta di una società che riconosceva valore al lavoro come fonte di costruzione della ricchezza e del benessere comuni, quindi come elemento di identificazione e collocazione sociale … lavorando si contribuiva al bene comune e si riceveva in cambio una inclusione sociale, rappresentata dal riconoscimento di diritti di cittadinanza.

Invece, il voucher – anche questi “nuovi voucher” – riporta il lavoro ad uno scambio secco tra prestazione e retribuzione, come avveniva normalmente ancora al tempo dei nostri nonni: un passato dove il lavoro, quindi il lavoratore, era una merce, pagata non al chilo ma ad ore … un medioevo che ci allontana dall’Europa, e ci riporta in casa la solita italietta dei soliti furbetti,  datori di lavoro “disperati” tra i quali, probabilmente, si nasconde anche quell’1,2 per cento che controlla, è notizia di oggi, il 21 per cento della ricchezza del nostro Paese.

La Cgil rinnova dunque la sua “Sfida per i diritti”, riproponendo la sua “Carta dei diritti” – una nuova legislazione del lavoro che riconosca a tutti i fondamentali diritti di cittadinanza, ed un lavoro sicuro e onestamente retribuito – e mettendo come sempre le sue sedi territoriali al servizio non solo delle lavoratrici e dei lavoratori, ma anche delle famiglie e degli imprenditori che vogliano conoscere e utilizzare quei rapporti di lavoro che già garantiscono tutta la flessibilità necessaria, come ebbe ad affermare anche la Corte Costituzionale in gennaio quando, approvando il nostro referendum, respinse la posizione del Governo affermando – la Corte – che i voucher sono superflui perchè le nostre norme già prevedono le flessibilità necessarie.