Detenuto muore in carcere con gas, allarme del Sindacato di Polizia

È morto inalando gas, nella sua cella. Non chiarito se si tratti di suicidio, preoccupazione tra agenti Penitenziaria.
È morto inalando gas, nella sua cella. Non sapremo probabilmente mai se per cause accidentali o se per il desiderio di togliersi la vita, ma il Sindacato di Polizia rinnova l’allarme sulla drammatica situazione delle carceri.
Aveva 28 anni il cittadino marocchino che l’altro ieri ha perso la vita nel carcere di Monza, dove era ristretto per droga nella V Sezione detentiva del carcere di Monza. A dare la notizia è stato il Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria.
“L’uomo è morto nella tarda serata di sabato, dopo avere inalato in cella il gas della bomboletta che legittimamente i detenuti posseggono per cucinarsi e riscaldarsi cibi e bevande – dichiara il segretario Donato Capece – non è ancora chiaro se si tratti di suicidio o le conseguenze di uno “sballo” finito male, gli accertamenti sono in corso”. La Polizia penitenziaria di servizio e il personale sanitario sono tempestivamente intervenuti ed hanno portato l’uomo in ospedale, ma purtroppo per lui non c’è stato nulla da fare. “La morte del detenuto di Monza riporta drammaticamente d’attualità la grave situazione penitenziaria – prosegue Capece – specie nel carcere brianzolo dove i poliziotti penitenziari lavorano sotto organico e ricoprendo più posti di servizio contemporaneamente. Il fatto che sia morto inalando il gas dalla bomboletta deve fare seriamente riflettere sulle modalità di utilizzo e di possesso di questi oggetti nelle celle”. Ogni detenuto può disporre delle bombolette di gas per farsi da mangiare, anche se secondo il Sappe spesso le stesse vengono usate come arma contro i poliziotti, o come fonte di “sballo” inalandone il gas o, come in questo caso, per togliersi la vita.
“Un detenuto che muore o che, peggio, si toglie la vita in carcere è una sconfitta dello Stato e dell’intera comunità”, continua il Segretario Generale SAPPE Donato Capece “il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze”. Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 21mila tentati suicidi ed impedito che quasi 168mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze.
Il SAPPE torna a chiedere l’intervento del Ministro della Giustizia Andrea Orlando per affrontare la questione penitenziaria, in particolare quella di Monza che per il SAPPE rimane un’emergenza: “da quando sono stati introdotti nelle carceri vigilanza dinamica e regime penitenziario aperto, sono decuplicati eventi gli eventi critici in carcere”, conclude il Segretario “se è vero che il 95% dei detenuti sta fuori dalle celle tra le 8 e le 10 ore al giorno, è altrettanto vero che non tutti sono impegnati in attività lavorative e che anzi trascorrono il giorno a non far nulla. Basti pensare che solamente nei primi sei del 2017 ci sono stati nelle carceri italiane 22 suicidi di detenuti, 567 tentati suicidi, 4.310 atti di autolesionismo, 3.562 colluttazioni e 541 ferimenti. Questo a testimoniare la tensione che continua a caratterizzare le carceri, al di là di ogni buona intenzione”.