Operazione Fifty Fifty. La Finanza mette le manette a tre brianzoli

17 gennaio 2018 | 14:16
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Operazione  Fifty Fifty. La Finanza mette le manette a tre brianzoli

Un curatore di Monza e un’agente immobiliare di Desio sono accusati di aver aiutato e favorito un imprenditore di Seregno

Un rapporto “speciale” che ha insospettito il Presidente della sezione fallimentare del Tribunale di Monza. Un commercialista di 52 anni di Monza, curatore fallimentare presso il Tribunale, e un’agente immobiliare di 42 anni originaria di Desio sono finiti nel mirino delle fiamme gialle nell’ambito di un’operazione ribattezzata Fifty Fifty. I due si trovano in carcere con l’accusa di corruzione e turbativa d’asta che ha visto coinvolto anche un‘imprenditore di 53 anni, originario di Seregno e operante a Seveso, ora agli arresti domiciliari.

Tutto è iniziato a giungo quando alla Procura di Monza è giunta una segnalazione su un “rapporto consolidato d’affari” che sembrava unire curatore e agente immobiliare. Un “legame” che era comunque già stato in qualche modo notato. Su segnalazione del Procuratore capo Luisa Zanetti, del Procuratore aggiunto Manuela Massenz e del sostituto Procuratore Emma Gambardella, sono così scattate le indagini delle Fiamme Gialle, guidate dal colonnello Massimo Gallo.

Le indagini si sono concentrare su un’asta relativa a un immobile di 20mila mq di Muggiò: base d’asta un milone e mezzo, per un valore di mercato che si aggira attorno ai 2 milioni e 700mila euro. Ed è qui che si inserisce la figura dell’imprenditore.

Le intercettazioni telefoniche e ambientali della Guardia di Finanza, hanno permesso di ricostruire la dinamica illecita del triangolo: per favorire l’imprenditore affinché si aggiudicasse l’immobile al prezzo più basso, il curatore e l’agente facevano in modo che non ci fosse nessun altro acquirente interessato a partecipare all’asta.

Il meccanismo era “semplice”: il curatore disincentiva la partecipazione da parte di utenti che chiedevano informazioni per assicurare che non ci fossero concorrenti. Non solo: poiché la società che ha preso in affitto il ramo d’azienda fallita ospitata dentro il capannone si era mostrata interessata a partecipare all’asta, il curatore si era anche preoccupato di negare la presenza di interessati, convincendo la società in questione a non formulare alcuna offerta. Se il piano fosse andato in porto, l’imprenditore avrebbe avuto l’immobile a un prezzo stracciato, mentre curatore e agente avrebbero avuto 150mila euro, il 10% della base d’asta, da spartirsi. Da qui il nome dell’operazione, Fifty Fifty.

Per mettere a segno i loro progetti, il curatore non solo ha truffato gli utenti, ma anche i suoi più stretti collaboratori, quali il co-curatore fallimentare, i giudici e gli avvocati coinvolti, tutti professionisti che le indagini hanno accertato essere completamente ignari del sistema.

A testimonianza del meccanismo truffaldino, i due nelle intercettazioni parlavano addirittura di piano A,B,C e D, in riferimento a tutte le strade da percorrere per arrivare a centrare l’obiettivo illecito, tra cui anche la possibilità di ricorrere a offerte di disturbo.

Le indagini fin qui condotte dalla Guardia di Finanza, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Monza, hanno portato all’emissione da parte del G.I.P. di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il curatore fallimentare e l’agente immobiliare nonché ai domiciliari per l’imprenditore.

Si indaga sulla gestione di altre procedure fallimentari ed esecutive assegnate al curatore dal Tribunale di Monza in passato.