Sacchetti bio a pagamento. “Ecco le finte manovre ambientaliste”

5 gennaio 2018 | 10:37
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Sacchetti bio a pagamento. “Ecco le finte manovre ambientaliste”

A dir la verità i sacchetti li abbiamo sempre pagati, solo che non lo si sapeva. Non si intendano le buste di plastica date alla cassa, ma i sacchetti in cui inserire la merce di tipo organico.

Anno nuovo, nuovi aumenti. Il 2018 inizia tra rincari e lamentele. Con il primo gennaio, infatti, è entrata in vigore la L. n. 123 del 2 agosto 2017 ossia la normativa sugli shopper di plastica leggeri, che in linea con la Direttiva europea 2015/720, ha imposto l’utilizzo di sacchetti di materiale compostabile a pagamento.

Verrebbe da chiedersi, se sia sempre l’utente finale a doverci rimettere. “L’innovazione – dichiara Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – ha un prezzo ed è giusto che i bioshopper siano a pagamento, purché sia garantito un costo equo che si dovrebbe aggirare intorno ai 2/3 centesimi a busta”.

DI COSA SI TRATTA?

La regolamentazione della materia presa in esame, a dir la verità, nasce da un iter lungo e anche un po’ datato. Era il 2007, quando con la c.d. “Legge Finanziaria” del 2007, per la prima volta vennero inseriti nell’ordinamento giuridico interno, prescrizioni riguardanti la commercializzazione di sacchetti non biodegradabili.

Nel Bel Paese, il nostro, si sa i tempi sono lunghi. Bisognerà perciò aspettare il 2012. Anno in cui viene prorogato il divieto di commercializzazione di shoppers non biodegradabili e introdotta una sanzione di tipo amministrativa per il commercio di questi.

I tempi scorrono. Ancora una volta, a rilento e passando per il 2014, anno in cui vengono rese operative le sanzioni di tipo amministrativo, si arriva, oggi, al recepimento della Direttiva europea.

Spiegato l’iter normativo, tuttavia, sorge spontanea una domanda. Anzi, forse anche più di una. Perché, adesso, pagare dei sacchetti? Nel pagare questa “tassa” paghiamo 2 volte il medesimo shopper?

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A dir la verità i sacchetti li abbiamo sempre pagati, solo che non lo si sapeva. Non si intendano le buste di plastica date alla cassa, ma i sacchetti in cui inserire la merce di tipo organico (frutta, verdura, pane e carne). Si, perché il costo di questi shopper, apparentemente dati in regalo, in verità ha sempre inciso sul costo finale della merce ed ergo, sul consumatore finale. Niente, del resto, ci è dato in regalo. A confermarlo è Stella Bianchi, parlamentare PD e prima firmataria dell’emendamento entrato in vigore. “Abbiamo sempre pagato i sacchetti della frutta e della verdura – asserisce la parlamentare – ma ce ne accorgiamo solo ora perché il prezzo risulta sullo scontrino. Lo scopo – aggiunge la Bianchi – è stato quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che la plastica abbia un costo. E quale miglior modo se non questo”?

La politica è sicuramente un’abile oratrice e più si fanno domande, più si rimane confusi. L’unica certezza, come conferma il direttore di un noto supermercato, è che il sacchetto non lo si paga due volte. “Ci dispiace che i consumatori possano pensare a una fregatura da parte nostra – spiega il dirigente – il peso del sacchetto è pari a 4 grammi, mentre la bilancia è tarata su 6 grammi”.  Questo, in soldoni, significa che ogni merce pesata ha un iniziale scarto di 6 grammi dal suo peso netto.

VOX POPULI

MBNews ha voluto addentrarsi in questa questione spinosa chiedendo il parere dei consumatori. Opinioni contrastanti, che non mettono tutti d’accordo.

“Per me non è cambiato niente, nemmeno me ne sono accorta”. Dichiara Teresa, un’anziana residente a Varedo. Ma di avviso ben diverso sono altre persone. “Francamente – spiega Rita M. – è una bella fregatura. Non capisco perché debba essere a carico del consumatore che finisce sempre con il rimetterci e non a carico del supermercato”.  


Rita

Fernanda, una mamma di 2 bambine residente a Limbiate, sostiene invece che “sia una vergogna. Paghiamo già tante tasse – rincara – e adesso anche questa? No, non sono felice”. Del parere opposto, invece, è Priore Stefania. “Non la vedo così sbagliata come cosa. Anzi, la trovo corretta e capace di poter portare ad uno spreco inferiore”.

Un punto di vista che “punge” è quello di Alessandro Rosia. “Non mi lamento per il costo in sé. Ritengo siano finte manovre ambientaliste atte a una falsa sensibilizzazione. Soprattutto – dichiara Alessandro – ritengo siano manovre atte a distrarre il pubblico da problemi più grandi e concreti, come, ad esempio, il rincaro delle autostrade”.


AlessandroRosia

Contrastanti sono anche i pareri del popolo del web, che sulla pagina Facebook di MBNews espletano, con un botta e risposta, un parere spesso drastico. Sicuramente risoluto.

L’unica soluzione – sostiene Giovanni Gio – è quella di boicottare i supermercati per almeno un mese e andare nei piccoli negozi”. Ma tempestiva è la risposta contrariata di Giuliana Bordin. “Vorrei ricordare –controbatte l’utente Facebook –  che non serve boicottare i supermercati perché i sacchetti li pagavamo anche prima”.

Tanti pareri spesso diversi. Molti rincari, tutti da pagare. E se il buon anno si vede da gennaio…

Articolo scritto da Massimo Chisari