Perseguitato in Argentina, 38 anni dopo Luis Somoza incontra Papa Francesco

4 luglio 2017 | 12:22
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Perseguitato in Argentina, 38 anni dopo Luis Somoza incontra  Papa Francesco

Alfredo Somoza era riuscito a scappare in Italia grazie anche all’aiuto di quello che allora era solo Jorge Bergoglio: dopo 38 anni il loro incontro in Vaticano.

“Chi mai avrebbe detto che ci saremmo ritrovati qui, eh?” Queste le parole con cui Jorge Mario Bergoglio, più conosciuto oggi come papa Francesco, ha salutato lo scorso venerdì, dopo 38 anni , Alfredo Luis Somoza, oggi cittadino vimercatese, presidente di ICEI e giornalista, all’epoca studente perseguitato dal regime di Videla.

Si conobbero in una Argentina che era quella della dittatura, piena di contraddizioni, di zone d’ombra, d’insicurezza. Una argentina che era quella dei mondiali di calcio, ma anche quella di rapimenti, torture: non garantiva libertà di stampa, né di associazione.

Somoza, in occasione dell’udienza per i 50 anni dell’Istituto Italo-Americano in Italia, con cui collabora, ha avuto la possibilità di entrare in Vaticano e, dopo tanto tempo, stringere la mano a quell’uomo che – più o meno consciamente – gli salvò la vita.

Com’è stato, per te, rincontrarlo? Eravate rimasti in contatto? 

Una bella emozione, ha pure fatto una battuta. Non eravamo rimasti in contatto, erano 38 anni che non lo vedevo. Nessuno dei due si sarebbe immaginato che ci saremmo rincontrati proprio in Vaticano. Qualche giorno prima della sua elezione al soglio pontificio, stavo dando alle stampe un mio libro: quando seppi che era stato eletto lui, il primo papa Sud Americano della storia, chiamai la tipografia per fermare le stampe: dovevo aggiungere un capitolo. Glielo mandai.

In Argentina, come vi eravate conosciuti?

Io, alla fine degli anni 70, avevo finito le scuole superiori e dovevo iscrivermi all’università: ma per motivi politici fui rifiutato in quella di Buenos Aires. Venni accettato invece nell’università gesuitica del Salvador, lì Bergoglio era direttore. L’ingresso in questa università, all’epoca, non era precluso a nessuno. I gesuiti furono un ordine di fondamentale importanza in tutto il Sud America, soprattutto per quanto riguarda l’istruzione. Successivamente, sempre grazie all’intercessione di Bergoglio partii alla volta del Brasile, dove rimasi per qualche tempo, sempre vicino ad ambiti gesuiti. Poi, in un cargo, arrivai illegalmente in Italia. Ottenni lo statuto di rifugiato politico e in seguito la cittadinanza anche grazie alle mie origini.

Com’era la Chiesa in quegli anni?

Bergoglio, con la semplicità che lo caratterizza è rimasto spesso fuori. Non ha alzato la voce e forse questo gli ha però permesso di aiutare tante persone. I gesuiti erano un po’ a sé, rispetto al resto della chiesa cattolica in argentina.

Papa Francesco è stato eletto ormai 5 anni fa e con la sua elezione a pontefice tante erano le aspettative… come lo vedi?

Sicuramente rivoluzionario, dopo di lui non si potrà tornare indietro facilmente: la sua umiltà, il suo essere dimesso, lontano dallo sfarzo sono ormai un segno indelebile. In questo non è cambiato da come lo ricordo; anche quando era Cardinale in Argentina prendeva i mezzi pubblici per andare al lavoro, lo si poteva vedere spesso in metropolitana. Come per certi versi lo è stato Giovanni Paolo II, credo che Francesco sia il papa giusto al momento giusto. E questo non solo per il Sud America, che è tornato ad identificarsi in molti di quei valori cristiani più puri, ma per l’intera umanità. Francesco buca lo schermo: i messaggi che manda contro lo spreco e la ricchezza, sulle le migrazioni , l’ecologia sono di stringente attualità oltre che intelligenti: davanti a lui molti politici devono chinare la testa.