Al traguardo del trail più duro al mondo. Intervista a Danilo Casati del Monza Marathon Team

Una sfida impossibile? Non per Danilo Casati che in 145 ore ha chiuso il percorso.
“Impossibile non è una regola, è una sfida. Impossibile non è uguale per tutti. Impossibile non è per sempre”. Una delle frasi più celebri di Muhammad Ali potrebbe essere lo slogan perfetto del Tor des Gèants (giro dei giganti in patois valdostano) una gara di “trail ultra xlong” ritenuta dagli esperti una delle più dure ed estenuanti al mondo.
Si corre in Valle d’Aosta su un percorso di 330 Km per un totale di 24.000 mt. di dislivello positivo , in un clima di assoluta sportività, considerato che stiamo parlando di una gara non competitiva. Da pochi giorni si è conclusa l’edizione 2017, che ha visto impegnati i partecipanti nella settimana tra il 10 e il 17 di settembre. Tra gli 856 atleti che hanno partecipato ci sono anche i brianzoli Danilo Casati e Andrea Costanzi, del Monza Marathon Team.
Quali emozioni si provano a fare un’impresa così?
Sono passati ormai cinque giorni da quando hai tagliato il traguardo del Tor des Geants. Quali sono state le primissime sensazioni che hai provato all’arrivo a Courmayeur?
“Il primo pensiero è stato senza dubbio quello di aver concluso un’impresa. Un viaggio di 145 ore costellato da mille sensazioni. Crisi fisiche e psicologiche, ma anche momenti unici che resteranno impressi nella memoria.
Una gara come il Tor richiede un grande dispendio di energie mentali oltre che fisiche. Il silenzio e la solitudine possono essere logoranti per molti. E sopratutto sono le poche ore di sonno che rischiano di incidere in maniera negativa sulla prestazione.Come sei riuscito a superare queste difficoltà?
“Le criticità in una gara come il TOR sono inevitabili. Di notte sembra di stare in un tubo nero. I contorni e le prospettive sono oscurati dal buio e l’ausilio della pila frontale a volte non basta. Sei solo con te stesso e con i tuoi pensieri, ed è importante valutare l’ambiente esterno in relazione alle capacità e alla lucidità. Il dialogo interiore è costante, ed è un elemento imprescindibile in competizioni come questa. Sicuramente la bellezza naturalistica del paesaggio ha il potere di trasformare ogni negatività in positività, e la mia passione per la montagna è stata di grande aiuto nei momenti più duri”.
Qual è il ricordo più bello che ti porterai dietro da questa esperienza al Tor Des Geants?
“I ricordi più belli sono legati alla natura che mi ha accompagnato durante il viaggio. Le montagne e i giganti (le montagne, ndr) della Valle d’Aosta sono di una bellezza indescrivibile. Inoltre resteranno nella memoria le belle emozioni derivate dal clima cameratesco che si crea durante la gara con gli altri partecipanti. Un calore incredibile che ha il potere di farti andare avanti. Si respira un’atmosfera di fratellanza davvero bellissima, indimenticabile.
E invece il momento più difficile?
“C’è stato un momento particolarmente difficile dal punto di vista tecnico introno al 320esimo Km. Mi trovavo in una situazione fisicamente complicata, con una grave assenza di sonno che pesava su gambe e testa. Anche in questa circostanza è emersa la grande sportività che caratterizza il Tor des Geants. Un ragazzo bergamasco mi ha dato una grossa mano, facendomi sostanzialmente da cane guida per un cospicuo tratto di strada. Poi ho capito di trovarmi in uno stato di pseudo trance e che forse era il caso di fermarsi a riposare…”
L’intervista si apre con una citazione famosa del grande Ali, che ci spiega come la parola impossibile non sia uguale per tutti. Quando hai iniziato a capire che una gara come il Tor era alla tua portata? E quanti sacrifici ha dovuto fare, in termini di allenamento, per prepararti a questo appuntamento?
“Faccio trail da diverso tempo e sapevo fin dall’inizio di avere le possibilità fisiche di portare a termine il TOR. Nel 2017 mi sono preparato moltissimo per questo appuntamento in Valle d’Aosta, partecipando a diverse gare nel corso dell’anno. In agosto sono stato anche in Ladakh, dove ho compiuto un’ascesa fino a 6200 mt di dislivello. Mi sono, infine, confrontato con amici che già avevano partecipato alle precedenti edizioni del TOR, anche per avere delucidazioni di tipo logistico.
La scelta di partecipare ad una corsa come questa è stata dettata dalla voglia di metterti alla prova? Oppure ci sono altre motivazioni dietro alla tua partecipazione.
“Per chi è appassionato di Trail il Tor des Geants è considerata una gara madre. Chi ama questo sport non può non avere l’ambizione di partecipare al TOR almeno una volta nella vita. Per me poi, vista e considerata la mia passione per la montagna, è stata una scelta quasi obbligata…”
Dopo il Tor des Geants, che secondo molti è il Trail più duro al Mondo, quale sarà la prossima impresa “impossibile” di Danilo Casati?
“Ci sono tante gare che mi piacerebbe correre. Così su due piedi ti rispondo la Marathon des Sables. Una corsa si potrebbe dire agli antipodi rispetto al TOR. Sono 240 Km nel deserto del Sahara marocchino. Non escludo di poterla fare in futuro, sarebbe un altro sogno che si realizza”.
Bene Danilo, l’intervista si chiude qui, ci auguriamo di risentirti presto per celebrare una nuova impresa!