Lentate, tra dialetto e presepe è scontro sulle tradizioni (a scuola)

Non si è ancora spenta la polemica sull’introduzione a scuola di un progetto per insegnare il dialetto, ma giunta e opposizione si scontrano su un nuovo argomento: presepe sì o presepe no?
Prima il dialetto, poi il presepe. Le scuole di Lentate sul Seveso sembrano diventate il campo di battaglia preferito per discutere (e litigare) sui simboli legati alle tradizioni.
A fine novembre aveva creato scalpore il piano di diritto allo studio presentato in consiglio comunale dall’assessore all’Istruzione Patrizia Del Pero (Lega Nord). Tra le altre cose, Del Pero proponeva di valorizzare le usanze del territorio tramite un progetto per insegnare la lingua e la cultura locale, tagliando risorse ad altre iniziative, come per esempio i corsi di alfabetizzazione destinati ai bambini stranieri. Un programma che, ovviamente, è stato duramente criticato dall’opposizione: «Il piano del diritto allo studio della Lega di Lentate è una vergogna – ha accusato il consigliere comunale Marco Cappelletti (Pd) qualche giorno fa, a piano approvato -. Hanno tagliato 10.000 euro per attività didattiche in generale, hanno diminuito le attività integrative in inglese e tolto l’educazione musicale, perché tanto si fa musica con l’inglese e la danza – elenca -. Ci saranno meno associazioni con cui lavorare, e sarà tolta qualsiasi forma di progetto di integrazione linguistica e culturale: sarà però inserito l’insegnamento della lingua locale. Questa è la loro visione del paese».
Ma non di solo dialetto si litiga tra Lega e Pd: la nuova polemica riguarda nientemeno che il presepe. La dirigente scolastica dell’istituto comprensivo Enrico Toti ha preferito non esporre negli ingressi delle scuole (dell’istituto fanno parte due scuole dell’infanzia, quattro primare e una secondaria, ndr) alcuni presepi offerti dall’assessore Del Pero: un rifiuto che sarebbe stato motivato con la volontà di rispettare le minoranze. La dirigente scolastica, Rossana Colombo, avrebbe infatti preferito non caricare gli spazi comuni con simboli religiosi, in conformità con l’idea di una scuola laica, lasciando tuttavia ogni classe libera di allestire un presepe all’interno delle aule. Una decisione che ha irritato non solo l’amministrazione di centrodestra, ma anche diversi cittadini: come sempre in questi casi lo scontro tra chi resta legato alle tradizioni e chi vorrebbe difendere la laicità dell’istruzione sembra insanabile (anche perché nulla vieterebbe che le due posizioni possano convivere). «Profughi che scappano e non trovano dove andare a ripararsi, una mamma costretta a partorire dove capita, in una stalla come su una nave o su un gommone: se il presepe è lì per ricordarci che l’accoglienza e la solidarietà sono valori civili che oggi più che mai vanno promossi, va bene, spieghiamo ai nostri bambini cosa sono la guerra, la fame e la paura e perché bisogna aprirsi agli altri – ha dichiarato la consigliera comunale Giada Nardozza difendendo la scelta di Colombo -. Se invece quel simbolo è lì, in una scuola laica, per una tradizione religiosa allora no, potrebbe davvero avere lo stesso senso di invadenza e propaganda che ha il crocifisso».
Il sindaco Laura Ferrari (Forza Italia) ha cercato di mediare e di non alimentare la polemica, pur non nascondendo la sua opinione, andando a fare visita ai bambini di una primaria insieme a Colombo e Del Pero.
«È stato per me emozionante parlare con i bambini, raccontando loro quali sentimenti mi suscitasse il Natale quando avevo la loro età – ha raccontato -. Ho riferito una mia personale opinione: ritengo sia bello pensare alla festa, ai giorni di vacanza, ai regali, a Babbo Natale e ai nostri alberi decorati. Il fatto però di scrivere la lettera a Gesù Bambino o, comunque, di rivolgere a lui un pensiero, magari osservandolo nel presepe, conferisce a questa ricorrenza un significato unico ed eterno -. E ha aggiunto -: Il Natale non può essere una giornata laica per definizione. I piccoli mi hanno ascoltato in educato silenzio, hanno annuito ed hanno sorriso, il tutto nel reciproco rispetto. Un altro dono che ho accolto con gioia».