Monza, il clochard “senza identità” è tornato nella sua Africa

La Croce Rossa è riuscita a riportare a Tunisi Sem, il senza tetto che viveva sotto un ponte a San Rocco, ricoverato in fin di vita lo scorso autunno all’ospedale San Gerardo
Un volo da Malpensa a Tunisi per riportare a casa Sem, il clochard “senza identità” ricoverato in fin di vita al San Gerardo di Monza lo scorso autunno. La Croce Rossa di Monza ce l’ha fatta. Grazie all’impegno del presidente Orazio Nelson De Lutio e del responsabile dell’unità infermieristica da strada, Mira Riva, tutti gli ostacoli burocratici che si frapponevano al rientro di Sem sono stati superati. Sem, il cui vero nome è El Gharbi Hassen, 51 anni, aveva infatti espresso un desiderio: andar a finire i suoi giorni nella sua Africa e dopo più di un mese di battaglie Mira Riva è riuscita a imbarcarlo su di in volo diretto a Tunisi dove vive il fratello con la famiglia.
Sem, infatti, arrivato in Italia negli anni Ottanta era senza documenti. Un vero e proprio fantasma per la burocrazia italiana. E come si fa a rimpatriare un fantasma? Molto complicato. Sem, origini marocchine, era arrivato in Italia nel 1986 alla ricerca di una vita migliore. Per un po’ aveva fatto il piastrellista, ma quando la ditta per la quale lavorava fallì, per lui iniziò una lenta discesa verso il disagio: i lavori in nero, i soldi che non bastano mai, le bollette da pagare, lo sfratto e, infine, come ultima spiaggia, una baracca fatta di cartoni e stracci sotto il ponte di San Rocco.
Un rifugio da condividere con le piene del Lambro e con topi grandi come gatti. Ma dopo quasi dieci anni di vita da clochard Sem si è ammalato gravemente e durante l’ultimo ricovero all’ospedale ha espresso la volontà di tornare in Africa, a Tunisi, dove vive il fratello. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi al momento che Sem era senza documenti. “Organizzare il volo di rientro non è stato per nulla semplice – spiega Mira Riva -. Purtroppo Sem non aveva una carta d’identità e per potergli far avere un passaporto è stato necessario superare diversi problemi”.
Fra telefonate, moduli da compilare, colloqui col consolato marocchino e rilievi dattiloscopici, la procedura è durata quasi due mesi. Mira ha dovuto fare mille telefonate e bussare altrettante porte, ma alla fine c’è riuscita, Il passaporto è arrivato e un minuto dopo la Cri si è attivata per prenotare un volo da Malpensa a Tunisi. “Pensavamo di poterci appoggiare economicamente alla Prefettura e ai voli di rimpatrio – spiega Mira Riva -. Ma sarebbe stato troppo lungo e così grazie due benefattori abbiamo organizzato autonomamente il rimpatrio”.
Partenza, volo e atterraggio sono andati bene. L’unico problema si è verificato all’aeroporto di Tunisi, dove la polizia ha trattenuto Mira Riva e Sem per oltre tre ore. All’inizio sembrava solo un eccesso di pignoleria nei controlli, ma dopo un po’ il fermo ha rischiato di trasformarsi in un piccolo incubo coi poliziotti che assumevano atteggiamenti sempre più prevaricatori. “Sostenevano che i documenti di Sem erano falsi – spiega la volontaria della Cri -. Ci hanno fatto aspettare per ore in uno stanzino e ho anche rischiato di perdere il volo di rientro. Alla fine il problema è stato superato grazie all’intervento del datore di lavoro del fratello di Sem e quando hanno capito che le spese per l’acquisto delle medicine di Sem sarebbero state sostenute dalla Croce Rossa”.